E se viene la peste?
Si lascia in mezzo al morbo un podestà, per di più di Piacenza, mica di un qualsiasi sobborgo?
Allora il Duca milanese gli concede la fuga, nel caso arrivasse la peste,
"acioché possiati conservarve logamente la persona vostra in sanità".
Ma siccome le faccende son da portare avanti lo stesso, doveva "lassare una persona idonea" che quella anche se avesse contratto la malattia non gliene importava nulla anessuno, il podestà era salvo!
Insomma la solita storia: la vita umana valeva zero se non era di nobile lignaggio.
Queste missive sono uno spaccato che, se ci pensiamo bene, non è mai scemato del tutto dalle democratiche - o meno - nazioni moderne.
Ecco il testo della lettera spedita al podestà di Piacenza da Francesco Sforza:
Cremona, 4 luglio 1451
Potestati Placentie
Per satisfatione della richesta ne haviti facto fare,
achadendo novità alchuna de peste in quella nostra cità, che Dio non voglia, acioché
possiati conservarve logamente la persona vostra in sanità, siamo contenti et
cussì ve concedemo licentia che tunc et eo casu ve possiati absentare da quello
vostro offitio per transferirve dove vi parerà meglio per la conservatione
vostra, lassata prima per vuy nel dicto offitio alcuna sufficiente et idonea
persona, quale habia a supplire ale volte vostre in vostra absentia, acioché
non possa occorrere manchamento alchuno in esso.
Data Cremone,
die IV iulii MCCCCLprimo
Umberto Battini
per la storia locale