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12 marzo 2022

I PORTI SUL PO A CALENDASCO

PORTI NELL'AREA NORD-OVEST
DI PIACENZA TRA LE ANSE DEL PO
IN COMUNE DI CALENDASCO
Una importante rassegna basata su mappe e documenti

di Umberto Battini

Nella mappa del 1800 presa in un dettaglio potete vedere indicati tre porti sul Po in zona Calendasco ma ovviamente le mappe sono tante e antiche alcune secolari e molto dettagliate

Degna di nota fin dal medioevo è la parte d’alveo del Grande Fiume al nord ovest della città che è stata quella più sotto la lente di ingrandimento per accadimenti e anche per successivi studi storici molto precisi e interessanti. Quest’area è quella che tocca i circa 20 chilometri di sponda di Po posta nel comune di Calendasco, praticamente dallo sbocco del fiume Lambro fino allo sbocco del fiume Trebbia, dove il serpentone d’acqua forma due grandi anse.

Conoscendo bene ormai del porto antico di Soprarivo oggi conosciuto come Guado di Sigerico della Via Francigena, del quale tanti han scritto, vedremo di leggere tra le mappe e le carte degli Archivi di Stato conservate a Parma, Piacenza e Milano quali e quanti erano gli altri porticcioli nel restante tratto di alveo in questione. Con l’accordo fatto dal comune di Piacenza con i ferraresi il 5 novembre 1181 per la navigazione sul Po si era deciso che chi attraccava a Soprarivo per “fune navis” dovesse dare come gabella “una libram piperis” una libra di pepe, questo porto col tempo verrà ceduto in fitto ad un privato negli anni del 1400 per poi andare in disuso causa l’ormai decaduto passaggio sulla antica strada romana Placentia-Ticinum (Piacenza-Pavia) che puntando su Calendasco raggiungeva la città, oggi è una ambita tappa francigena.

Restano però in vita e ben attivi altri porti che vediamo segnalati su mappe e carte dei regolamenti ducali nel XVI secolo, poi dello stato Borbonico e Napoleonico, dal successivo Regno d’Italia e fino agli inizi del 1900, insomma lo Stato con l’ente del Demanio per motivi di tassazione censise e regola i porti sul Po tra essi anche questi in territorio di Calendasco.

Nel medioevo il monastero di San Sisto di Piacenza aveva diritti di attracco lungo la sponda destra che andava, per quel che concerne il Po in questione, dal Mezzano fino allo sbocco del Trebbia, mentre l’alveo poco a monte dello sbocco del Lambro che ricadeva verso il Monticelli Piacentino (oggi Pavese) risultava proprietà della Mensa vescovile di Piacenza ed anche al Veratto di Santimento era un attrezzato porto come appare in una precisa mappa del 14 giugno 1749.

Davanti al Mezzano di Calendasco era l’isola dei Germani di proprietà di San Sisto e che rendeva anch’essa un profitto in ottimo legname, questi enormi ballottini (isole nel fiume circondate dalle acque), venivano sfruttati e rivendicati apertamente, ed anche a Piacenza al Bergantino era un ottimo grande porto come indica una chiara mappa del febbraio del 1641.

Una delle mappe che ha fatto la storia del Po, per la sua precisione, rimane quella voluta dai Farnese e fatta tra il 1587 e 1588 da Paolo Bolzoni ingegnere e topografo ducale di chiara fama, conservata in Archivio di Stato di Parma, e insieme alle mappe successive dei secoli a venire si è potuto ricostruire il meandro del Grande Fiume ed i suoi spostamenti riuscendo a capire come si sono create queste due grandi anse al nord-ovest della città.

Ancora nel XVIII secolo possiamo ritrovare su tante mappe il Porto di Cotrebbia (Vecchia per intenderci) che trasversalmente andava a cadere sull’altra sponda tra Valloria ed il Berghente (oggi territorio di Guardamiglio) e tra fine ’800 e l’inizio del 1900 era dato in fitto dallo Stato ad un lodigiano. Guardando nel particolare si vede bene che il porto parte dall'abitato di Cotrebbia e trasversalmente approda davanti all’abitato di Valloria ed una strada dalla riva sabbiosa porta verso il percorso lodigiano. 

Dalla parte di Cotrebbia la strada locale punta su quella che le mappe chiaramente indicano come "Strada de Calendascho", da qui si procede per la città di Piacenza e questa via sbucava dritta dritta in Via Campagna proprio lì ove sorge il santuario mariano.

In altre antiche mappe è evidenziato il percorso trasversale della chiatta tracciando alcuni trattini mentre da carte amministrative sappiamo del costo annuale dell'affitto di gestione di questo porto e di altri, assai importante per questa area soprattutto per spostare carichi di prodotti agricoli sui carri dall'una all'altra sponda del Po.

Circa l'antichità di questo porto sul fiume già nel medioevo ci sono fior fiore di ottimi studi pubblicati nei libri; di fondamentale importanza per aver rilevanti notizie sono ad esempio quelli pubblicati dal Solmi ed anche in anni recenti da storici universitari: davvero la documentazione d'Archivio citata è tanta e chiarissima al riguardo. 

Altro posto di passo del Po molto antico e secolare è il Porto del Botto, che era situato tra la località con cascina agricola Bosco di Calendasco e sulla sponda opposta in territorio lombardo la località Botto. Viene chiamato Porto del Botto per Cavalli cioè qui era una chiatta per guadare il Po molto possente che permetteva di portare da una riva all'altra i carri carichi di prodotti ovviamente trainati da cavalli da tiro.

La posizione è strategica: primo perchè è vicina al borgo di Calendasco e quindi con ottime strade per quel tempo, secondo perchè qui il letto del fiume manteneva sempre un ottimo corso d'acque abbastanza fondo il che permetteva alle chiatte di attraversare anche con carichi pesanti che potevan certamente abbassare il pescaggio ma evitare il pericolo di insabbiamento.

Sempre dal 1800 rimane attivissima la Stazione di Barca per cavalli del Boscone Cusani con chiatta, indicato nelle mappe del demanio appena sopra l’abitato prima della curva di Corte Sant’Andrea in territorio lombardo, ed anche questo ha un regolamento daziario statale ben definito mentre più a monte rimane la Stazione di Barca per cavalli delle Gabbiane, dopo foce Lambro, e più giu ancora quello del Veratto di Santimento; un’area di fiume storicamente molto vivace e vissuta, in modo sintetico portata all’attenzione di chi ancora oggi sente un legame con questo lungo serpentone che si staglia nella valle padana chiamato Eridano, Pado, Po e ricco del mito di Fetonte.

Oggi dalla via Po dinanzi al palazzo del comune di Calendasco una strada rettilinea di circa un chilometro porta all’attracco del Masero, qui è ancora vivo nella memoria il fatto di quando tra fine anni ’60 ed inizi del ’70 i militari di Piacenza del Reggimento Pontieri venivano a porre un grande accampamento d’addestranento al Masero in area demaniale e montavano sul Po il possente bonte di barche; dall’alto dell’argine maestro alcuni militari di guardia non permettevano a nessuno di avvicinare quell’immenso accampamento brulicante di uomini e mezzi ma per i bambini (tra essi anch’io scrivente) questi giovani militari di leva chiudevano un occhio e sotto al loro divertito sorriso, dall’alto dell’argine, seguivamo stupitissimi tutte quelle operazioni e chissà quanto avremmo pagato per poter mettere il nostro piede su quel grande ponte poggiato sul maestoso Po.

Umberto Battini
studioso di storia locale

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