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15 ottobre 2021

LA LISTA DELL'INQUISITORE DEL 1309

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LE SPESE DELL’INQUISITORE
DEI TEMPLARI PIACENTINI
NELLE PERGAMENE DEL 1309

di Umberto Battini

E’ un lungo elenco davvero incredibile ed anche poco e nulla studiato quello presentato nell’anno 1309 dall’inquisitore generale dei Templari di Piacenza il frate domenicano fra Guglielmo da Genova e inviato personalmente qui dal papa.
Infatti dopo il sequestro dei beni mobili ed immobili dei cavalieri del tempio, cioè sia delle somme ricavate dai beni agricoli che dal fitto di proprietà, eseguito nel 1308 e che il frate ebbe a gestire di persona, presenta l’anno dopo anche una dettagliata lista dei ricavi e delle spese e non trascura veramente niente come vedremo. 
 
Per chiarezza diciamo subito che l’inquisitore che era  residente in Piacenza è stato autorizzato ad agire sui beni dei templari come detto piacentini, su quelli di Tortona e zona pavese, su quelli di Parma e di Cremona, e noi tratteremo del resoconto spese piacentino che riguardava la città, la domus di Cotrebbia e quella appena di là dal fiume Po di Castelnovo, delle terre dei Ronchi sempre dette in Castelnovo (di Somaglia per intenderci) sede già degli accampamenti del Barbarossa nel 1154 e la domus con chiesa a Fiorenzuola d’Arda.

Le preziose originali pergamene sono a Ravenna, dove si svolse il processo ai cavalieri emiliano-romagnoli e trascritte sempre in latino in un libro da un eruditissimo studioso e appunto da qui andremo a estrapolare le voci di spesa più curiose e strane, sicuramente poco conosciute, infatti della faccenda risalta sempre e solo il fatto processuale
Il 20 novembre 1309 l’inquisitore ci presenta il rendiconto (il Ratiocinium) degli introiti come amministratore dei beni dei Templari “Ratiocinium inquisitoris in Placencia... Infrascripta omnia recepta sunt de bonis Templariorum in Placentia...” e qualche giorno dopo il 24 di novembre l’elenco delle spese da lui sostenute (expense facte) per tale questione, per intenderci la lista delle entrate ed uscite in soldoni sonanti  “Infrascripte sunt expense facte per me fratem Guilielmum Ordinis Predicatorum Inquisitorem hereticorum pro factis et negociis Templariorum in Placentia”.

Estrapoliamo alcune voci, tra queste quella del costo delle pergamene sulle quali andavano scritti dal notaio gli atti compiuti “Item in papiro pro scribendis negociis eorumdem”; ricorrono varie spese di quando prese possesso dei beni di Cotrebbia posti oltre il Trebia andandoci con tanti frati e i notai “item eodem diem quando ivi ultra Trebiam cum pluribus fratribus et officialubus ad intrandum possessionem”.

E poi la spesa per mantenere tre sentinelle (custodibus), a voltre quattro o due, nelle varie fattorie (mansiones) e a guardia dei prati, ad esempio Cotrebbia aveva dodici mansi e anche ai terreni era necessaria la guardia perchè alcuni di essi erano stati rovinati di proposito come avevamo letto dagli atti dell’esproprio “item tribus custodibus mansionis et pratorum”; elenca le varie spese sostenute per andare a Fiorenzuola con ovviamente tutto un seguito “item quando ipso Inquisitor ivit Florenzolam” ed anche quando mise uomini di custodia in quel luogo e quelle per andare a Castell’Arquato.

Tra le spese l’inquisitore indica la voce “pro rasura” cioè per il barbiere che gli aveva fatto la chierica a lui ed ai suo soci: badate bene che anche una spesa irrisoria come questa viene messa sul groppone del mandato ufficiale ricevuto dalla curia papale. 
 
E’ ben risaputo il fatto che nel convento ove abitava, delle tonsure se ne occupava un frate e senza dover spendere un soldo, ma tant’è si vede che era un frate probabilmente pignolo “item pro rasura mei et socii” e così uguale per comprarsi le calzature nuove per lui e il vice inquisitore fra Giacomo di Montedonico “item in calceis pro me et socio”.
Dalla lista, riga dopo riga, riusciamo anche a comprendere un avvenimento storico accaduto al templare Giacomo da Fontana che viene rimborsato dall’inquisitore per certe varie spese e beni di 100 fiorni d’oro: ebbene sappiamo che il vecchio frate templare venne ad un certo punto aggredito dai sicari di Versuzio Landi e sgherri del Visconti e derubato di ben 80 fiorini d’oro. Così leggiamo “item ipsi frater Jacopo de Fontana totaliter expoliato... pro vestibus et lectualibus quam eciam pro suis infermitatibus...et aliis suis necessitatibus et victu” per un anno intero e quindi gli fu data per pecunia la somma di “centum florinos aurey”.

Non manca la spesa per mettere uomini di guardia ai beni immobili, quali ad esempio la domus di Cotrebbia e per portare là del vino per il servo “item in vino portato ultra Trebiam pro servitore nostro” e quella per far falciare, raccogliere e riporre il fieno “item pro feno secando, coligendo et reponendo in cassina...” con tante altre varie spese per far lavorare i terreni e per portare i prodotti agricoli in città. Ma addirittura “item pro reparacione muri et porte que cecideret” cioè per sistemare muri e porte che cadevano, per il tetto di un mulino, insomma era anche un ottimo amministratore il nostro inquisitore che provvedeva al buon mantenimento dei beni a lui affidati.
Una spesa che ricorre più volte volte è quella della nave per andare da Piacenza a Cremona e viceversa “item de Cremona in Placentiam in navi” cosa che ci fa comprendere come fosse navigato il fiume Po; spese varie tra cui la riparazione di una sella, visto che si viaggiava a cavallo “item pro reparacionem sellarum” e anche per ferrare un cavallo “item pro feratura unius equi” così come per la paga del suo servo personale “item famulo nostro pro salario suo” ed altre per uomini suoi sottoposti.

Sorprende la spesa per mantenere gli ex-templari alcuni dei quali ridotti in miseria, ai quali lui deve provvedere vitto, alloggio e vestimento sia piacentini che cremonesi “item pro necessitatibus trium Templariorum quos habeo Cremone”. Non manca anche di farsi rimborsare quando ha celebrato messa nella chiesa templare di Sant’Egidio a Piacenza in quella festa con concelebranti “item in Festo sancti Egidii pro me et hiis qui mecum venerunt ad celebrandum ipsum” e ovviamente le spese in diversi tempi dell’anno, per mandare i messi in vari luoghi e città quale ad esempio Milano e il rendiconto sulle expense facte continua in modo interessante.

Il nostro inquisitore insomma non ha gravato minimamente sul bilancio del convento dove era ospitato, quello domenicano di S. Giovanni in Canale, e con dovizia presenta una semplice, lunga e chiara lista delle spese, che abbiamo proposto solo per alcune parti ma che meriterebbe uno studio accurato e mirato perchè come si intende, si può meglio comprendere quel periodo storico e affascinante della città di Piacenza e anche sarebbe curioso sapere dove vennero inviati i denari in attivo risultanti dal conto.

Umberto Battini