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22 settembre 2011

PERICOLO passato... ?

Francesco Sforza al Consiglio Segreto

Lettera inviata da Lodi, 12 dicembre 1450

Il Duca Francesco Sforza ordina ai membri del Consiglio segreto di accertare segretamente se Piacenza è realmente fuori dal contagio della peste. Ma secondo voi che leggete, questa "peste" vi sembra realmente passata? Possiamo paragonare sta 'peste' a qualcosa di cattivo che permea sotto sotto la nostra piacentinità? Esiste chi lavora 'di sottobanco' per avere solo ed esclusivo vantaggio personale non ostante i fatti, la storia e la realtà? Io mi riferisco alle buone cose cui tengo, ognuno poi l'applichi da sé. Comunque mi sà che un pò di "casone de peste" sia ancora nell'aria...

Dominis de Conscilio Secreto.
Perché intendiamo che la città nostra de Piasenza per la gratia de Dio è in bona convalesentia et molti dì passati non gli è morto alcuna persona per casone de peste, perché etiamdio, essendo cavata de bando, veneriano qua et a quella nostra cità delle victualie assay, che seriano utilissime ali subdicti et intracte nostre, ne pare et volemo mandati uno fidato secretamente alla dicta cità per intendere el stato et condicione d'essa. Et essendo in bona convalesentia, siamo contenti la faciati desbandire.

Data Laude, die xii decembris 1450

Umberto Battini

corradianamente



12 settembre 2011

POVERI frati cerconi


Propongo una lettera del Duca di Milano al Vicario del Vescovo di Piacenza che non permetteva ai frati 'cerconi' di girare nella diocesi di Piacenza ad elemosinare: forse temeva gli fosse "tolto il pane di bocca", fatto è che interviene il Duca affinchè possano farlo in libertà.

Spedita da Quinzano d'Oglio il 20 agosto 1452.

LA LETTERUCCIA mandata a Piacenza dal Duca Francesco Sforza così informa:

Domino vicario domini episcopi Placentini pro fratribus questoribus.
El n'è fatto grave querela per parte deli frati questori per la casa de Sant' Antonio, de San Bono, de San Bernardo, de Sancta Maria de Roncivalia, de San Iacomo et de Sancto Spirito dicendo che contra el debito et consueto gli inhibiti le loro queste in quello dioci[se] de Piasenza, et cum summa instantia n'hanno supplicato voglinie providere nuy non siano spoliati et privati de questa loro preheminentia.

Pertanto, sì perché in summa reverentia havemo et devotione qualunca dele mansione predicte et tuto voriamo fare per observatione et conservatione dele cose loro, sì etiam perché non habiano iusta casone de lamentarse che, più in Piasentina, che in li altri loci gli sia prohibito facto fare le loro cerche, et queste vi scrivemo et carichemo pur assay che, possendo loro debitamente fare queste questarie et che, non deci, nì xx, nì xxx anni, ma xl et l et più siano così usitate, provideati opportunamente che possano così fare nello avenire, ad ciò non si gli dia materia che cum iusta casone si possano agravare, et como si rendemo certissimi che fareti, perché sapiamo seti savio et conosciti quello vole la iustitia in multo maiore cosa non sia questa.

Et così iterato ve ne carichemo.

Data in nostris felicibus castris apud Quinzanum, die xx augusti 1452.



Umberto Battini
agiografo di San Corrado Confalonieri




7 settembre 2011

SAN CORRADO e i suoi anni

PONZINO PONZONI
Nobile cremonese

Negli anni corradiani scorrazzava nel piacentino
alleato del duro Galeazzo Visconti

Nomen omen

Il condottiero Ponzino Ponzoni da Cremona

Mentre San Corrado è nel conventino-ospedale di Calendasco

Nel 1321 milita al servizio di Galeazzo Visconti qui a Piacenza.

Come ben sappiamo Galeazzo era despota e circa San Corrado Confalonieri conosciamo bene gli eventi del primo 1300 a Piacenza.

Questo Cives Ponzino Ponzoni – un nome, un destino – era in quel 1321-22 al soldo di Galeazzo Visconti nel piacentino mentre il nostro Santo Eremita Corrado, proprio in quegli anni, era con il Beato Aristide rinchiuso a penitenza nel piccolo ma importante ospedale per pellegrini e romitorio terziario nel feudo di Calendasco.

Questo Nobile condottiero di Cremona, a volte guelfo (cristiano) e un po’ ghibellino (eretico) a seconda dei casi e della bisogna, antico signore padano, leggendo nella storiografia appare banderuola che, un poco secondo l’uso dei tempi, a volte era schierato coi guelfi ed altre coi loro diretti avversari, i ghibellini: si andava dove andava l’interesse economico. Fu Signore della città di Cremona e di Castelponzone.

Soprattutto si distinse in territorio cremonese.

Il 14 marzo 1321 papa Giovanni XXII scomunica Matteo Visconti e procedimento aperto contro i suoi figli tra cui Galeazzo ed altri lombardi. La scomunica toccò pure i Ponzone, citati in giudizio e condannati come fautori dei Visconti nel 1323.

I secoli passano. Gli uomini pure.

San Corrado rimane. Ben protetto dai suoi guelfi nel succedersi dei secoli, non ostante Nomen Omen.


Umberto Battini

6 settembre 2011

SANTO IMENTO e l'erba vescovile

1451 l'erba del vicino
non deve essere sempre la migliore


Una lettera del Duca di Milano per l'erba
e l'acqua del vescovo di Piacenza

Secondo quanto ci capisco, dalla letteruzza dello Sforza si evince che siccome il suo segretario era un Amidani e cioè lo stesso fratello di sangue del vescovo di Piacenza, bisognava allontanarsi dai prati di Santo Imento ch'erano vescovili e portare i cavalli altrove.
Insomma il proverbio non andava rispettato: l'erba del vicino non è più verde e cioè "siccome l'Amidani è raccomandato e l'erba in questione è del vescovo suo fratello, e siccome quest'ultimo la vuole tenere per sè, per le sue manze e cavalli" non è erba buona per gli altri!
I cavalli vanno dissetati in altro luogo. mica nel Rivo del Vescovo che passava lì. E' d'impaccio e gravezza per il vescovo tutto ciò.

Il commissario per Piacenza (ch'era di Spoleto) deve allontanare la truppa salariata del Duca che è nel piacentino e nel caso particolare di stazza dalle parte Santimentine, per non cagionare danno all'erbetta rugiadosa (forse dimenticando che ci ricavavano concime gratutio!).
Calendasco per fortuna qui non c'entra, infatti i Confalonieri sono Capitanei e Milites vescovili e della città e buoni feudatari del borgo e non davan danno ad altri ne però ne volevano d'altrui.
Eccovi la letterina del Duca Francesco Sforza:


Umberto Battini