Qui troverete i miei brevi testi relativi a svariati e sconosciuti
fatti di storia, cultura e vita locale calendaschese
Fate scorrere la pagina web e leggete le piccole fioriture
se copii qualcosa cita la fonte è un fatto etico
non farti bello/bella di studio altrui cita la fonte!
PICCOLE FIORITURE 19
Corrige
Leggo nel libretto di picciol formato titolato ‘Santi della diocesi
di Piacenza-Bobbio’ scritto da Fausto Fiorentini e dalla figlia Barbara
Fiorentini anche cose sul Nostro Patrono. Purtroppo, e non capisco
assolutamente il perché, vengono riportate delle erronee indicazioni sul
culto al nostro Patrono San Corrado Confalonieri. Il suddetto picciol
libretto è edito nel 1997. Mi fermo a queste righe che vi riporto,
ebbene vi si legge che : “Altro centro piacentino collegato al
culto di san Corrado è Calendasco: qui, dove si conserva un dito del
Santo, nel 1808 fu eretto un altare votivo con un dipinto di Faustino
Perletti, artista nativo del borgo”.
Facciamo la corrige: l’altare e cappella al Santo Corrado sono del
1617 e non del 1808! Ed era sontuosamente fornito di argenti proprii e
tutto ornato e dipinto. Il dipinto citato – una magnifica grande tela –
è certamente non del Perletti ma quadro secentesco d’artista e coevo all’erezione dell’altare e cappella al Santo nella chiesa nostra di Calendasco che fu subito d’allora “tutta ornata” e pinta (risulta la magnifica pala anche negli inventari antichi) purtroppo non conosciamo per ora l’artista che lo dipinse. Una tela del genere oltre che essere come detto antica
è anche pinta da mano di ottimo artista, basta venirla a vedere di
persona. E definire artista il conte Faustino Perletti che fu il primo
sindaco di Piacenza, è più che azzardato! Se tutte le persone che per
diletto fan pittura sono artisti allora bisogna rivedere il concetto di
arte.
Piccole stonature che ancora continuano a girare sulla stampa cosiddetta “curiale” e questo purtroppo nonostante ci sia molto e molto
nero su bianco di storico anche su queste semplici cose! Va bhe, però o
uno prima si informa bene o è meglio non scrivere date e dati astrusi.
Il culto a San Corrado del mio natio borgo vi ricordo che è scritto
chiaro e tondo nel Legato Sancti Conradi che era già esistente in Calendasco alcuni anni prima di quel 1617, qui da noi andava solo rinvigorito. Senza offesa per nessuno: quattrocento anni di Patronato non sono acqua!
Umberto Battini
PICCOLE FIORITURE 18
Ancora del Patrono
Il sacerdote e canonico Campi diede alle stampe a
Piacenza nel 1614 la Vita di San Corrado basandosi sugli storici di
Noto quali il Littara e Pugliesi. Ma già nella sua Historia data alle
stampe tra 1651-1662 nei tre conosciuti volumi, il canonico-storico
Campi scrivendo di San Corrado va ammettendo qualcosa d’importante.
Sapendo d’aver pubblicato un libro impostato tutto sui testi inviati da
Noto (lo ammette già da allora!) ebbene nella Historia appunto
confessa che sarebbe stato utile “nel ristamparsi di nuovo la preallegata Vita, di aggiungervi più altre cose avvenute dapoi…”. Leggasi: ricerche sul Santo in terra piacentina. Vedasi: Legato Sancti Conradi. Ricordasi:
Farnese ucciso dal Confalonieri di Calendasco luogo nel quale il
Vescovo di Piacenza scopre e formalizza ufficialmente la nascita del
Santo Piacentino! Ce n’è ancora di frutti ed abbondanti, che stan
maturando di stagione in stagione. Nulla andrà perso.
Umberto Battini
PICCOLE FIORITURE 17
Tempi di politica da vacche magre
Neanche si cambia col colpo di
spugna per salvar la faccia e c’è un gran arrabatto. E’ un cambiamento
che i politici vorrebbero fare per la nostra Italia usando lo stile computer.
Cioè mi spiego meglio: si tenta d’usare il Transformer Pack. Che cosa
è? Niente di che: semplicemente trasforma il tuo sistema Xp in Vista oppure il Vista in Sette oppure da oggi uno dei suddetti in Otto. Cambia la facciata ma la sostanza del tuo note rimane quel che è, il Sistema operativo rimane quello originale. Un Xp (ch’è obsoleto già di suo!) anche se gli usi il Transformer Pack per Windows 8 ti cambia solo i suoni, le icone e le finestre ma tutto rimane operativo come Xp, non è diventato un sistema Windows 8
all’ultimo grido e quindi con tutte le migliorie che porta. Mi pare
che questo sia il sistema che si sta usando e cioè penso sia ai partiti
politici che usano il Transformer Pack per mostrare una facciata di
rinnovamento ed anche lo stesso Governo coi suoi provvedimenti Style
Pack. Un computer è una bella cosa però anche lui ha bisogno di
aggiornamenti,se no si blocca prima o poi.
Umberto Battini
PICCOLE FIORITURE 16
26 maggio 1619
Cappuccini, ovvero frati francescani riformati. Vescovo: mons.
Claudio Rangoni. La prima pietra viene posta a Fiorenzuola. Un bel e fornito
convento nuovo nuovo, dedicato e sotto il titolo di San Corrado Confalonieri. Ma adesso ed ora ed ormai da anni su quel
suolo venerato sorge il centro commerciale nomato ‘I Cappuccini’. Il resto raso al suolo, così per non
farci mancare nulla, tanto rimaneva poco, tutela zero, amen. Come devoto mi
rammarico, è ovvio: cavoli! Sarebbe stato bello ed edificante averlo ancora in
funzione questo convento francescano dedicato all’Eremita! E’ come una misera calamità:
in San Francesco in Piacenza la
cappella dei Confalonieri è “sparita”, rimane nel chiostro un pezzo di tondo
con la scritta Sancti Conradi Placent.
In cattedrale, fine ottocento han
tolto tutte le cappelle laterali compresa quella del Nostro e qui restano solo
e per fortuna le quattro preziose vele pinte nel 1613. Fiorenzuola il convento citato che vive solo sui testi storici. Ma
cari miei a Calendasco per fortuna c’è tutto!
Castello, chiesa e romitorio! Un motivo ci sarà: eccome se c’è! Terra
benedetta, c’ha dato i natali umani e spirituali al Nostro Patrono e Lui che
tutto ha avuto – vita terrene e vita spirituale a Calendasco – a Calendasco ha
lasciato tutto integro, dalla a alla z. Dai mattoni alle carte!
Umberto Battini
PICCOLE FIORITURE 15
CHIESA
Dirò della chiesa: la parrocchiale di Santa Maria. E’ di
fondazione longobarda lo dicono le pergamene del Codice Diplomatico
Longobardo. Ce ne sono di scritte a Calendasco e Trevozzo ma anche a Pavia e pure a Milano in Santambross’ e ci richiamano il presbitero
del momento abitante in Kalendasco. Notarili del 769, 784, 804, 892
etc etc. La più grandiosa ristrutturazione fu svolta nel 1734. Poi nel
1970-71 ci fu quella di don Federico Peratici per il giusto adeguamento
al Vaticano II (su questa faccenda avrò da rievocare di più a tempo debito).
La chiesa prima del 1734 era “quasi quadrata” – fere quadrata dice una carta del tempo!
Con le capriate e il pavimento di legno: non sorprende! la chiesa è scritto essere costruita su monticello
e quindi ben al riparo dalle piene umidicce e malsane del Po. Era
quindi un luogo elevato quel tanto che bastava a mantenere i piedi
sull’asciutto, paro paro è ancora uguale oggi. C’è anche (ben nascosta ma c’è) una antica finestra in ordine romanico, tra due muri
– uno posticcio ed uno originale, è un rimasuglio coi baffi, un
documento lapideo che vale oro, un testimone muto che urla (tipo Legato
Sancti Conradi!).
Le chiese longobarde non di rado han fattura a pianta quadra,
architettura in uso negli identici anni tra i bizantini che eran
padroni fino a Modena. Sappiamo il nome di due nostri vecchi preti
longobardi: ed ecco apparire Stabelfredus e Orso che sopra al conto erano anche potenti, con proprietà immobili in luoghi ben oltre la terra piacentina. Officiavano a Kalendasco con diritto di decima sui poveri rurali del posto. Decima al prete,
così tanto per cambiare. In fin dei conti un piatto di zuppa te lo
concedevano sempre nello xenodochio, quasi a tutte le ore, bastava
bussare. Toc toc toc.
Umberto Battini
PICCOLE FIORITURE 14
Una volta.
Quaranta
anni fa, nel 1972. C’era una volta a Calendasco. Parlo del paese vero e proprio, che quando ero bambino si sviluppava in
lunghezza circa com’è oggi e cioè dal Consorzio al Comune e case limitrofe
sulla via del Masero, del Boscone e di Santimento. Sappiate che in paese
c’erano: 6 grandi cascine con vacche e cavalli da tiro e bue (bazzicavo
liberamente la stalla del castello). 1 distributore di benzina. 1 farmacia. 2
latterie. 2 macellerie. 1 tabacchino (la palta). 2 bar. 2 bar-trattoria. 1
panificatore. 4 botteghe alimentari. 3 barbieri. 2 parrucchiere. 1 pesa per
carriaggi. 1 dentista (saltuario). 2 mercerie. 1 edicola. 2 falegnamerie. 1
fabbro. 1 ortolano ambulante. 1 ortolano con bottega. 1 venditore con
camioncino (basùlon). 1 ufficio postale. 1 ufficio del lavoro. 1 ambulatorio
del medico condotto. 1 consorzio agrario. 1 sarto. 2 maglifici con tante donne
lavoranti. 1 negozio di elettrodomestici vari. 1 autofficina. 1 edificio
scolastico con medie-elementari. 1 bottega di calzolaio. 1 asilo nido. 1 campo
da calcio. 1 campo da basket. 1 cinema parrocchiale. Oggi la fisionomia del
borgo è cambiata: sapere dove esattamente erano alcune di queste attività per i non oriundi è impossibile, io per
fortuna ricordo bene i luoghi, le costruzioni e soprattutto le persone e quando
cammino in strada li rivedo! Con gli
occhi del ricordo.
PICCOLE FIORITURE 13
Ottobre
Ottobre.
Tripla festa. Perché è la Madonna del Rosario il 7 ed a Calendasco una volta
c’era sagra. Ricordo l’autunno piovoso e le balere nel cortile dell’osteria ‘Ad
Nadal’ vicino alla piazza della chiesa. E poi il 4 è San Francesco: visto che
abbiamo una trilogia di tele francescane e San Corrado terziario, un po’ ci
tocca sta festa che tra l’altro il Poverello di Assisi è anche com-Patrono
d’Italia. Poi per noi devoti del
Romitorio abbiamo un’altra bella ricorrenza del Cielo: il 5 ottobre tornava
all’eternità proprio in Assisi il giorno
dopo San Francesco! Il nostro amatissimo p. Gabriele Andreozzi. Sono 6
anni. Ci è stato un buon frate amico e sapientissimo del TOR, il p. Gabriele
grande storico era orgoglioso di S. Corrado che vestiva il suo stesso abito
religioso! Ottobre, cadono le foglie. Il Po torna a gonfiarsi. E il vino
novello è già presagio.
Umberto
Battini
PICCOLE FIORITURE 12
San
Donnino il martire.
Decapitato nel
297 a Fidenza (la romana colonia Fidentia,
nel medioevo ri-nominata Borgo San
Donnino e poi nel trentennio
tornata all’origine).
Siccome
sono stato nella cittadina diciott’anni con famiglia al seguito, ora che al 9
di ottobre c’è la Patronale del Martire Donnino, voglio farne brevissima
memoria. Fidenza senza il suo Santo
non avrebbe quella imponente cattedrale con annessa antichissima cripta. E c’è
da memorare che questa chiesa nasce nel
1170 ca. come Santuario! Solo nel
1601 diverrà cattedrale essendo elevata a sede episcopale la città.
Quindi
un edificio sacro immenso: ancora oggi quanti Santuari conosciamo di imponente
misura? Pochi. Ancor più nel medioevo. Nel Museo Diocesano si conserva il
famoso calice di San Donnino dono del
Barbarossa e che vede incastonato tra il
piede e la coppa il nodo cesellato del pomolo che fù scettro di Carlo il
Magno! Così si tramanda.
S.
Donnino che era il cubiculario (cerimoniere per semplicità) dell’imperatore
Massimiano, convertito al cristianesimo, lascia la Curia imperiale e si fa
pellegrino, parte per Roma! Come il Nostro Corrado! Ma sulla strada romea, a
Fidenza è intercettato dagli sgherri e lì decapitato, sul ponte romano (come
usava) e quel ponte è ancora lì a pochi metri dalla Cattedrale. Il miracolo: Donnino
decapitato si rialza, raccoglie il capo e crolla lì ove ora è il monumento. E
poi la facciata tutta cesellata di bassorilievi d’arenaria, c’è da passarci una
giornata. Io ho la fortuna di conoscere questo duomo in ogni anfratto e anche
nella sua storia più profonda, quelle formelle poi le conosco al
centimetro-quadro, tutte, nel loro significato storico e spirituale, una bibbia
di pietra. Chi l’ha vista lo sa, gli altri vadano a visitarla, ora che siamo
nel periodo della Festa.
Umberto
Battini
PICCOLE FIORITURE 11
SOLMI
Arrigo Solmi fu elogiatissimo storico.
Anche circa il Po, il Barbarossa e le Roncaglie delle Diete fu specialista. Gli
studiosi e gli storici odierni – e proprio quelli diciamo col pedigree – gli riconoscono questa fama e ne dichiarano
la buona fondatezza basata su solide
scartoffie d’archivio! E allora ri-parliamo di guado del Po o meglio di guadi.
Fino a pochi decenni fa era attivo al Mezzano un servizio traghetto del famoso
Docì. Mio papà andava a ballare di là da Po, a Somaglia e lì al Mezzano o
meglio al Rastello bastava un grido dalla sponda e il Docì ti veniva a
prendere. Di là c’è il convento (oggi cascina agricola benedettina come a
Cotrebbia vecchia) di Castelnuovo e poco più in su il paese di Somaglia.
C’è
ancora un bel porticciolo ma non si fa più servizio di guado, perché abbiamo le
macchine e si fa prima. Quell’area che prende tra il ballottino della Somaglia e quello
al di qua di Calendasco del Rastello giù fin quasi alla Raganella, il Solmi
– con ragionamento e carta che canta
– afferma essere la zona dell’accampamento del Barbarossa e Cò Trebbia vecchia
con la sua vecchia chiesa di S. Pietro infatti è lì limitrofa, luogo della
discussione delle Diete.
La buona supremazia nei secoli del passo del Po tra
Somaglia e l’area di Calendasco per puntare su Piacenza ce la dà nel 1454 il Duca
de Milan Francesco Sforza che intima
di sorvegliare bene il passo citato – ed anche i vari passi del fiume – perché
l’esazione delle gabelle pareva impoverirsi. D’altra parte, come direbbe Totò,
perché pagar gabella se nella accezione latina si diceva vada o vadi. Appunto!
Vada! Va bhe, vado e non pago!
Umberto Battini
PICCOLE FIORITURE 10
BARBE DEL FIUME
Era una faccenda di barbe
a Calendasco quando lo si scriveva con la Kappa germanica. Che fosse quella del
Barbarossa o del Barbarava o dei più vetusti Longobarbi (Longobardi). L’imperatore tedesco alle monache di un bel
monastero rinnova e concede il potere completo sul Po proprio nel tratto parallelo
al paese e ci mette la firma. Non a
Soprarivo e neanche alla Raganella né al Mezzano o a Cotrebbia vetula, ma qui
nel tratto del nostro e mio e corradiano borgo padano. Avevano anche
il diritto di riparia, cioè gabella
d’attracco sulla sponda. Una bella confusione sul Po a quell’epoca: il
conventone di S. Sisto reclamava e aveva
Po dal Mezzano Iniquitatis allo sbocco del Trebbia; le monachelle dal Mezzano
al Masero (area Botto) ed a Soprarivo del comune di Piacenza il porto con la
dogana e più su ancora verso Veratto c’era il porto di Cachinfango (testuale).
Chissà se anche per quello c’era un
dazio da pagare a qualcuno!
Umberto Battini
PICCOLE FIORITURE 9
CODICE
PICCOLE FIORITURE 8
Quando si dà valore alle cose.
Soprattutto in tempo di miseria. Nel 1841 sulla Gazzetta Provinciale di Pavia del 6 luglio in Atti Ufficiali si legge: Avviso – nella mattina del 21 giugno ultimo decorso venne raccolta galleggiante sul Fiume Po’ verso Sponda Piacentina al luogo denominato Calendasco, una pecora, che minacciava di affogarsi. Chi l’avesse perduta potrà rivolgersi a quest’I.R. Ufficio di Polizia giustificando d’esserne il proprietario. Pavia 1 luglio 1841. Davvero interessante, ci si possono fare tanti commenti, anche ironici ma poi mica tanto! Visto le lune che stiamo vivendo oggi. Già il fatto che a Pavia – che non è mica lì a due passi – ci si prenda la briga di darne notizia… La pecora smarrita ritrovò l’ovile? Mha, chissà! Ad ogni buon conto sta notiziola mi sembra un’ottima metafora.
PICCOLE FIORITURE 7
CODICE
Minuta di
lettera dal Codice Atlantico.
Messer
Leonardo da Vinci a fine del 1400. Scrive ai Fabbriceri del duomo di Piacenza
che volevano far portoni di bronzo. Li consiglia che ci vuol “bono maestro e
bona opera”. Purtroppo questi preti
rifiutarono l’offerta leonardesca. Costava troppo. Da buoni piacentini
preferirono tenersi i portoni in legno che di quello ce ne avevano a macca nei
loro possessi boschivi. Certo a legger oggi vien la pelle d’oca, ma così vanno
i tempi e la storia. Amen. Però è bello pensare a quale valore artistico e che
attrattiva turistica ci porterebbe oggi l’aver della cattedrale due enormi e
certamente meravigliosi portoni bronzei firmati Da Vinci! Giustamente, per non
creare illusioni, secoli dopo anche il Raffaello di S. Sisto prese il largo.
Stavolta era roba da frati!
Umberto
Battini
PICCOLE FIORITURE 8
Quando si dà valore alle cose.
Soprattutto in tempo di miseria. Nel 1841 sulla Gazzetta Provinciale di Pavia del 6 luglio in Atti Ufficiali si legge: Avviso – nella mattina del 21 giugno ultimo decorso venne raccolta galleggiante sul Fiume Po’ verso Sponda Piacentina al luogo denominato Calendasco, una pecora, che minacciava di affogarsi. Chi l’avesse perduta potrà rivolgersi a quest’I.R. Ufficio di Polizia giustificando d’esserne il proprietario. Pavia 1 luglio 1841. Davvero interessante, ci si possono fare tanti commenti, anche ironici ma poi mica tanto! Visto le lune che stiamo vivendo oggi. Già il fatto che a Pavia – che non è mica lì a due passi – ci si prenda la briga di darne notizia… La pecora smarrita ritrovò l’ovile? Mha, chissà! Ad ogni buon conto sta notiziola mi sembra un’ottima metafora.
Umberto Battini
PICCOLE FIORITURE 7
Nel 2013 è il trentennale.
Della dipartita del parroco e arciprete (anche canonico
di S. Antonino) don Federico Peratici. Scomparve nell’estate 1983. Lo ricordo
come fosse oggi, quando arrivò appena dopo l’ora di pranzo la fatidica notizia:
un incidente stradale! La voce passò
di casa in casa! Così è la vita di paese. Confesso che ci rimasi male, ero
giovane, me ne tornai in casa lasciando mia mamma e le donne della mia via a
discutere del fatto sotto ad un cocente sole. Durante gli anni tra “Devoti
corradiani” l’abbiamo ricordato nelle nostre chiacchierate. Ne abbiamo
ri-scoperto il suo attaccamento a San Corrado anche da vecchie pubblicazioni
storiche sul Santo che lo citavano per i suoi ragguagli circa Calendasco ed il
Confalonieri Patrono. Fu precursore liturgico. Sappiamo tutti dei grandi lavori
del 1971 per l’adeguamento degli spazi liturgici secondo le direttive del
Concilio Vaticano II. Ne fu un encomiabile estimatore, ma non alla maniera
‘moderna’ ma secondo i canoni veri di fedeltà alla Chiesa. Non travisò. A
Calendasco arrivò il Concilio con don Federico, ma quello vero, non quello
“beat sessantottino”. In chiesa si suonava solo l’antico pregiato organo. Tra
un anno saran trent’anni. Ricordiamocelo. (Credeteci o no io non l’ho mai dimenticato).
Umberto Battini
Piccole Fioriture 6
Uberto e Pietro da Piacenza.
C’è la firma con la data: 1196! Roma. Cancelli in bronzo della Porta Santa della Basilica di S. Giovanni in Laterano e nel
suo Battistero. Non se ne parla mai
nella veneranda Placentia, è come un’oblio selvaggio e lapidario. Solo della
mediocrità qui c’è memoria, probabilmente perché abbiamo vissuto in decenni di
mediocricissimi dirigenti della cultura e ancora seguitiamo su questa linea,
anzi viviamo in picchiata e non gratis. La
VII campata ovest del chiostro duecentesco di S. Giovanni in Laterano, conserva
oggi i due battenti bronzei che
costituivano le antiche porte del
Patriarchato lateranense; essi furono fatti eseguire nell'anno 1196 da
Cencio Camerario (il futuro papa Onorio III: 1216-1227), insieme a quelli del vicino Battistero ancora lì posizionati.
Uberto e Pietro, piacentini del sasso ma sepolti dal macigno della bottega
politicante che s’occupa di cultura. Sul macigno siedono in tanti, anche uomini
talarati non solo funzionari (dice un
proverbio piacentino: siam fratelli nel pregare non nel desinare). Oggi si vola
ancora più basso, se ci fate caso non siamo neanche nel “popolare” a livello di
proposte culturali, sembrano iniziative del Pianeta
Mongo, ve lo ricordate? E’ come un perpetuo dazio da pagare qui a Piacenza,
Emilia, Italia, Europa, Mondo, Mongo.
Umberto Battini
PICCOLE FIORITURE 5
Da
Firenze 28 ottobre 1824.
Lettera
all’avvocato di Bologna Pietro Brighenti. Scrivente:
Pietro Giordani, piacentino del sasso. Siccome mi pare fresca come l’acqua e
limpida come il sole, bisogna ben estrarne particella. Senza entrare nella
diatriba, pescando il fatto che oggi può rimembrare
a noi familiarità, il Nostro Pietro così scrive: “Io so benissimo, e meglio di ogni altro, ch’io non posso vivere in
Piacenza; paese indicibilmente cattivo; dove i buoni son pochi, i tristi
moltissimi, e straordinariamente feroci. So che i calunniatori, per quanto siano scoperti e convinti e
svergognati, ritorneranno sempre alle arti loro con mirabile impudenza; e
saranno sempre ascoltati, sempre creduti, e io sempre vessato, non dal Governo
che è buono e mi conosce, ma dal conte che non mi conosce…” . Sui “tristi
moltissimi” non saprei dire ma circa “i calunniatori che anche svergognati e
scoperti” ritornano alla loro arte con indefessa faccia di tolla, mi pare più
che mai parte del nostro vivere quotidiano reale con proiezione al futuro. Chi
più chi meno tutti ci siamo incappati. E c’incappiamo. D’altra parte, ad esser
sinceri, la nostra felice piacentinità – della
quale non lo negherò ora, io mi sento nel mio piccolo un alfiere – ce l’ha
un po’ di quello che il Nostro Pietro duecent’anni addietro già ben
sperimentava! Non la tiro per le lunghe e manco altro voglio trascrivere ma mi
sa che questo DiEnneA ce lo portiamo dalla fondazione di Placentia del 218 A.C.
Sarà colpa dell’umidità padana!
Umberto Battini
Piccole Fioriture 3
L'ASSASSINO FEUDATARIO
Vado.
L’ammazzo. E torno.
Giovanluigi
Confalonieri. Feudatario.
1547
giorno 10 settembre. Da Calendasco a Piacenza sono 5 miglia circa.
La
strada che parte dal borgo passa il Trebbia alla Malpaga e si sbuca nella “via
di campagna” dai frati.
Poco
più in sù c’è la zona S. Eufemia, qui il Confalonieri con i suoi fratelli ha
palazzo.
Lo
esige ‘per legge’ il nuovo duca,
figlio di Papa, duca con molte, troppe idee per un feudatario all’antica, legato
alla terra, alla campagna.
In
città lo aspettano altri amici Nobili, ognuno con le sue mire di potere. A
Giovanluigi basta conservare la vita
selvatica rurale, così almeno ci appare al confronto con gli altri congiurati.
Per
dei Nobili entrare nel Palazzo non è
difficile, anzi.
Gli
altri che congiurano con lui han mire più grandi.
I
quattro lasciano il loro piccolo seguito e vengono ricevuti dal Pierluigi loro
Duca.
Partono le stilettate.
Pochi attimi e il figlio del Papa è cadavere.
Succede
quel che succede: la storia
piacentina e quella italiana dell’epoca ben racconta e dettaglia questo insano
episodio. Ognuno lo legge secondo il
proprio tornaconto.
Epilogo:
trentanove anni dopo Giovanluigi Confalonieri (ha un avo già Santo in Sicilia,
a Noto, del quale han scritto gli agiografi) deve vendere “per obbligo” i suoi
beni di Calendasco.
Una
confisca più politica che di legge,
infatti gli basta emigrare a Milano trentanove anni dopo l’omicidio, col suo
gruzzolo cospicuo, e là divenire immanente
Capitano di Giustizia.
Giustizia
è fatta!
Più
volte in questi decenni i Farnese gli han teso vendetta mandando sicari, lui ce
l’ha fatta sempre! Nel suo feudo di Calendasco in fin dei conti non si vive
male.
Un
Santo in Paradiso c’è, anche senza saperlo.
E
poi non tutti possono diventare Santi. Il mondo ha continuato a girare. E ancora
gira.
Umberto
Battini