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28 maggio 2012

Santimento FOTO


Belle foto del paese di Santimento o S. Imento di Piacenza






18 maggio 2012

PICCOLE FIORITURE


Qui troverete i miei brevi testi relativi a svariati e sconosciuti
fatti di storia, cultura e vita locale calendaschese
Fate scorrere la pagina web e leggete le piccole fioriture
 
se copii qualcosa cita la fonte è un fatto etico 
non farti bello/bella di studio altrui cita la fonte!


PICCOLE FIORITURE 19

Corrige

Leggo nel libretto di picciol formato titolato ‘Santi della diocesi di Piacenza-Bobbio’ scritto da Fausto Fiorentini e dalla figlia Barbara Fiorentini anche cose sul Nostro Patrono. Purtroppo, e non capisco assolutamente il perché, vengono riportate delle erronee indicazioni sul culto al nostro Patrono San Corrado Confalonieri. Il suddetto picciol libretto è edito nel 1997. Mi fermo a queste righe che vi riporto, ebbene vi si legge che : “Altro centro piacentino collegato al culto di san Corrado è Calendasco: qui, dove si conserva un dito del Santo, nel 1808 fu eretto un altare votivo con un dipinto di Faustino Perletti, artista nativo del borgo”.
Facciamo la corrige: l’altare e cappella al Santo Corrado sono del 1617 e non del 1808! Ed era sontuosamente fornito di argenti proprii e tutto ornato e dipinto. Il dipinto citato – una magnifica grande tela – è certamente non del Perletti ma quadro secentesco d’artista e coevo all’erezione dell’altare e cappella al Santo nella chiesa nostra di Calendasco che fu subito d’allora “tutta ornata” e pinta (risulta la magnifica pala anche negli inventari antichi) purtroppo non conosciamo per ora l’artista che lo dipinse. Una tela del genere oltre che essere come detto antica è anche pinta da mano di ottimo artista, basta venirla a vedere di persona. E definire artista il conte Faustino Perletti che fu il primo sindaco di Piacenza,  è più che azzardato! Se tutte le persone che per diletto fan pittura sono artisti allora bisogna rivedere il concetto di arte.
Piccole stonature che ancora continuano a girare sulla stampa cosiddetta “curiale” e questo  purtroppo nonostante ci sia molto e molto nero su bianco di storico anche su queste semplici cose! Va bhe, però o uno prima si informa bene o è meglio non scrivere date e dati astrusi. Il culto a San Corrado del mio natio borgo vi ricordo che è scritto chiaro e tondo nel Legato Sancti Conradi che era già esistente in Calendasco alcuni anni prima di quel 1617, qui da noi andava solo rinvigorito. Senza offesa per nessuno: quattrocento anni di Patronato non sono acqua! 

Umberto Battini


PICCOLE FIORITURE 18


Ancora del Patrono

Il sacerdote e canonico Campi diede alle stampe a Piacenza nel 1614 la Vita di San Corrado basandosi sugli storici di Noto quali il Littara e Pugliesi. Ma già nella sua Historia data alle stampe tra 1651-1662 nei tre conosciuti volumi, il canonico-storico Campi scrivendo di San Corrado va ammettendo qualcosa d’importante. Sapendo d’aver pubblicato un libro impostato tutto sui testi inviati da Noto (lo ammette già da allora!) ebbene nella Historia appunto confessa che sarebbe stato utile “nel ristamparsi di nuovo la preallegata Vita, di aggiungervi più altre cose avvenute dapoi…”. Leggasi: ricerche sul Santo in terra piacentina. Vedasi: Legato Sancti Conradi. Ricordasi: Farnese ucciso dal Confalonieri di Calendasco luogo nel quale il Vescovo di Piacenza scopre e formalizza ufficialmente la nascita del Santo Piacentino! Ce n’è ancora di frutti ed abbondanti, che stan maturando di stagione in stagione. Nulla andrà perso. 

Umberto Battini



PICCOLE FIORITURE 17


Tempi di politica da vacche magre

 Neanche si cambia col colpo di spugna per salvar la faccia e c’è un gran arrabatto. E’ un cambiamento che i politici vorrebbero fare per la nostra Italia usando lo stile computer. Cioè mi spiego meglio: si tenta d’usare il Transformer Pack. Che cosa è? Niente di che: semplicemente trasforma il tuo sistema Xp in Vista oppure il Vista in Sette oppure da oggi uno dei suddetti in Otto. Cambia la facciata ma la sostanza del tuo note rimane quel che è, il Sistema operativo rimane quello originale. Un Xp (ch’è obsoleto già di suo!) anche se gli usi il Transformer Pack per Windows 8 ti cambia solo i suoni, le icone e le finestre ma tutto rimane operativo come Xp, non è diventato un sistema Windows 8 all’ultimo grido e quindi con tutte le migliorie che porta. Mi pare che questo sia il sistema che si sta usando e cioè penso sia ai partiti politici che usano il Transformer Pack per mostrare una facciata di rinnovamento ed anche lo stesso Governo coi suoi provvedimenti Style Pack. Un computer è una bella cosa però anche lui ha bisogno di aggiornamenti,se no si blocca prima o poi.

Umberto Battini




PICCOLE FIORITURE 16


26 maggio 1619


Cappuccini, ovvero frati francescani riformati. Vescovo: mons. Claudio Rangoni. La prima pietra viene posta a Fiorenzuola. Un bel e fornito convento nuovo nuovo, dedicato e sotto il titolo di San Corrado Confalonieri. Ma adesso ed ora ed ormai da anni su quel suolo venerato sorge il centro commerciale nomato ‘I Cappuccini’. Il resto raso al suolo, così per non farci mancare nulla, tanto rimaneva poco, tutela zero, amen. Come devoto mi rammarico, è ovvio: cavoli! Sarebbe stato bello ed edificante averlo ancora in funzione questo convento francescano dedicato all’Eremita! E’ come una misera calamità: in San Francesco in Piacenza la cappella dei Confalonieri è “sparita”, rimane nel chiostro un pezzo di tondo con la scritta Sancti Conradi Placent. In cattedrale, fine ottocento han tolto tutte le cappelle laterali compresa quella del Nostro e qui restano solo e per fortuna le quattro preziose vele pinte nel 1613. Fiorenzuola il convento citato che vive solo sui testi storici. Ma cari miei a Calendasco per fortuna c’è tutto! Castello, chiesa e romitorio! Un motivo ci sarà: eccome se c’è! Terra benedetta, c’ha dato i natali umani e spirituali al Nostro Patrono e Lui che tutto ha avuto – vita terrene e vita spirituale a Calendasco – a Calendasco ha lasciato tutto integro, dalla a alla z. Dai mattoni alle carte! 

 Umberto Battini




PICCOLE FIORITURE 15

CHIESA

Dirò della chiesa: la parrocchiale di Santa Maria. E’ di fondazione longobarda lo dicono le pergamene del Codice Diplomatico Longobardo. Ce ne sono di scritte a Calendasco e Trevozzo ma anche a Pavia e pure a Milano in Santambross’ e ci richiamano il presbitero del momento abitante in Kalendasco. Notarili del 769, 784, 804, 892 etc etc. La più grandiosa ristrutturazione fu svolta nel 1734. Poi nel 1970-71 ci fu quella di don Federico Peratici per il giusto adeguamento al Vaticano II (su questa faccenda avrò da rievocare di più a tempo debito).
La chiesa prima del 1734 era “quasi quadrata” – fere quadrata dice una carta del tempo!
Con le capriate e il pavimento di legno: non sorprende! la chiesa è scritto essere costruita su monticello e quindi ben al riparo dalle piene umidicce e malsane del Po. Era quindi un luogo elevato quel tanto che bastava a mantenere i piedi sull’asciutto, paro paro è ancora uguale oggi. C’è anche (ben nascosta ma c’è) una antica finestra in ordine romanico, tra due muri – uno posticcio ed uno originale, è un rimasuglio coi baffi, un documento lapideo che vale oro, un testimone muto che urla (tipo Legato Sancti Conradi!).
Le chiese longobarde non di rado han fattura a pianta quadra, architettura in uso negli identici anni tra i bizantini che eran padroni fino a Modena. Sappiamo il nome di due nostri vecchi preti longobardi: ed ecco apparire Stabelfredus e Orso che sopra al conto erano anche potenti, con proprietà immobili in luoghi ben oltre la terra piacentina. Officiavano a Kalendasco con diritto di decima sui poveri rurali del posto. Decima al prete, così tanto per cambiare. In fin dei conti un piatto di zuppa te lo concedevano sempre nello xenodochio, quasi a tutte le ore, bastava bussare. Toc toc toc.

Umberto Battini



PICCOLE FIORITURE 14

Una volta.

Quaranta anni fa, nel 1972. C’era una volta a Calendasco. Parlo del paese vero e proprio, che quando ero bambino si sviluppava in lunghezza circa com’è oggi e cioè dal Consorzio al Comune e case limitrofe sulla via del Masero, del Boscone e di Santimento. Sappiate che in paese c’erano: 6 grandi cascine con vacche e cavalli da tiro e bue (bazzicavo liberamente la stalla del castello). 1 distributore di benzina. 1 farmacia. 2 latterie. 2 macellerie. 1 tabacchino (la palta). 2 bar. 2 bar-trattoria. 1 panificatore. 4 botteghe alimentari. 3 barbieri. 2 parrucchiere. 1 pesa per carriaggi. 1 dentista (saltuario). 2 mercerie. 1 edicola. 2 falegnamerie. 1 fabbro. 1 ortolano ambulante. 1 ortolano con bottega. 1 venditore con camioncino (basùlon). 1 ufficio postale. 1 ufficio del lavoro. 1 ambulatorio del medico condotto. 1 consorzio agrario. 1 sarto. 2 maglifici con tante donne lavoranti. 1 negozio di elettrodomestici vari. 1 autofficina. 1 edificio scolastico con medie-elementari. 1 bottega di calzolaio. 1 asilo nido. 1 campo da calcio. 1 campo da basket. 1 cinema parrocchiale. Oggi la fisionomia del borgo è cambiata: sapere dove esattamente erano alcune di queste attività per i non oriundi è impossibile, io per fortuna ricordo bene i luoghi, le costruzioni e soprattutto le persone e quando cammino in strada li rivedo! Con gli occhi del ricordo.

Umberto Battini



PICCOLE FIORITURE 13

Ottobre



Ottobre. Tripla festa. Perché è la Madonna del Rosario il 7 ed a Calendasco una volta c’era sagra. Ricordo l’autunno piovoso e le balere nel cortile dell’osteria ‘Ad Nadal’ vicino alla piazza della chiesa. E poi il 4 è San Francesco: visto che abbiamo una trilogia di tele francescane e San Corrado terziario, un po’ ci tocca sta festa che tra l’altro il Poverello di Assisi è anche com-Patrono d’Italia. Poi per noi devoti del Romitorio abbiamo un’altra bella ricorrenza del Cielo: il 5 ottobre tornava all’eternità proprio in Assisi il giorno dopo San Francesco! Il nostro amatissimo p. Gabriele Andreozzi. Sono 6 anni. Ci è stato un buon frate amico e sapientissimo del TOR, il p. Gabriele grande storico era orgoglioso di S. Corrado che vestiva il suo stesso abito religioso! Ottobre, cadono le foglie. Il Po torna a gonfiarsi. E il vino novello è già presagio.
Umberto Battini


PICCOLE FIORITURE 12


San Donnino il martire.

Decapitato nel 297 a Fidenza (la romana colonia Fidentia, nel medioevo ri-nominata Borgo San Donnino e poi nel trentennio tornata all’origine).
Siccome sono stato nella cittadina diciott’anni con famiglia al seguito, ora che al 9 di ottobre c’è la Patronale del Martire Donnino, voglio farne brevissima memoria. Fidenza senza il suo Santo non avrebbe quella imponente cattedrale con annessa antichissima cripta. E c’è da memorare che questa chiesa nasce nel 1170 ca. come Santuario! Solo nel 1601 diverrà cattedrale essendo elevata a sede episcopale la città.
Quindi un edificio sacro immenso: ancora oggi quanti Santuari conosciamo di imponente misura? Pochi. Ancor più nel medioevo. Nel Museo Diocesano si conserva il famoso calice di San Donnino dono del Barbarossa e che vede incastonato tra il piede e la coppa il nodo cesellato del pomolo che fù scettro di Carlo il Magno! Così si tramanda.
S. Donnino che era il cubiculario (cerimoniere per semplicità) dell’imperatore Massimiano, convertito al cristianesimo, lascia la Curia imperiale e si fa pellegrino, parte per Roma! Come il Nostro Corrado! Ma sulla strada romea, a Fidenza è intercettato dagli sgherri e lì decapitato, sul ponte romano (come usava) e quel ponte è ancora lì a pochi metri dalla Cattedrale. Il miracolo: Donnino decapitato si rialza, raccoglie il capo e crolla lì ove ora è il monumento. E poi la facciata tutta cesellata di bassorilievi d’arenaria, c’è da passarci una giornata. Io ho la fortuna di conoscere questo duomo in ogni anfratto e anche nella sua storia più profonda, quelle formelle poi le conosco al centimetro-quadro, tutte, nel loro significato storico e spirituale, una bibbia di pietra. Chi l’ha vista lo sa, gli altri vadano a visitarla, ora che siamo nel periodo della Festa.

Umberto Battini





PICCOLE FIORITURE 11


SOLMI

Arrigo Solmi fu elogiatissimo storico. Anche circa il Po, il Barbarossa e le Roncaglie delle Diete fu specialista. Gli studiosi e gli storici odierni – e proprio quelli diciamo col pedigree – gli riconoscono questa fama e ne dichiarano la buona fondatezza basata su solide scartoffie d’archivio! E allora ri-parliamo di guado del Po o meglio di guadi. 
Fino a pochi decenni fa era attivo al Mezzano un servizio traghetto del famoso Docì. Mio papà andava a ballare di là da Po, a Somaglia e lì al Mezzano o meglio al Rastello bastava un grido dalla sponda e il Docì ti veniva a prendere. Di là c’è il convento (oggi cascina agricola benedettina come a Cotrebbia vecchia) di Castelnuovo e poco più in su il paese di Somaglia. 
C’è ancora un bel porticciolo ma non si fa più servizio di guado, perché abbiamo le macchine e si fa prima. Quell’area che prende tra il ballottino della Somaglia e quello al di qua di Calendasco del Rastello giù fin quasi alla Raganella, il Solmi – con ragionamento e carta che canta – afferma essere la zona dell’accampamento del Barbarossa e Cò Trebbia vecchia con la sua vecchia chiesa di S. Pietro infatti è lì limitrofa, luogo della discussione delle Diete. 
La buona supremazia nei secoli del passo del Po tra Somaglia e l’area di Calendasco per puntare su Piacenza ce la dà nel 1454 il Duca de Milan Francesco Sforza che intima di sorvegliare bene il passo citato – ed anche i vari passi del fiume – perché l’esazione delle gabelle pareva impoverirsi. D’altra parte, come direbbe Totò, perché pagar gabella se nella accezione latina si diceva vada o vadi. Appunto! Vada! Va bhe, vado e non pago!

Umberto Battini





PICCOLE FIORITURE 10


BARBE DEL FIUME

Era una faccenda di barbe a Calendasco quando lo si scriveva con la Kappa germanica. Che fosse quella del Barbarossa o del Barbarava o dei più vetusti Longobarbi (Longobardi). L’imperatore tedesco alle monache di un bel monastero rinnova e concede il potere completo sul Po proprio nel tratto parallelo al paese e ci mette la firma. Non  a Soprarivo e neanche alla Raganella né al Mezzano o a Cotrebbia vetula, ma qui nel tratto del nostro e mio e corradiano borgo padano. Avevano anche il diritto di riparia, cioè gabella d’attracco sulla sponda. Una bella confusione sul Po a quell’epoca: il conventone di S. Sisto reclamava e aveva Po dal Mezzano Iniquitatis allo sbocco del Trebbia; le monachelle dal Mezzano al Masero (area Botto) ed a Soprarivo del comune di Piacenza il porto con la dogana e più su ancora verso Veratto c’era il porto di Cachinfango (testuale). Chissà se anche per quello c’era un dazio da pagare a qualcuno!
Umberto Battini



 PICCOLE FIORITURE 9

CODICE

Minuta di lettera dal Codice Atlantico
Messer Leonardo da Vinci a fine del 1400. Scrive ai Fabbriceri del duomo di Piacenza che volevano far portoni di bronzo. Li consiglia che ci vuol “bono maestro e bona opera”. Purtroppo questi preti rifiutarono l’offerta leonardesca. Costava troppo. Da buoni piacentini preferirono tenersi i portoni in legno che di quello ce ne avevano a macca nei loro possessi boschivi. Certo a legger oggi vien la pelle d’oca, ma così vanno i tempi e la storia. Amen. Però è bello pensare a quale valore artistico e che attrattiva turistica ci porterebbe oggi l’aver della cattedrale due enormi e certamente meravigliosi portoni bronzei firmati Da Vinci! Giustamente, per non creare illusioni, secoli dopo anche il Raffaello di S. Sisto prese il largo. Stavolta era roba da frati!

Umberto Battini



PICCOLE FIORITURE 8


Quando si dà valore alle cose.

Soprattutto in tempo di miseria. Nel 1841 sulla Gazzetta Provinciale di Pavia del 6 luglio in Atti Ufficiali si legge: Avviso – nella mattina del 21 giugno ultimo decorso venne raccolta galleggiante sul Fiume Po’ verso Sponda Piacentina al luogo denominato Calendasco, una pecora, che minacciava di affogarsi. Chi l’avesse perduta potrà rivolgersi a quest’I.R. Ufficio di Polizia giustificando d’esserne il proprietario. Pavia 1 luglio 1841. Davvero interessante, ci si possono fare tanti commenti, anche ironici ma poi mica tanto! Visto le lune che stiamo vivendo oggi. Già il fatto che a Pavia – che non è mica lì a due  passi – ci si prenda la briga di darne notizia… La pecora smarrita ritrovò l’ovile? Mha, chissà! Ad ogni buon conto sta notiziola mi sembra un’ottima metafora.

Umberto Battini




PICCOLE FIORITURE 7


Nel 2013 è il trentennale.
   
Della dipartita del parroco e arciprete (anche canonico di S. Antonino) don Federico Peratici. Scomparve nell’estate 1983. Lo ricordo come fosse oggi, quando arrivò appena dopo l’ora di pranzo la fatidica notizia: un incidente stradale! La voce passò di casa in casa! Così è la vita di paese. Confesso che ci rimasi male, ero giovane, me ne tornai in casa lasciando mia mamma e le donne della mia via a discutere del fatto sotto ad un cocente sole. Durante gli anni tra “Devoti corradiani” l’abbiamo ricordato nelle nostre chiacchierate. Ne abbiamo ri-scoperto il suo attaccamento a San Corrado anche da vecchie pubblicazioni storiche sul Santo che lo citavano per i suoi ragguagli circa Calendasco ed il Confalonieri Patrono. Fu precursore liturgico. Sappiamo tutti dei grandi lavori del 1971 per l’adeguamento degli spazi liturgici secondo le direttive del Concilio Vaticano II. Ne fu un encomiabile estimatore, ma non alla maniera ‘moderna’ ma secondo i canoni veri di fedeltà alla Chiesa. Non travisò. A Calendasco arrivò il Concilio con don Federico, ma quello vero, non quello “beat sessantottino”. In chiesa si suonava solo l’antico pregiato organo. Tra un anno saran trent’anni. Ricordiamocelo. (Credeteci o no io non l’ho mai dimenticato).
Umberto Battini


Piccole Fioriture 6



Uberto e Pietro da Piacenza. 

C’è la firma con la data: 1196! Roma. Cancelli in bronzo della Porta Santa della Basilica di S. Giovanni in Laterano e nel suo Battistero. Non se ne parla mai nella veneranda Placentia, è come un’oblio selvaggio e lapidario. Solo della mediocrità qui c’è memoria, probabilmente perché abbiamo vissuto in decenni di mediocricissimi dirigenti della cultura e ancora seguitiamo su questa linea, anzi viviamo in picchiata e non gratis.  La VII campata ovest del chiostro duecentesco di S. Giovanni in Laterano, conserva oggi i due battenti bronzei che costituivano le antiche porte del Patriarchato lateranense; essi furono fatti eseguire nell'anno 1196 da Cencio Camerario (il futuro papa Onorio III: 1216-1227), insieme a quelli del vicino Battistero ancora lì posizionati. Uberto e Pietro, piacentini del sasso ma sepolti dal macigno della bottega politicante che s’occupa di cultura. Sul macigno siedono in tanti, anche uomini talarati non solo funzionari (dice un proverbio piacentino: siam fratelli nel pregare non nel desinare). Oggi si vola ancora più basso, se ci fate caso non siamo neanche nel “popolare” a livello di proposte culturali, sembrano iniziative del Pianeta Mongo, ve lo ricordate? E’ come un perpetuo dazio da pagare qui a Piacenza, Emilia, Italia, Europa, Mondo, Mongo.

Umberto Battini



PICCOLE FIORITURE 5

 
Da Firenze 28 ottobre 1824.

 Lettera all’avvocato di Bologna Pietro Brighenti. Scrivente: Pietro Giordani, piacentino del sasso. Siccome mi pare fresca come l’acqua e limpida come il sole, bisogna ben estrarne particella. Senza entrare nella diatriba, pescando il fatto che oggi può rimembrare a noi familiarità, il Nostro Pietro così scrive: “Io so benissimo, e meglio di ogni altro, ch’io non posso vivere in Piacenza; paese indicibilmente cattivo; dove i buoni son pochi, i tristi moltissimi, e straordinariamente feroci. So che i calunniatori, per quanto siano scoperti e convinti e svergognati, ritorneranno sempre alle arti loro con mirabile impudenza; e saranno sempre ascoltati, sempre creduti, e io sempre vessato, non dal Governo che è buono e mi conosce, ma dal conte che non mi conosce…” . Sui “tristi moltissimi” non saprei dire ma circa “i calunniatori che anche svergognati e scoperti” ritornano alla loro arte con indefessa faccia di tolla, mi pare più che mai parte del nostro vivere quotidiano reale con proiezione al futuro. Chi più chi meno tutti ci siamo incappati. E c’incappiamo. D’altra parte, ad esser sinceri, la nostra felice piacentinità – della quale non lo negherò ora, io mi sento nel mio piccolo un alfiere – ce l’ha un po’ di quello che il Nostro Pietro duecent’anni addietro già ben sperimentava! Non la tiro per le lunghe e manco altro voglio trascrivere ma mi sa che questo DiEnneA ce lo portiamo dalla fondazione di Placentia del 218 A.C. Sarà colpa dell’umidità padana!

Umberto Battini


Piccole Fioriture 3


L'ASSASSINO FEUDATARIO

Vado. L’ammazzo. E torno.
Giovanluigi Confalonieri. Feudatario.
1547 giorno 10 settembre. Da Calendasco a Piacenza sono 5 miglia circa.
La strada che parte dal borgo passa il Trebbia alla Malpaga e si sbuca nella “via di campagna” dai frati.
Poco più in sù c’è la zona S. Eufemia, qui il Confalonieri con i suoi fratelli ha palazzo.
Lo esige ‘per legge’ il nuovo duca, figlio di Papa, duca con molte, troppe idee per un feudatario all’antica, legato alla terra, alla campagna.
In città lo aspettano altri amici Nobili, ognuno con le sue mire di potere. A Giovanluigi basta conservare la vita selvatica rurale, così almeno ci appare al confronto con gli altri congiurati.
Per dei Nobili entrare nel Palazzo non è difficile, anzi.
Gli altri che congiurano con lui han mire più grandi.
I quattro lasciano il loro piccolo seguito e vengono ricevuti dal Pierluigi loro Duca.
Partono le stilettate. Pochi attimi e il figlio del Papa è cadavere.
Succede quel che succede: la storia piacentina e quella italiana dell’epoca ben racconta e dettaglia questo insano episodio. Ognuno lo legge secondo il proprio tornaconto.
Epilogo: trentanove anni dopo Giovanluigi Confalonieri (ha un avo già Santo in Sicilia, a Noto, del quale han scritto gli agiografi) deve vendere “per obbligo” i suoi beni di Calendasco.
Una confisca più politica che di legge, infatti gli basta emigrare a Milano trentanove anni dopo l’omicidio, col suo gruzzolo cospicuo, e là divenire immanente Capitano di Giustizia.
Giustizia è fatta!
Più volte in questi decenni i Farnese gli han teso vendetta mandando sicari, lui ce l’ha fatta sempre! Nel suo feudo di Calendasco in fin dei conti non si vive male.
Un Santo in Paradiso c’è, anche senza saperlo.
E poi non tutti possono diventare Santi. Il mondo ha continuato a girare. E ancora gira.

Umberto Battini