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25 ottobre 2021

MIRACOLI DEL 1432

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I tanti fedeli piacentini che hanno ricevuto una grazia dalla Madonna a Caravaggio
 

23 ottobre 2021

MIRACOLI MARIANI

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FATTI INCREDIBILI

I MIRACOLATI PIACENTINI

DELLA FONTE DI CARAVAGGIO

NEL 1432

di Umberto Battini

Tra le decine di veri e propri miracoli elencati in un antico libro, spiccano anche i nomi di persone piacentine, che senza dubbio dopo aver conosciuto di quella apparizione mariana che ebbe quindi una bella eco fin qui a Piacenza, proprio da quel tempo si portarono fino a Caravaggio in cerca di una grazia.

Raccolti in un volume stampato a Milano nel 1635 “Historia e origine della famosa Fontana della Madonna di Caravaggio” sono una serie di fatti miracolosi trascritti dall’archivio storico del Santuario avvenuti a partire dal 16 maggio del 1432 quando avvenne l’apparizione ad una giovane donna di nome Giannetta. Sfogliandolo si possono leggere le testimonianze coeve di grazie ricevute da piacentini devoti della Madonna accorsi in quel luogo e che crediamo anche non senza dispendio di energie inquanto per quel tempo, intraprendere il pellegrinaggio da Piacenza fino a Caravaggio era un vero e proprio lungo viaggio di oltre sessanta chilometri che quindi si risolveva in non meno di due o tre giorni.

Troviamo citati fedeli di Fiorenzuola d’Arda, di Alseno, Piacenza e Santimento e vediamoli nel dettaglio, anche perchè il miracolo ottenuto non era certo qualcosa da poco, perlomeno a prestar fede a questi testimoni. Il 14 agosto 1432 quindi dopo solo tre mesi che si era verificata l’apparizione, accorre alla fonte miracolosa della Vergine di Caravaggio un certo “Giovanni di Fiorenzuola essendo sordo” da oltre quattro anni e lavando alla fonte le orecchie dalle quali sentiva solo “se non si gli metteva la bocca all’orecchio” recuperò immediato l’udito e ne lascia testimonianza.

Il 20 settembre 1432 “Giovanna, moglie di Bartolino dei Nicelli di Piacenza” di circa 40 anni fu liberata da una febbre che la assillava da almeno tre anni e mentre sulle prime il marito incredulo non voleva lasciarla andare “finalmente suo marito le promise di condurla alla detta Fontana” e come testimoniò venne liberata dalla febbre e anche da altre infermità. Da Fiorenzuola andò anche “Copina, moglie di Zanino Bosoni” che da tempo usava le grucce per il fatto che “talmente pativa nell’anca, coscia e gamba e piede sinistro” ma dopo che si fece lavare alla fontana iniziò a camminare liberamente e sono testimoni il padre dello sposo Antonio Bosoni e Albertino di Borgo sempre al giorno 14 agosto 1432.

E dopo aver appreso degli avvenuti miracoli il 3 settembre di quell’anno anche “Sibillina di Fiorenzuola di circa 60 anni” che era storpia nel braccio destro se ne andò a Caravaggio e dopo essersi lavata alla Fonte “fu liberata testificando ciò un suo figliolo e un nipote”. Così anche da Alseno si reca a chiedere guarigione “Franceschina moglie di Antoniolo Cappellaccio” che era “inspiritata da tanto tempo” cioè indemoniata e dopo che venne lavata nella fontana “fu abbandonata da quei maligni spiriti e liberà si partì” era il 15 agosto sempre di quell’anno. Un’altra indemoniata era “Giulia Franchi, moglie di Paolo Emilio Boselli Piacentino” che “era obsessa per spazio di un anno e mezzo da maligni spiriti” e quindi dopo essersi votata alla “Madonna della Fontana di Caravaggio” fu “esorcizzata il primo di maggio 1615” e “alli 8 di giugno venne col marito a render grazie... e a dar viva voce, e piena relazione del fatto”.

Anche il figlio di “Saio di Santimento di quattro anni e che non camminava fu portato alla Fonte miracolosa e immerso in quell’acqua “fu liberato e camminò così testifica sua madre il 28 agosto 1432”. Da Piacenza “Giacopo Fassina” conduce alla fontana presso il Tempio della Beata Vergine Maria la figlia “che non solo era paralitica ma anche aveva perduto un occhio e ne uscì del tutto liberata”, il che fa supporre in quel “del tutto” che oltre a camminare le tornò la vista all’occhio.

Questo è tutto quello che abbiamo potuto conoscere dal libro che raccoglie tanti miracoli dei più vari e di malati provenienti da tanti luoghi d’Italia e che ovviamente trovavano alloggio presso l’ospitale che sorgeva vicino al santuario con la speciale fonte infatti ancora nel 1600 “il suddetto Pio luogo della Fontana mantiene ancora un Hospitale in Caravaggio, nel quale si curano gli infermi e si alloggiano i Pellegrini e pure si allevano gli esposti fino a buona età”.

L’archivio antico di quel luogo possiede queste testimonianze ben trascritte e conservate, purtroppo non sappiamo se negli archivi piacentini delle chiese cui appartenevano questi miracolati, dopo il loro ritorno da sanati, ci siano carte che ricordino questi fatti che già a quel tempo fecere comunque scalpore, e bisogna per onor del vero ricordare che fino circa a un secolo fa nella diocesi piacentina non poche erano le chiese che avevano una cappella dedicata alla Madonna di Caravaggio con ottime pitture e la statua della Vergine con la giovane Giannetta inginocchiata ai suoi piedi con la fonte appena scaturita, e sicuramente una devozione che ha un ricco repertorio storico come appunto sono queste incredibili e sconosciute testimonianze piacentine.

Umberto Battini

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18 ottobre 2021

NOTO IL SINDACO

ELETTO IL NUOVO SINDACO DI NOTO
E' IL DOTT. CORRADO FIGURA
Nel 2015 era anche lui qui a Calendasco
in visita ai luoghi corradiani
 
Corrado Figura Sindaco di Noto
Auguri di buon inizio mandato in qualità di Sindaco della Città di Noto al nuovo eletto il dott. Corrado Figura ed anche già Portatore di San Corrado.
A Calendasco in occasione del dono del Cilio alla parrocchia del borgo natio del Santo Patrono nel febbraio 2015 a cura dei netini era anch'egli presente e visitò i luoghi principe della vita del Santo: castello dei Confalonieri, romitorio ospitale del ritiro dopo la conversione e la chiesa.
Da Calendasco quindi un augurio di buon lavoro e con la certa speranza che quel primo contatto di gemellaggio tra Calendasco e Noto posso avere ancora ulteriore sviluppo.
 
FOTO DA FACEBOOK 

15 ottobre 2021

LA LISTA DELL'INQUISITORE DEL 1309

QUI L'ARTICOLO
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LE SPESE DELL’INQUISITORE
DEI TEMPLARI PIACENTINI
NELLE PERGAMENE DEL 1309

di Umberto Battini

E’ un lungo elenco davvero incredibile ed anche poco e nulla studiato quello presentato nell’anno 1309 dall’inquisitore generale dei Templari di Piacenza il frate domenicano fra Guglielmo da Genova e inviato personalmente qui dal papa.
Infatti dopo il sequestro dei beni mobili ed immobili dei cavalieri del tempio, cioè sia delle somme ricavate dai beni agricoli che dal fitto di proprietà, eseguito nel 1308 e che il frate ebbe a gestire di persona, presenta l’anno dopo anche una dettagliata lista dei ricavi e delle spese e non trascura veramente niente come vedremo. 
 
Per chiarezza diciamo subito che l’inquisitore che era  residente in Piacenza è stato autorizzato ad agire sui beni dei templari come detto piacentini, su quelli di Tortona e zona pavese, su quelli di Parma e di Cremona, e noi tratteremo del resoconto spese piacentino che riguardava la città, la domus di Cotrebbia e quella appena di là dal fiume Po di Castelnovo, delle terre dei Ronchi sempre dette in Castelnovo (di Somaglia per intenderci) sede già degli accampamenti del Barbarossa nel 1154 e la domus con chiesa a Fiorenzuola d’Arda.

Le preziose originali pergamene sono a Ravenna, dove si svolse il processo ai cavalieri emiliano-romagnoli e trascritte sempre in latino in un libro da un eruditissimo studioso e appunto da qui andremo a estrapolare le voci di spesa più curiose e strane, sicuramente poco conosciute, infatti della faccenda risalta sempre e solo il fatto processuale
Il 20 novembre 1309 l’inquisitore ci presenta il rendiconto (il Ratiocinium) degli introiti come amministratore dei beni dei Templari “Ratiocinium inquisitoris in Placencia... Infrascripta omnia recepta sunt de bonis Templariorum in Placentia...” e qualche giorno dopo il 24 di novembre l’elenco delle spese da lui sostenute (expense facte) per tale questione, per intenderci la lista delle entrate ed uscite in soldoni sonanti  “Infrascripte sunt expense facte per me fratem Guilielmum Ordinis Predicatorum Inquisitorem hereticorum pro factis et negociis Templariorum in Placentia”.

Estrapoliamo alcune voci, tra queste quella del costo delle pergamene sulle quali andavano scritti dal notaio gli atti compiuti “Item in papiro pro scribendis negociis eorumdem”; ricorrono varie spese di quando prese possesso dei beni di Cotrebbia posti oltre il Trebia andandoci con tanti frati e i notai “item eodem diem quando ivi ultra Trebiam cum pluribus fratribus et officialubus ad intrandum possessionem”.

E poi la spesa per mantenere tre sentinelle (custodibus), a voltre quattro o due, nelle varie fattorie (mansiones) e a guardia dei prati, ad esempio Cotrebbia aveva dodici mansi e anche ai terreni era necessaria la guardia perchè alcuni di essi erano stati rovinati di proposito come avevamo letto dagli atti dell’esproprio “item tribus custodibus mansionis et pratorum”; elenca le varie spese sostenute per andare a Fiorenzuola con ovviamente tutto un seguito “item quando ipso Inquisitor ivit Florenzolam” ed anche quando mise uomini di custodia in quel luogo e quelle per andare a Castell’Arquato.

Tra le spese l’inquisitore indica la voce “pro rasura” cioè per il barbiere che gli aveva fatto la chierica a lui ed ai suo soci: badate bene che anche una spesa irrisoria come questa viene messa sul groppone del mandato ufficiale ricevuto dalla curia papale. 
 
E’ ben risaputo il fatto che nel convento ove abitava, delle tonsure se ne occupava un frate e senza dover spendere un soldo, ma tant’è si vede che era un frate probabilmente pignolo “item pro rasura mei et socii” e così uguale per comprarsi le calzature nuove per lui e il vice inquisitore fra Giacomo di Montedonico “item in calceis pro me et socio”.
Dalla lista, riga dopo riga, riusciamo anche a comprendere un avvenimento storico accaduto al templare Giacomo da Fontana che viene rimborsato dall’inquisitore per certe varie spese e beni di 100 fiorni d’oro: ebbene sappiamo che il vecchio frate templare venne ad un certo punto aggredito dai sicari di Versuzio Landi e sgherri del Visconti e derubato di ben 80 fiorini d’oro. Così leggiamo “item ipsi frater Jacopo de Fontana totaliter expoliato... pro vestibus et lectualibus quam eciam pro suis infermitatibus...et aliis suis necessitatibus et victu” per un anno intero e quindi gli fu data per pecunia la somma di “centum florinos aurey”.

Non manca la spesa per mettere uomini di guardia ai beni immobili, quali ad esempio la domus di Cotrebbia e per portare là del vino per il servo “item in vino portato ultra Trebiam pro servitore nostro” e quella per far falciare, raccogliere e riporre il fieno “item pro feno secando, coligendo et reponendo in cassina...” con tante altre varie spese per far lavorare i terreni e per portare i prodotti agricoli in città. Ma addirittura “item pro reparacione muri et porte que cecideret” cioè per sistemare muri e porte che cadevano, per il tetto di un mulino, insomma era anche un ottimo amministratore il nostro inquisitore che provvedeva al buon mantenimento dei beni a lui affidati.
Una spesa che ricorre più volte volte è quella della nave per andare da Piacenza a Cremona e viceversa “item de Cremona in Placentiam in navi” cosa che ci fa comprendere come fosse navigato il fiume Po; spese varie tra cui la riparazione di una sella, visto che si viaggiava a cavallo “item pro reparacionem sellarum” e anche per ferrare un cavallo “item pro feratura unius equi” così come per la paga del suo servo personale “item famulo nostro pro salario suo” ed altre per uomini suoi sottoposti.

Sorprende la spesa per mantenere gli ex-templari alcuni dei quali ridotti in miseria, ai quali lui deve provvedere vitto, alloggio e vestimento sia piacentini che cremonesi “item pro necessitatibus trium Templariorum quos habeo Cremone”. Non manca anche di farsi rimborsare quando ha celebrato messa nella chiesa templare di Sant’Egidio a Piacenza in quella festa con concelebranti “item in Festo sancti Egidii pro me et hiis qui mecum venerunt ad celebrandum ipsum” e ovviamente le spese in diversi tempi dell’anno, per mandare i messi in vari luoghi e città quale ad esempio Milano e il rendiconto sulle expense facte continua in modo interessante.

Il nostro inquisitore insomma non ha gravato minimamente sul bilancio del convento dove era ospitato, quello domenicano di S. Giovanni in Canale, e con dovizia presenta una semplice, lunga e chiara lista delle spese, che abbiamo proposto solo per alcune parti ma che meriterebbe uno studio accurato e mirato perchè come si intende, si può meglio comprendere quel periodo storico e affascinante della città di Piacenza e anche sarebbe curioso sapere dove vennero inviati i denari in attivo risultanti dal conto.

Umberto Battini
 

13 ottobre 2021

1309 LA LISTA DELL'INQUISITORE

LEGGETE DAL LINK
IL BELL'ARTICOLO SULLA LISTA
DELLE SPESE DELL'INQUISITORE
DOPO LA CONFISCA AI TEMPLARI
DI PIACENZA
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articolo del 13 ottobre 2021 
 
 
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clicca qui la purgatio 1311 Piacenza
 

 

11 ottobre 2021

MIKE BONGIORNO A CALENDASCO

ERA IL 1965
INVITATO DALLA PRO LOCO
A CALENDASCO MISTER "ALLEGRIA"

Per il Festival del Po di musica leggera al quale participarono cantanti locali e delle provincie vicine, e questo fatto organizzato dai nostri compaesani merita di esser ricordato
Ecco il breve articolo apparso sul quotidiano piacentino.

9 ottobre 2021

CALENDASCO ANNO 1890

GUERRA AL BALZELLO
CALENDASCO NON E’ IL PAESE DI BENGODO

Cronaca politica dell’anno 1890

di Umberto Battini

Al termine dell'articolo trovi anche il testo originale leggibile

Divertente aneddoto socio-politico tratto da “Il Comune giornale settimanale di Piacenza” dell’anno 1890 dal quale deduciamo che in quel periodo la “quietissima borgata... [di] Calendasco non è parente col paese di Bengodo, le cui siepi fiorivano cotechini e salsiccia...”. Eravamo nel mese di novembre e si stavan preparando le nuove elezioni comunali e il cronista afferma che “qui i lavoratori ottenevano lavoro e pane per tutto l’anno, oggi si trovan quasi ridotti al lumicino per le infinite gravezze che il governo impone agli agricoltori, e appena riescono a trascinare innanzi la vita”.

Un periodo quindi veramente nero dal punto di vista economico per le famiglie che vivevan a Calendasco e nel territorio comunale, prevalentemente di lavoro agricolo e si portano per esempio i grandi danni causati dalle piene del fiume Po che strappa grandissime quantità di terreni utili al lavoro agricolo, soprattutto nella zona di Cotrebbia e Malpaga, che sono due odierne modeste esistenti frazioni.

Continua l’autore del pezzo che si firma solo con una T maiuscola: “Come sapete, dal lato di Cotrebbia il Po mangia ogni anno intiere possessioni, ed il Governo - che butta tanti denari in Africa e in banchetti e conferenze - lascia mangiare e nulla tenta per frenare questo tremendo lavoro di distruzione”.

Appare chiaro che il Po - come ancor oggi fa ma molto meno inquanto regimentato dall’argine maestro - tenta di erodere le sponde fluviali durante le piene e con la forza della corrente dove esonda appunto mangia, come scrive l’autore citato, terra bonificata e lavorata, a quel tempo esisteva un argine molto basso.

Leggiamo: “Quei di Calendasco non voteranno pei ministeriali e pei moderati - che è la stessa cosa - perchè qui son tutti tacitamente d’accordo di seguire quella bandiera che porti il motto: guerra al balzello”.

Un chiaro richiamo politico con un altresì chiaro esempio di malgoverno che stando a quanto qui ben descritto, lasciava ognuno ai propri crucci locali e senza ovviamente prestar orecchio al disagio enorme che recava ai lavoratori e quindi alle loro famiglie costrette a povertà. 

Ma lascio ad ognuno di leggere questo breve testo, curioso e ben scritto con un ottimo stile critico che in quel secolo andava direttamente al sodo senza piroette ed in più rende maggiormente ricca la nostra storia locale fatta anche di questi sconosciuti e dimenticati accadimenti e che con piacere porto a pubblica conoscenza.

Umberto Battini

studioso di storia locale

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5 ottobre 2021

PO LA PIENA DI OTTOBRE

LA PIENA DEL PO
Immagini del Masero di Calendasco

Alla mattina una discesa inconsueta di legname senza schiuma, mentre al pomeriggio Po cresciuto e discesa delle schiume.
Martedì 5 ottobre le pioggie cadute sul Piemonte sono arrivate dagli affluenti al Po che è andato in una piccola piena.

foto Umberto Battini
 

 





 

3 ottobre 2021

DANTE A PIACENZA

CORREVA L'ANNO 1320
ECCO IL LINK DELL'ARTICOLO
SU QUESTO EPISODIO STORICO
articolo di Umberto Battini
Dante a Piacenza nel 1320 tra incantesimi e magia
scorri la pagina e leggi
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DANTE A PIACENZA NEL 1320
TRA INCANTESIMI E MAGIA
 
di Umberto Battini

Nell’anno centenario di Dante sbuca fuori una notizia che per Piacenza è davvero incredibile e che abbiamo voluto capire andando a spulciare fonti scritte che l’hanno trattata. Tutti gli storici e studiosi che ne hanno parlato lo han fatto su riviste e libri abbastanza di nicchia cioè non d’interesse popolare ed è per questo che la notizia ha un sapore ancor più curioso essendo avvenuta l’anno prima della sua morte.
Pare infatti che Dante Alighieri nel 1320 fosse a Piacenza: la cosa è già una notizia in se ma quello che strabilia è che era qui in città in qualità di “mago” per preparare un sortilegio malefico, e colui che doveva esserne colpito a morte era niente di meno che il papa del suo tempo Giovanni XXII residente ad Avignone.

Abbiamo voluto seguire questa notizia sfogliando le fonti attendibili e storiche dove noteremo una certa difficoltà ad accettarne il fatto, non fosse altro per la strana e insolita veste che al Sommo Dante viene affibbiata ed è per questo che le citeremo e confronteremo per verità di cronaca. Fatto sta però che c’è una fonte inattaccabile su tutti i fronti: una pergamena conservata nell’Archivio Vaticano e rinvenuta, pubblicata e studiata da Giuseppe Iorio nel 1895 che si riferisce ad una testimonianza giudiziale contro ai milanesi Matteo e Galeazzo Visconti quest’ultimo signore temibile di Piacenza e soprattutto lo fu con la parte nemica “guelfa” come è noto.

Sul Giornale storico della letteratura italiana del 1883 la nota bibliografica dice “G. Iorio, Una nuova notizia sulla vita di Dante, desunta da una pergamena dell’Archivio Vaticano che reca due atti notarili in data 9 febbraio e 11 settembre 1320, facenti parte del processo istituito contro Matteo e Galeazzo Visconti per tentato sortilegio verso il papa Giovanni XXII”. Dalla testimonianza pubblicata si deduce che nel giugno del 1320 Dante era a Piacenza e colui che è posto sotto interrogatorio è il prete milanese Bartolomeo Cagnolati che era subito poi fuggito ad Avignone dal papa per raccontare il fatto cui era stato testimone in prima persona.

Per brevità ecco il succo dei fatti: nell’atto formale del 9 febbraio il prete giurò che verso la metà del 1319 fu chiamato a Milano da Matteo Visconti e poi dal figlio Galeazzo al Castello di Maleo, “non molto lontano da Piacenza” dove gli venne proposto di far un incantesimo mortale sopra al papa usando un feticcio d’argento che lo raffigurava.

Il Cagnolati fuggì ad Avignone e raccontò tutto al papa quindi se ne tornò ma stavolta venne messo in prigione dal Visconti a Milano per 42 giorni e liberato grazie ad alcuni nobili che fecero intercessione per lui, quindi è convocato al castello di Maleo in territorio lombardo da Galeazzo che, secondo appunto gli atti Vaticani, gli racconta “feci ad me venire Magistrum Dante Aleguero de Florencia” per far sortilegio usando una statuetta feticcio, ma il prete milanese se ne ritorna dal papa e di nuovo riferisce del secondo complotto che ovviamente non ebbe nessun effetto.
Quello che è interessante sono le analogie con i nostri tempi nei quali ad esempio sappiamo di millantate e false accusa mosse da personaggi della malavita a uomini poi risultati completamente innocenti dopo traversie giudiziarie. E’ assodato che i due Visconti usarono della chiara fama di Dante per cercar di convincere anche il Cagnolati ad assecondarli in questo atto ed è un chiaro millantare perchè mai i due ebbero a che fare realmente col Sommo Poeta.

La cosa che molti studiosi avvallano è il fatto che quasi certamente Dante per certi suoi proprii affari sia stato anche in Piacenza per qualche tempo ma nulla di più di questo può esser dato per certo. Infatti il fatto vero e storico del conflitto tra il papa Giovanni XXII ed i Visconti è accertato e accettato così come questo maldestro tentativo di fare un sortilegio andando a millantare l’aiuto del Poeta, e che le fonti trattano apertamente. 
 
Ad esempio nel libro “Dante scolaro e maestro” del 1929 si legge che “si crede che Dante fosse a Verona nel 1320, quando fu invitato a Piacenza da Galeazzo Visconti per il sortilegio contro Giovanni XXII”; in “Dante in esilio” di Cesare Marchi del 1964 leggiamo “davanti ad un tribunale ecclesiastico, formato da due cardinali e da un abate, il chierico milanese Bartolomeo Cagnolati, prestato regolare giuramento racconta quanto segue...”. Indro Montanelli in “Dante e il suo secolo” scrive che il “Cagnolati venne invitato da Matteo Visconti, che gli attribuiva poteri occulti, ad usarli contro il Pontefice...”; nel 1928 Arturo Pompeiati scrive “lasciamo stare il viaggio di Dante a Piacenza del 1320... la leggenda però è importante perchè ci presenta un Dante presunto mago, per la credenza allora diffusa che il sapere potesse procurare potenze...”; il Bollettino della Società Dantesca italiana del 1916 così dice “appare Dante come maestro di magia... non si può dedurre nemmeno che il poeta nel 1320 fosse a Piacenza...” ed anche il Bollettino Storico Piacentino del 1908 si occupò del fatto in modo critico e non ultimo appunto Giuseppe Iorio che ha rinvenuto la pergamena vaticana e che nel 1895 pubblica un ottimo articolo sulla faccenda in “Nuovi studi sulla Divina Commedia” così come si legge ampiamente di questo fatto nel 1912 in “Dante vol. 3 ” per la cura del noto filologo Nicola Zingarelli.

Insomma nomi importanti di studiosi danteschi ebbero a capire e scrivere sul caso che però rimase circoscritto e sconosciuto alla classica storiografia piacentina che raramente l’ha trattata, ma rimane invece una curiosissima notizia che ci fa stupire di come il potere di quei secoli medievali si servisse di ingiuriose falsità per accresce e mantenere il predominio su territori e persone.




2 ottobre 2021

SAN DONNINO MARTIRE

RICORRE IL 9 OTTOBRE
A PIACENZA LA CHIESA ROMANICA
E' PATRONO DI FIDENZA
A Piacenza in centro c'è la piccola ma antica chiesa di San Donnino martire, e anche nella vicina Basilica di S. Francesco troviamo una vetrata con l'effige di questo Santo ucciso in epoca romana a Fidenza per il fatto che si era convertito al cristianesimo.
Festa grande nella parmigiana Fidenza (ex Borgo S. Donnino) che il 9 ottobre celebra con solennità e con una grande fiera.
La cattedrale del XII secolo è opera dell'architetto Benedetto Antelami ed anche alcune formelle sono attribuite alla sua mano abile.
Il tema del pellegrinaggio risalta scolpito sulla facciata dove sono ad esempio i pellegrini ricchi e quelli poveri ma sono tante le formelle scolpite e tutte uniche.
Un ottimo Museo diocesano è visitabile accanto alla cattedrale dove si conservano pezzi unici che meritano di esser visti.
Famosa la lunga teoria scolpita di pellegrini sul lato di una delle due torri, in special modo quella detta del Trabucco, la misura medievale lì incisa.
Fidenza è tappa della Via Francigena, da qui la strada si va pian piano a innescare sulle colline che portano al monte Bardone a Berceto ed al passo della Cisa. 
Il corpo di S. Donnino martire è visibile nella cripta della stessa cattedrale.
Per la vicinanza con Piacenza merita una visita che renderà inaspettata la bellezza che si potrà ammirare.
 
le immagini son prese dal web