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26 febbraio 2022

IL PORTO DI COTREBBIA

BREVE STORIA DEI PORTI
NEL TERRITORIO DI CALENDASCO
IL PORTO DI COTREBBIA

di Umberto Battini
    studioso di storia locale
 
Nelle mie passate sedute di ricerca in Archivio di Stato a Piacenza, Parma ed anche a Milano, alcuni anni fa, mi sono imbattuto anche in documenti sui porticcioli a chiatta posti soprattutto sul fiume Po e nel caso che a me interessava, circa proprio il territorio di Calendasco che è appoggiato sul Grande Fiume.
Così ho deciso di scrivere dei piccoli e brevi testi puntuali ma sintetici circa ognuno di questi porti che hanno una storia secolare e che fan parte della storia locale. Parte prima.

 
Il Porto di Cotrebbia lo vediamo ancora attivissimo nel 1800 e almeno e di certo nel primo 1900 quando era stato dato in gestione, dalle Autorità Statali ad un lodigiano del quale conosciamo nome e cognome. La denominazione ufficiale sui documenti demaniali è quella che stiamo qui esponendo: Porto di Cotrebbia (vecchia per intenderci oggi!). 
Nel particolare di questa mappa, presa in un dettaglio, si vede bene che il porto parte dall'abitato di CoTrebbia e trasversalmente approda davanti a Valoria sempre con la stessa chiara denominazione ovviamente ed una strada dalla riva sabbiosa porta verso il percorso lodigiano!
Dalla parte di Cotrebbia la strada locale punta su quella che le mappe chiaramente indicano come "Strada de Calendascho" e da qui si procede per la città di Piacenza e questa strada sbucava dritta dritta in Via Campagna proprio lì ove sorge il santuario mariano.
In altre antiche mappe è evidenziato il percorso trasversale della chiatta con dei trattini e da altre carte sappiamo del costo annuale dell'affitto di gestione di questo porto importante per questa area soprattutto per spostare carichi di prodotti agricoli sui carri dall'una all'altra sponda del Po.
Circa l'antichità di questo porto sul fiume già nel medioevo ci sono fior fiore di ottimi studi pubblicati nei libri; di fondamentale importanza per aver rilevanti notizie sono ad esempio gli studi pubblicati dal Solmi ma non solo, e davvero la documentazione d'Archivio citata è tanta e chiarissima al riguardo.
Leggi del Porto del Botto di Calendasco clicca Q U I
 
Umberto Battini
se copii cita il sito è etico

LA PUNTAZZA DEL PO

ECCO IL TESTO DELL'ARTICOLO
apparso sul quotidiano ILPIACENZA.IT
trovi a fondo pagina il LINK

Se è vero che da trent’anni il fiume Po non mostrava un livello delle acque così basso nella stagione invernale, è anche vero che gli spiaggioni di bianchissima sabbia con i rosati raschioni di sassi riemersi, se passati “al setaccio” possono regalarci strani ed inaspettati reperti. Infatti non sono rare le notizie di rinvenimenti di ossa fossili o di qualche buon coccio d’epoca romana che conservano un valore storico simbolico importante, perché testimoniano della vita su queste sponde ben duemila anni fa e oltre. 

Un reperto importante è stato ritrovato, durante una quotidiana passeggiata da due amanti del Grande Fiume, lungo l’immenso sabbione che si trova davanti alla foce del fiume Lambro a Boscone Cusani di Calendasco, tra le località lombarde di Corte Sant’Andrea e poco più a monte Le Gabbiane. Si tratta di un reperto databile perlomeno al tardo 1800, quando proprio davanti alle Gabbiane (località che fu per secoli territorio della mensa vescovile di Piacenza) ancora era attivissimo un traghetto sul Po indicato da mappe, e per questo è ipotizzabile che il manufatto sia stato proprio “mosso” dal letto del fiume in quella zona durante una piena.

Si tratta di un manufatto particolare: una puntazza da palo di ponte di barche detta anche bricola, ancora oggi in uso nel Polesine e nella laguna veneta, ricavata da un unico tronco di rovere della lunghezza di circa un metro e mezzo e del diametro di 70 centimetri con uno spuntone troncato della parte di palo che emergeva. Il curioso legno di forma conica è stato mostrato ai “vecchi” uomini di fiume della Bassa, tra Boretto e Guastalla ed anche del Polesine, i quali hanno individuato immediatamente di che tipo di manufatto si trattasse. 

Queste puntazze si ricavavano da un tronco intero di legno forte perché, anche se piantate nell’acqua, non marcivano ed anzi col tempo si ricoprivano di una patina scura che le rendeva ancor più solide; nel Polesine ne sono state ritrovate anche di antichissime, allo stato fossile e pietrificate. Si vede bene, dal moncone rimasto attaccato, che quello ritrovato oggi è stato strappato dalle piene del Po. Questo pezzo è una testimonianza del lavoro umano legato al fiume. 
Un reperto storico che meriterebbe d’essere recuperato prima che una piena lo porti via, e che andrebbe conservato proprio qui, in questo territorio di Calendasco che nei secoli passati è stato protagonista sul Po con i suoi tanti pescatori e navaroli di professione ben conosciuti e stimati nella vicina Piacenza.
Umberto Battini

 

22 febbraio 2022

SCOPERTO A PO

LEGGI L'ARTICOLO DEL RITROVAMENTO
su ILPIACENZA.it
articolo di Umberto Battini
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Il reperto, databile al 19esimo secolo, è stato scoperto per caso lungo i sabbioni vicino a Calendasco

 

21 febbraio 2022

LOISI CONFALONIER 1547

Loisi Confalonier 1547
FEUDATARIO  PASSATO ALLA STORIA
Da Calendasco a Piacenza nel PLAC

di Umberto Battini
    storico locale/agiografo di San Corrado Confalonieri

PallavicinoLandiAnguissolaConfalonieri
Il famosissimo quartetto, che dai cognomi dei feudatari congiurati, venne passato alla storiografia con l’iniziale del loro cognome e da qui il PLAC (che era anche l’abbreviazione però riferita a Piacenza, sulla moneta coniata dal povero assassinato).
Tra i maggiori nobili piacentini era appunto anche Giovanluigi Confalonieri castellano e feudatario di Calendasco; Giovanluigi amava Calendasco, quel piccolissimo borgo a due passi dal fiume Po e a quattro passi dalla città.
E’ molto interessante un fatto: i quattro del PLAC per “passare” la città all’imperatore Carlo V si unirono in congiura per disfarsi del dominio Farnese.
Era stato nominato a capo del ducato di Parma e Piacenza il figlio di papa Paolo III Farnese, cioè Pierluigi. Tralascerò di entrare in dettagli o diatribe storico/politiche che nel tempo e fino al tutt’oggi ci sono tra gli storici: cioè se questo omicidio abbia o meno portato benefici alla città di Piacenza.
Pierluigi Farnese in un ritratto del Tiziano e il castello dei Confalonieri a Calendasco

Noi di Calendasco vantiamo nei Confalonieri appunto due insigni personaggi: uno è il santo francescano Corrado (nato nel castello del paese nel 1290) e appunto Giovanluigi, congiurato nel 1547.
Stessa casata ma due stoffe diverse, anche se, nei carteggi d’archivio di Stato che ho potuto visionare mai mi è apparso un fatto negativo di questa casata dei Confalonieri nei confronti del bene del paese di Calendasco che dominavano in tutto il suo circondario, ma anzi apparivano molto ben disposti verso la gente e l’arciprete che reggeva la loro parrocchia.
L’assassinio avvenne il 10 settembre 1547. Il papa stesso aprì un’indagine. Qualche anno dopo Piacenza tornò nelle mani dei Farnese ma per la confisca dei beni del congiurato ci vollero quasi 30 anni! E l’unica vendetta dei Farnese sul Confalonieri di Calendasco fu che lui dovette andare a vivere fuori dal ducato, e si scelse Milano dove fu creato Capitano di Giustizia! Ed i proventi della vendita del castello di Calendasco e di tutto il suo ricco feudo, furono versati dal Landi direttamente a Giovanluigi. Ed il Landi fu per Calendasco un degno feudatario successore dei Confalonieri. Ma in un prossimo mio lavoro, un voluminoso libro/studio si conterranno anche documenti e più precise notizie su questo ed altri fatti che fan bella la nostra terra, ricca di storia e aneddoti dimenticati.
 
Umberto Battini 
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20 febbraio 2022

PATRONALE 2022 LE FOTO

DOMENCIA 20 FEBBRAIO 2022
LA FESTA DEL PATRONO
SAN CORRADO CONFALONIERI
Calendasco
 
Alla messa solenne presenti autorità locali e il Sindaco del paese natio di San Corrado. Presiede la santa messa padre Secondo Ballati ofm superiore del convento e del santuario mariano di Piacenza di Santa Maria di Campagna coadiuvato da don Fabio Battiato parroco di Calendasco.
La reliquia è esposta all'altare antico del Patrono ove svetta il quadro del Santo con lo sfondo dell'incendio.
Dalla parte opposta la statua antica di oltre 100 anni fa con accanto il Cilio grandissimo donato dai Netini nel 2015.
Nell'abside svetta l'affresco con Cristo in croce con al fianco S. Corrado ed anche sulla parete laterale l'altro grande quadro di S. Corrado.
Fotografie di Umberto Battini
 

19 febbraio 2022

ARTICOLO 19 FEBBRAIO 2022

AMICI DEVOTI
ECCO IL MIO ARTICOLO APPARSO SUL GIORNALE ILPIACENZA.IT
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Anche al solo pronunciarla, in latino, si capisce che questa breve frase non promette nulla di buono: damnatio memoriae, dannazione della memoria, cioè la cancellazione di ogni traccia che riguardi una persona, come non fosse mai esistita. Ce lo spiega bene il dizionario Treccani da dove derivi questo fatto e cosa riguarda. Il nobile piacentino Corrado dei Confalonieri, che è da secoli venerato come santo, ne ha avute ben due, un record imbattuto tra i santi d’ambito locale qui a Piacenza.

La prima dannazione perpetua, che avrà poi dei risvolti storici sulla sua stessa vita pubblica e poi da convertito come penitente tra i francescani, la ottiene verso l’anno 1315. Siamo in pieno medioevo quando la terra piacentina era diventata dominio milanese e sottoposta al duro governo di Galeazzo Visconti, ghibellino temibile e nemico giurato di guelfi e papalini.

A dargli però la damnatio sarà la sua stessa famiglia di appartenenza: i Confalonieri, guelfi e militi del vescovo locale, che erano a capo delle truppe come capitani e portatori del confalone della chiesa con privilegi ed esenzioni notevoli. Una casata molto prolifica, divisa tra la città di Piacenza e le due vallate, quella del Val Chero e l’altra della Val Tidone. Spicca tra la documentazione medievale il feudo di Calendasco e del suo maniero, che i Confalonieri abitarono per circa tre secoli e che dava al più anziano il titolo di capitano del castello, come ben mostrano le carte.

Non era raro che un nobile caduto in disgrazia fosse depennato dalla famiglia, i libri storici ne son pieni, e anche a San Corrado toccò questo sfregio umiliante: dovuto all’incendio che causò durante una battuta di caccia nei dintorni del feudo di Calendasco, dove nacque nel 1290.

Per stanare la selvaggina tra i rovi e la boscaglia fa appiccare piccoli fuochi che però, data la stagione calda in breve tempo vanno a carbonizzare campi di frumento, boschi e qualche piccola cascina agricola comprese le stalle con gli animali. Un danno economico ingente, siamo nel 1315.

Gli sgherri inviati dal Visconti catturano un contadino e lo portano in città perché sia condannato alla forca e così Corrado preso dal rimorso, corre a Piacenza e fa pubblica ammenda: il fatto di esser un nobile gli salva la vita, però deve risarcire tutto il danno.

Tocca ai suoi famigliari raccoglier la somma e liquidare Corrado che così può far fede a questa ammenda, ma si ritrova povero di tutto, denigrato, abbandonato e cancellato dalla memoria dei Confalonieri. Si fa penitente terziario francescano nel piccolo ospitale, poco discosto dal borgo, dove dopo circa dieci anni partirà per la Sicilia, arrivando a Noto, dove ha vissuto da eremita in santità mentre la consorte diventava monaca tra le clarisse di Piacenza.

La seconda damnatio, ancor più feroce, viene procurata alla memoria di Corrado quando ormai è santo per la Chiesa, ma ancora il suo culto deve esser divulgato fuori dalla Sicilia. La cancellazione della sua memoria tra i santi piacentini durerà fino al primo 1600 e sarà voluta dai Farnese ed anche da papa Paolo III Farnese.

Ecco come questa mannaia si ritorce sul culto di San Corrado: nel 1547 i quattro congiurati di Piacenza, cioè i nobili Pallavicino, Landi, Anguissola e Confalonieri uccidono a Piacenza, il Duca Pierluigi Farnese, figlio di papa Paolo III. Dagli atti della confisca farnesiana che poi si abbatte su questi casati, sappiamo che Giovanluigi Confalonieri, congiurato, era partito per il fatto di sangue dal castello di Calendasco dove viveva come feudatario e milite vescovile.

I Farnese da quel 10 settembre 1547, data dell’uccisione, impiegheranno ben quasi quarant’anni per giungere alla vendetta contro il Confalonieri di Calendasco che, finalmente per loro, nel 1590 se ne parte con la famiglia e va esule a Milano. Dove però Giovanluigi è accolto con grandissimi onori, ma questa è un’altra storia.

Ovviamente i Farnese non permisero che il culto di San Corrado, vanto della casata Confalonieri, fosse divulgato nel Piacentino: si dovranno attendere le lettere scritte da Noto nel 1610 dai Giurati netini per aver più precise informazioni circa il santo. Una lettera al Duca Farnese (che se ne lava le mani) una ai Giurati di Piacenza (che faranno una piccola ma accurata e fruttuosa indagine) e una al Vescovo che farà conoscere della nascita del santo di Calendasco.

Con il trasferimento del ramo dei Confalonieri di Calendasco e Val Tidone a Milano, i Confalonieri rimasti dell’altro ramo di discendenza, che manterranno ottimi rapporti con i Farnese, non metteranno mai il becco in questa questione.

Grazie comunque al Confalonieri più anziano, Luigi, si riesce a far breccia nella damnatio farnesiana e si costruisce nel 1613 una cappella al Santo con affreschi in cattedrale a Piacenza, come culto devozionale. Mentre a Calendasco e si badi bene, solo lì, verrà concesso il Patronato e dal 1617 con il Legato Sancti Conradi sarà eretta un cappella dedicata. L’atto redatto in curia vescovile in città è approvato e firmato dal vescovo mons. Claudio Rangoni, che anche fa scrivere dal notaio che “dopo accurata indagine sulla vita da laico di San Corrado si è giunti alla conclusione che nello stesso luogo di Calendasco il santo ha tratto la sua origine terrena e che da anni ormai sempre lì gli abitanti gli tributavano un culto speciale”.

In poche parole possiamo dedurre che a Calendasco, feudo Confalonieri per circa trecento anni, qualche anno prima di questi fatti del 1600, si sapesse della raggiunta santità di Corrado nato nel castello nel 1290, riapparso degnamente dalle nebbie delle due dannazioni della memoria e che riecheggiano nel quadro seicentesco della chiesa e nello stemma Confalonieri che a centinaia ancora resta dipinto sul cassonato del salone superiore del maniero.

San Corrado visse come eremita in una grotta nella Valle dei Tre Pizzoni in quel di Noto e lì morì il 19 febbraio del 1351. Il suo miracolo maggiore è la comparsa “dal nulla nella grotta di roccia” di piccole pagnotte calde che donava ai visitatori attoniti. Il suo ricordo è vivo ovviamente a Calendasco dove è patrono da oltre quattro secoli e dove si venerano due reliquie insigni donate addirittura dai vescovi di Noto nel 1907 e nel 1927.

Umberto Battini

 

10 febbraio 2022

LETTERA DA ENRICO CONFALONIERI

GIUNTA A UMBERTO BATTINI VIA MAIL
CON LA RICHIESTA DI GIRARLA A TUTTI I NETINI
E FEDELI DI SAN CORRADO

La Lettera è stata portata a conoscenza di tutti i Netini e non solo e pubblicata su TUTTOSUNOTO seguitissimo social facebook e anche sul quotidiano NOTONEWS il 10 febbraio 2022

Enrico Confalonieri discendente della casata del ramo Val Tidone di Piacenza (quello di San Corrado e dei famigliari di Calendasco come da atti archivio) e ha inviato un suo saluto per questo anno in occasione di San Corrado perché causa Covid non verrà in Italia. Solitamente è presente a Calendasco (città natale di Corrado Confalonieri) ogni anno, così come a Roma con i Netini per festeggiare il Santo Patrono con l’Associazione Netini di Roma.

“Dalla provincia di Calendasco della nostra amata Piacenza che ha acceso la luce della vita del nostro Patrono, alla cittá di Noto della bella Sicilia che ha visto spegnersi la luce. Dall’´imponente castello di Calendasco all´umile eremo della valle del Pizzone. Dalla semplice Chiesa di Santa Maria Assunta di Calendasco, alla maestosa cattedrale di Noto, che celebrino e facciano sentire la gioia trattenuta in tutto questo tempo! Si facciano sentire forte la gola cantare l´inno a San Corrado perché sappia che lo amiamo e che continueremo ad amarlo per tutte le grazie concesse e per essere sempre con noi proteggendoci !  

Non importa dove siamo, Corrado é sempre con noi e ascolta quando gli parliamo, perché le nostre preghiere sono un dialogo con lui. Manteniamo viva la fede e l´amore e ringraziamo il Signore per averci dato la grazie di avere il nostro Santo Patrono. Con tutto il mio affetto ai Signori Portatori dell´Arca, ai Signori Portatori dei Cili ed a tutti i devoti Piacentini e Netini e da tutto il mondo!”.

da NOTONEWS

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IL PO IN SECCA INVERNALE

COMPAIONO IMMENSI SABBIONI
come il Grande Fiume mostra solo in estate
 
Un gennaio ed un febbraio diversi dal solito per il PO, infatti questa secca particolare invernale sta portando alla luce spiaggioni immensi che si possono vedere solo in estate.
Nella foto si vede l'immensa distesa posta davanti allo sbocco del fiume Lambro in PO davanti a Boscone Cusani di Calendasco.

 

8 febbraio 2022

L'USURAIO DI PIACENZA

IL MIO ARTICOLO APPARSO SU ILPIACENZA
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L’usuraio che provocò la ribellione dei piacentini contro il clero

Nel 1478 morì Francesco Pezzancheri: gli omaggi della Chiesa alla sua scomparsa non piacquero al popolo piacentino, che subiva le sue ritorsioni. La protesta sfociò in alcuni episodi raccapriccianti.

E' un fatto reale e ben documentato, che ha il suo epilogo davanti alla chiesa di San Pietro a Piacenza e che ci mostra come il clero e il potere del tempo chiudesse gli occhi davanti ai peggiori uomini, per il fatto che traevano beneficio. Però stavolta dovettero restare zitti ed impotenti davanti alla ribellione della gente.

Questo fatto ha inizio il 3 maggio del 1478 a Piacenza: in questo giorno muore un certo Francesco Pezzancheri, soprannominato dal popolo Baiamo, che le cronache dicono esser stato “usuraio infamissimo e furfante” e che però “prestava denaro” anche a preti, a religiosi ed ai nobili cittadini. I quali chiudevano un occhio poi sulle sue ritorsioni contro i poveracci a cui aveva dato in prestito denaro con interessi esorbitanti. In quei secoli l’usura era condannata apertamente dal clero e anche dalle leggi secolari, per questo il popolo vide maggior scandalo.

Infatti i frati francescani presero il morto e lo vestirono del loro saio e lo portarono nella chiesa di S. Francesco in piazza e gli tributarono esequie solenni. La gente, per derisione ai frati e al defunto, corse a prender pezzi del panno del suo abito da sepoltura come fosse una reliquia e, come altro scherno, se ne facevano beffe dicendolo santo.

Nel frattempo in quei giorni anche tanti carcerati fuggirono dalla prigione cittadina e anche questo fu in modo ironico attribuito al “santo usuraio”. Il cadavere venne quindi sepolto nel chiostro del convento, quello del quale ancor oggi possiamo vederne una piccola parte da piazzale Plebiscito, con indignazione popolare alle stelle, mentre covava sotto la cenere una tremenda vendetta.

Pochi giorni dopo, a Pentecoste, cominciarono dei tafferugli presso la chiesa francescana da parte di centinaia di piacentini che il giorno dopo portarono ad un fatto increscioso: le cronache dicono che ben quattromila giovani più altri popolani, forse cifra gonfiata ma significativa, andarono gridando “Baiamo Baiamo!” al chiostro e tolte le due piastre del sepolcro cavarono il corpo ormai in putredine dell’usuraio.

Lo legarono con una corda per il collo e lo tirarono in piazza davanti alla casa di Francesco Maletta che era il commissario ducale qui a Piacenza per il duca Galeazzo Maria Sforza di Milano e che passava buon tempo ed amicizia con l’usuraio. Non ci fu nessun intervento della milizia piacentina, per evitare guai maggiori da quella inaspettata sommossa.

Leggiamo che era una giornata di pioggia intensa, ma la furia della gente non si spense ancora e tirarono il fetido corpo fino alla chiesa di San Pietro, dove accanto abitava la moglie del morto con i suoi figli. Ebbe inizio l’atto più violento. La gente imprecò e lanciò maledizioni a quel cadavere che venne poi calpestato, tagliato a pezzi e per mano di una vecchia, che fu tra le vittime dello strozzino, gli fu fracassato il cranio con una legnata. Questa la raccapricciante scena rinchiusa nelle cronache antiche.

La sevizia a quel misero corpo dilaniato finì poi presso la chiesa cittadina di Santo Spirito, dove ciò che ne rimaneva venne miseramente appeso ad un albero e in quel modo, sbollita la rabbia popolare, a Piacenza si tornò alla quotidianità, con buona pace di potenti e religiosi che volevano tributare onori ad un personaggio molto discutibile e di certo impopolare.


6 febbraio 2022

VIDEO CORRADIANO

UN BREVE VIDEO  

SPIEGA IL QUADRO DEL 1600 DI SAN CORRADO 

nella chiesa di Calendasco

 

4 febbraio 2022

NOTO 2022

IL PROGRAMMA DI SAN CORRADO
A NOTO NEL MESE CORRADIANO
 

3 febbraio 2022

2022 SIRACUSA E PACHINO

IL PROGRAMMA DELLA FESTA A SAN CORRADO
A SIRACUSA E PACHINO

1 febbraio 2022

FEBBRAIO 2022

MESE DI FEBBRAIO
SAN CORRADO CONFALONIERI
IL PATRONO 
foto da facebook TuttoEremoSanCorrado
Il primo febbraio di ogni anno porta l'apertura del mese nel nome del Patrono San Corrado Confalonieri da Calendasco piacentino.
Dalla Città di Noto e dall'Eremo Santuario Fuori le mura passando per Pachino, Avola, e per Siracusa dove al quartiere della Mazzarona c'è la grande chiesa dedicata al Santo Eremita, si cominciano le celebrazioni che porteranno alla festa solenne del 19 febbraio.
Il fulcro della solennità patronale rimane certamente la santa messa in onore di S. Corrado che purtroppo anche per questo anno non potrà avere la grandiosa processione causa l'epidemia del covid che per fortuna sta lentamente sparendo.
L'ultima grande processione è stata quella del 19 febbraio 2020 e quasi per un messaggio del Cielo, durò quasi cinque ore d'orologio, come se San Corrado volesse stare tra la sua gente di Noto il più possibile perchè poi sarebbe arrivato il fatto del covid.
Ma intanto sappiamo come è stato già nello scorso anno, che non verranno a mancare momenti religiosi importanti e uno di questi rimane l'Omaggio Floreale alla statua del Santo: quella in città e quella nel piazzale del Santuario.
Il Santuario fuori le mura rimane uno dei luoghi principe del culto di venerazione per il fatto della santa grotta corradiana che ospitò in vita e fino alla morte il Patrono; in cattedrale a Noto certamente si vivrà il mese con la santa messa giornaliera che vedrà esposta la reliquia del braccio che nel 2020 ha compiuto i 70 anni da quando è stato realizzato in argento e donato dal popolo devoto netino appunto nel 1950.
In cattedrale poi c'è l'Arca con il  Santo Corpo dell'Eremita che certamente verrà poi esposta alla vista dei fedeli per rendere questa vicinanza ancora più sensibile, avendolo lì sotto agli occhi e potergli parlare.
Anche nei luoghi dove San Corrado è amato si preparano eventi religiosi nell'attesa della festa del 19 febbraio, e appunto come ben detto sappiamo che avviene ad Avola, a Pachino e a Siracusa per quel che riguarda la Sicilia, ma senz'altro anche da altre parti ci saranno momenti corradiani.
La solennità sarà di certo festeggiata degnamente a Roma dal folto gruppo di netini, a Calendasco dove nacque ed è Patrono da più di 400 anni, e anche i Netini del Nord così come nelle chiese francescane del Terz'Ordine e non solo ed anche a Toronto in Canada dove sappiamo essere un gruppo di fedeli netini lì abitanti che con i cilii ed una bella statua e con l'esposizione del reliquia fan festa a San Corrado Confalonieri.

E cu' tuttu lu cori ciamamulo!