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13 dicembre 2022

L'AUTOSTRADA DEL PO

SIAMO NEL 1558 A PIACENZA
IL REGISTRO DELLE NAVI IN TRANSITO
Lungo il Po da Venezia a Pavia i commerci passavano per Piacenza
 
di Umberto Battini
     studioso di storia locale 
 
L’autostrada del Sole attraversa Piacenza, con un traffico di mezzi pesanti che scorrono via, con carichi di merci tra le più varie, un via vai senza sosta e senza stagioni. Ma anche il Po, qualche secolo fa era un’autostrada d’acque, solcato da decine di imbarcazioni di varia portata e tipologia, imbarcazioni che sfioravano la città cariche di ogni ben di Dio. 

Si chiamavano “burchi” ed erano lunghi fino a 35 metri e larghi 4 e stracarichi d’ogni tipo di merce con le più svariate destinazioni.
E allora abbiamo dato un’occhio ad un Registro storico particolare, quello della “Longa del Po di Piacenza" dell’anno 1558 che ci informa su chi navigava, provenendo con le loro mercanzie da località che forse non immaginavamo e con carichi curiosi e imponenti.

Tra le decine di annotazioni ecco allora una interessante spunta che ci permette di conoscere i traffici “nell’autostrada del Po” e circa che cosa, da dove provenisse e fosse diretto colui che portava la nave.
Il pavese “Erede del Trezago” conduce “per al Po a Chremona balle 22 di lana” (nella misura piacentina “la balla” per tessuti corrisponde ad un rotolo di circa 130 metri) ed altre merci le porta fino “a Veneciia” mentre Giovannino Agazzi conduce “per al Po a Chremona staia 309 biava da chavale” (biada per cavalli) e sull’imbarcazione era anche "alume de roche, olie, savone” (l’allume di rocca era prezioso: fissante per colori, nella tintura della lana e nella concia delle pelli, serviva per produrre il vetro, per la composizione delle miniature su pergamena ed in medicina come emostatico).

Rocco Oprando porta “a Pavia” del vino imbottato mentre il “navarolo Bernoia” sempre alla stessa destinazione porta “reme 20, cadreghe 12”, transita anche “carta per ischrivere... e charbone...”. Il 16 di gennaio, torna verso Pavia un certo “Bochaline” con “sache 2 treza de chapeie” (due sacchi di trecce di capelli ed il “sacco” come misura piacentina corrisponde a circa 60 chili).
Il solito “Trezago da Pavia conduce per al Po a Ferara” delle “robe de Fiandera (Fiandra) ...e de Otremonte per Venecia”; passa per via fiume anche “fere ladine” (ferro semilavorato) portato da “Orlando Gato per Po a Castele Sante Jovanne”; si trasportavano ingenti quantità anche di “pigiolate” (legumi vari e fagioli), “zenare” (zenzero), “rise” (riso), “olio da ardere in bote”, “anguile salate... pesce fresche in burgie” (pesce fresco dentro a cesti di vimini).

Le destinazioni sono per lo più Venezia, Ferrara, Cremona, Pavia, quindi immaginiamo un lungo viaggio sull’acqua, con ognuno i propri uomini e cavalli che dalla riva, “dall’alzaia” trainavano letteralmente le grandi imbarcazioni stracariche.
Un’usanza antica, che fino a dopo il 1950 i barcaroli professionisti piacentini praticavano con successo, quando da sempre le alzane lungo la riva erano per legge mantenute sempre pulite da vegetazione per permettere questo “traino”.
Il 24 marzo “la Camera Duchale di Piacenza conduce per al Po al presidie di Guastala (Guastalla)... formente in sachi”, mentre “Mattiioli da Piacenza” porta a Pavia “roba bona e roba vile... e marvasia” ma transita anche merce preziosa quale “tela Sante Galli”, “balle di lana” ed anche “biancaria... tela de Lione...cotone lavorato... maiolica...sapone”. 

Tra i cibi che navigano via Po in ogni direzione ad esempio non manca “salame... formaze... vine... sale... frutta... olio” e tra le merci strane anche “lame 12 da pugnale... veli de seta... carta (in balle ed in risme)... mataraza (materassi)...” e un “Tomaso de Marino conduce per il Po a Pavia” un carico di sale che addirittura è in tal quantità da esser “condutto in tre navi” e ogni nave che transitava, come detto, pagava il dazio calcolato sul tipo di merce e sulla quantità.

Con il “burchio” fino al porticciolo di Castel S. Giovanni un certo “Canavino” trasporta “ferro ladino... e feramente de caro” (ferro per i carri in tutto circa 3 quintali) e si specifica che è destinato ad un fabbro “a Borgonovo” ma qualcuno si premunisce anche di portare “chiode da chare” (chiodi per carri) ed anche “labarde da fornire” (lame di alabarda da finire nella lavorazione) oltre a “giodi sgrezi” (chiodi grezzi) e pure “giodi da cavale” (chiodi per ferrare i cavalli).

Tanta e svariata merce: tessuti, manufatti, derrate alimentari, metalli, sostanze chimiche, spezie, materiali da costruzione, foraggi, non vi era tipo di mercanzia che non potesse esser trasportata per mezzo della navigazione via Po. Sulla sponda un brulicare di gente al lavoro, tanti carri che arrivano pronti per essere scaricati altri invece pronti ad esser caricati. 

Guardando oggi qui a Piacenza il Grande Fiume sembra impossibile immaginare tutto questo via vai sulle sue maestose acque, in quei non troppo lontani secoli, che per fortuna possiamo rivedere dalla mole di documentazione che la storia piacentina ci ha conservato e che non smette di stupirci.

Umberto Battini
 
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