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30 settembre 2021
STORICI LOMBARDI
29 settembre 2021
PURGATIO 1311 A PIACENZA
DI PIACENZA DEL 1311 UNO FU TORTURATO
E UN ALTRO DERUBATO
Non è tutta rose e fiori la vicenda del processo ai templari di Piacenza, purtroppo per quei sette malcapitati, che furono condotti sotto buona guardia armata a Ravenna per ordine di Rainaldo da Concorezzo. Da quel processo uscirono tutti completamente assolti dalle nefandezze mosse loro dagli inquisitori papali e questo per la giusta e umana condotta degli interrogatori dell’arcivescovo Rainaldo che a Ravenna proibì l’uso della tortura, cosa che invece fu ampiamente usata da altre parti e nonostante che i due inquisitori domenicani Nicolaus e Joannes volessero usarla ampiamente.
Dal 17 al 21 giugno 1311 si svolse il procedimento che riguardava 88 articoli d’accusa elencati uno ad uno nella bolla papale del 12 agosto 1308 che andavano rivolti ad ogni singolo templare e che abbiamo letto negli originali latini pubblicati. Dice il papa senza mezzi giri di parole che tutto “l’Ordine e ogni singolo Templare hanno commesso nefandi, scellerati orrendi crimini di eresia” e tra questi “super abnegatione videlicet Domini Salvatoris Nostri Jhesu Christi, et super nephanda, temeraria et presumptuosa et heretica conspuitione super ymaginem eiusdem Crucifixi” cioè “in più rinnegano la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, e tra le grandi perversioni senza timore e con cattivo orgoglio sputano sopra al Crocifisso”. Con la parola latina “super nephanda” a quel tempo si alludeva anche alla sodomia, cosa anche questa della quale erano accusati e che però essi rinnegano nuovamente con la purgazione di Piacenza del 1311 “Item quod in receptione per se vel de se facta non docuit nec doctus fuit quod fratres dicti Ordinis possent carnaliter ad invicem commisceri” cioè ”...non ho indotto ne sono stato indotto a congiungermi carnalmente con i frati del mio Ordine”.
A processo il papa manda tutti i templari di qualsiasi grado o umile servizio e tutti devono dare la loro testimonianza all’inquisitore “in Ordine supradicto sacerdotibus, preceptoribus, militibus et servientibus” nessuno insomma la può passare liscia. I sette cavalieri templari piacentini erano fra Raimondo e Giacomo Fontana, i frati Mauro, Jacopo, Alberto e Guglielmo da Pigazzano e fra Pietro Caccia e tra questi Jacopo Fontana era stato addirittura precettore di S. Maria del Tempio di Milano e questo già dal 1304 come mostrano atti notarili milanesi dei Templari, insomma era un pezzo grosso tra i militi di Piacenza ed infatti come vedremo, sarà vittima di un ingiusto e illegale nuovo processo, violando palesemente le leggi inquisitoriali.
Dopo il loro ritorno da Ravenna da innocenti e pienamente assolti, gli ex-cavalieri si sottoposero all’ultimo atto formale cioè alla “purgatio” la purgazione che avvenne nel palazzo del vescovo a Piacenza e sottoscritta con atto notarile del 5 luglio 1311 il giorno dopo la festa di S. Antonino patrono cittadino e forse questa data non venne scelta a caso perchè significativa.
La purgazione è un atto molto importante da fare nella diocesi di appartenenza davanti al vescovo: il templare accusato di eresia e poi assolto, con questo ultimo interrogatorio nuovamente deve ammettere di non aver mai rinnegato Cristo, ne la Vergine ed i Santi e tra le altre tante cose di non aver mai e poi mai sputato sulla croce di Cristo “non abnegavit Christum... Deum... Virginem...” e “non spuit super Crucem”. Alla purgazione devono assistere per forza almeno sette testimoni, tra gli amici importanti dell’ex accusato “et quilibet eorum per se et singulariter cum septem clericis vel laycis, quorum nulli sint de dicto Ordine Templi, et qui sint fide catholici et probate vite” cioè i testimoni “siano per ogni purgante sette e presi sia tra i sacerdoti che i laici, e siano di fede cattolica e di vita provata, cioè senza macchia e non appartenenti all’Ordine del Tempio”.
I nostri militi infatti fecero degnamente questo atto e per ognuno ci misero la faccia i sette testimoni dei quali conosciamo nomi, cognomi e stato di vita ed ovviamente tutti di questa terra piacentina, per brevità a caso citiamo “Magister Jacobus de Burgo Medicus... Dominus Ghislerius de Bonifacio comes... Frater Petrus minister hospitalis Sancte Marie de Burgheto...” e tanti altri soprattutto sacerdoti e monaci di Piacenza dei quali si cita l’abitazione, la chiesa o il convento.
Il papa Clemente V che vive in Francia, dai suoi messi a cavallo riceve le carte del processo e immediata rimanda una lettera di fuoco a Rainaldo datata 27 giugno 1311, pensate dopo solo sei giorni dalla fine del processo con assoluzione piena e si lamenta che sia stato evitato con negligenza grave ed estrema l’uso della tortura: “per vos subiici debuerint questionibus et tormentis , quod minus prudenter quam et negligenter facere omisistis”.
Ma ecco che accade un fatto gravissimo, un anno dopo gli sgherri del vescovo di Lucca dopo il processo svolto contro i templari di quella città, catturano sulla strada verso Pontremoli (così deducono gli storici dando un paio di tesi sul fatto) il piacentino Jacopo da Pigazzano e lo sbattono in cella: il 24 ottobre 1312 verrà processato nuovamente nella curia di Lucca alla presenza dell’arcivescovo di Pisa Giovanni, del vescovo di Firenze Antonio e del canonico di Verona Pietro Giudice e stavolta non gli verrà risparmiata la tortura.
Puzza di vendetta questo fatto perchè l’ex milite del Tempio piacentino e gia precettore di Milano, è stato assolto formalmente a Ravenna ed ha pure fatto in curia a Piacenza l’atto della purgatio, appurare quel fatto sarebbe stato molto semplice ma tant’è e viene sottoposto al tormento della corda che consisteva nel venire appesi per gli arti e ogni tanto strattonati fortemente, causando dolori e traumi non irrilevanti.
L’accusato questa volta ritratta tutto e ammette le accuse di eresia: rinnegamento della Croce, sodomia e tutto il resto di depravazioni, e questo purtroppo grazie all’uso della tortura che spinse Jacopo da Pigazzano a far cessare quei dolori proprio confessando la colpa e la documentazione lucchese originale parla chiaro. E questo secondo processo fu un clamoroso atto di ingiustizia della Chiesa perchè era assolutamente previsto che un inquisito dopo l’assoluzione e l’innocenza acclarata non potesse più esser sottoposto a processo per lo stesso tipo di reato: a Lucca l’arcivescovo, il vescovo e l’inquisitore veronese per un motivo che toccherà agli storici scoprire, andarono contro legge senza pietà.
Un altro grave fatto è che nel 1314 l’ex milite templi il nobile Raimondo Fontana che nonostante il brutto affare cui era incorso, viveva come anche gli altri, vita agiata, viene assalito da Versuzio Landi e derubato della somma di ottanta fiorini d’oro e vien pure picchiato a sangue; dopo questo episodio gli sgherri assalgono la sua abitazione di Piacenza e la depredano di tutto e non contenti la incendiano. Le cronache del tempo che ci han lasciato gli storici narrano che Raimondo Fontana, vecchio e mai più ripresosi dai traumi fisici e dal danno ai suo beni, morì nell’arco di qualche tempo di crepacuore.
Questi anni che vanno dal 1308 con l’esproprio dei beni a Cotrebbia, a Fiorenzuola ed altri luoghi da parte dell’inquisitore, al 1311 con il processo di Ravenna e la successiva purgazione di Piacenza con assoluzione piena e gli episodi del 1312 con il processo illegale a Jacopo da Pigazzano e poi l’attacco personale del 1314 al vecchio templare Raimondo Fontana, sono uno spaccato di vita piacentina medievale interessante e curioso.
Umberto Battini
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25 settembre 2021
ARTICOLI TEMPLARI
24 settembre 2021
23 settembre 2021
SAN GERARDO IL PIACENTINO
Da un mio articolo apparso sul quotidiano di Piacenza LIBERTA'
di Umberto Battini
Il medioevo piacentino, quello più prossimo all’epoca del Concilio di Piacenza delle crociate, svela un illustre concittadino ricordato come “literis ad plene imbutus” (maestro versato nelle lettere), “ex illustri genti de Porta” (della Nobil Famiglia dei Porta) e come gli storici Ughelli e Campi scrivono: “Gerardus placentinus, illustri loco natus”.
La figura di San Gerardo Vescovo di Potenza si affianca degnamente a quella di San Corrado Confalonieri eremita, Patrono di Noto e Calendasco e festeggiato in altri luoghi. La canonizzazione è fatta per mano di Papa Callisto II: “Gerardum civem placentinum episcopum potentinum mortuum in sanctorum numerum retulit”, avvenuta nei primi mesi tra 1123-1124, mentre una lastra marmorea in Duomo a Piacenza ricorda la visita di questo Papa nel 1120.
14 settembre 2021
TOMBE CAPPUCCINE
13 settembre 2021
I GIGANTI DI SANTIMENTO
Per puro caso sfogliando vecchi studi piacentini stampati nel 1836 dalla tipografia vescovile Giuseppe Tedeschi di Piacenza ci imbattiamo in una notizia abbastanza singolare e dimenticata, a farcene memoria è Giovan Battista Anguissola dotto studioso di fama che ne scrive una precisa recensione.
In un terreno agricolo vicino alla chiesa parrocchiale di Santimento retta dall’arciprete e vicario foraneo don Francesco Uttini, paese che oggi è condiviso tra i comuni di Calendasco e Rottofreno, nell’anno 1834 alcuni agricoltori intenti ad arare un terreno chiamato Le Bagatte e di proprietà dello Stato, fanno un rinvenimento archeologico importantissimo. Certamente se fosse avvenuto ai nostri giorni quell’area sarebbe stata analizzata accuratamente e chissà quali altri tesori mostrerebbe oltre al solo dato storico che testimonia una florida e vivace vita rurale.
Il fatto raccontato dagli stessi agricoltori è che trovando resistenza all’aratro, furon costretti a guardare meglio ed a scavare pensando che dei macigni bloccassero l’avanzare dei buoi: ebbene alla loro vista comparvero “molte arche sepolcrali quadrilunghe con coperchi modellati a prisma formate da grossi, lunghi e ben cotti pianelloni alcuni più grandi altri più piccoli”. Si tratta della classiche tombe medievali “alla cappuccina” e ne vennero trovate appunto molte il che può far intendere che fosse un antico cimitero e addirittura prosegue la testimonianza “vennero aperte le arche e dalle rimenenze delle spoglie mortali si vide che nella maggior parte di queste tombe erano stati deposti più cadaveri”.
A Piacenza arrivò la notizia che a Santimento fossero state trovate ossa di giganti di epoca remota, di una altezza mai vista prima e quindi si pensò di mandare sul posto alcuni medici legali per fare una perizia su quei resti misteriosi.
La cosa singolare è che queste arche contenevano “da uno fino a sette cadaveri”, cosa forse neanche tanto rara nei rinvenimenti il ritrovare più corpi nella stessa sepoltura, e i periti “osservando qualche avanzo di cranio” capirono dalla dimensione che erano sia di uomini che di ragazzi o bambini e che “la suggestione degli agricoltori che questi cadaveri vantassero una statura gigantesca” era un ovvio errore, anche se vale la tesi che qualche abitante delle nostre aree potesse avere una statura maggiore per via degli stanziamenti appunto di coloni romani del nord-europa e anche di longobardi che non scordiamolo a Calendasco eran ben assodati e ci basti pensare ai documenti del Codice Diplomatico Longobardo e anche a quelli piacentini dell’Archivio storico di Sant’Antonino di Piacenza già pubblicati che ci danno questa conferma.
L’Anguissola è stato testimone di questi scavi e ne parla e scrive in prima persona per aver potuto osservare i reperti ritrovati accanto agli scheletri e ne traccia uno ad uno una piccola scheda storica per provare a dare una datazione all’imponente scoperta.
Sappiamo da indagini archeologiche di superficie svolte negli anni passati solamente analizzando reperti emersi dalle arature, che anche nella località tra il Campogrande di Calendasco e Santimento venne individuata una grande necropoli tardo romana che fu visionata anche dalla Soprintendenza Archeologica di Parma e Piacenza. Il ritrovamento del 1834 invece si legge che è avvenuto nei pressi della chiesa e la cosa non sorprende proprio per il fatto che questa zona era ampiamente abitata già da epoca romana quando vennero insediati dei coloni che resero abitabili queste terre.
Gli oggeti rinvenuti che crediamo sian stati portati al magazzino del Museo di Parma come usava in quel secolo sono degni di nota ma “ciò che però riuscì oggetto dell’universale meraviglia, fu che ai piedi della maggior parte di quei cadaveri si scoprirono interi o rotti alcuni materiali oggetti” che leggiamo erano: una suola ad uso di falegname (una dimma in legno), un’accetta, un pezzo di falce, un ditale da sarto, la parte superiore di una lancia, una campanella convessa in ferro, un anello da fuso in pietra, un puntale di rame, una piccola chiave da lucchetto in puro rame, una moneta di Ottone III e altri pezzi indefinibili rovinati in legno o altro.
Le tombe risultano con cadaveri sovrapposti nel tempo e quindi anche gli oggetti hanno una diversa datazione, ma già deducono che quei resti partano dall’epoca longobarda e fino a circa intorno l’anno mille. La descrizione dei singoli pezzi è interessante, perchè ci fan intendere che a Santimento eran stanziati anche militi cioè persone al tempo di rango e quindi non solo uomini rurali, anche se con il senno di oggi si possono aggiungere migliori informazioni: la moneta in rame con i simboli e le lettere che mostra è datata all’anno 997 ca. quando regnava Ottone III di Sassonia che è stato incoronato re degli Italici a Pavia, e l’Anguissola si dice certo che gli oggetti “danno a conoscere le professioni sia civili che rurali dei defunti”.
Il ditale era non chiuso nella parte sopra, potrebbe esser di un sarto ma sapendo bene che i musei ne conservano di antichi, dalla forma oggi invece desumiamo che sia un anello da arciere perchè appunto quelli museali han questa forma aperta. La punta di lancia lascia capire che quel defunto sia stato un milite cosa infatti attestata “prova ne sia il sepolcro disotterrato in Piacenza nel giardino del fu conte Pietro Calciati del quale parlai a lungo” e invece della chiave di lucchetto “è certo che nel secolo decimo già da lungo tempo usavansi tali serrature”. Tutte le decine di manufatti in cotto furono trattenuti dal contadino che li riutilizzò per altri lavori edili “il fittabile del terreno era in obbligo di por mano ad alcune riparazioni, e perciò si disse fortunato nell’avere scoperto materiali di ottima qualità”.
Del ritrovamento di Santimento spicca il lato storico, importante, che mostra come anche i piccoli paesi e frazioni meno conosciute del nostro territorio piacentino siano invece parte piena del percorso umano vivace che conosciamo dai libri di storia locale.
Umberto Battini
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12 settembre 2021
DIALETTO
10 settembre 2021
CURIOSITA' SU SAN ROCCO
Se quindi leggerete tra le tante Vita di San Rocco vi imbatterete anche nella notizia che egli visse tra la radura e la selva, cioè in mezzo a boscaglie praticabili e non in una grotta ma dentro ad una capanna che era nei dintorni del paese di Sarmato. E' qui che ha il periodo di sosta più lungo per il fatto delle pustule che si doveva curare: leggiamo che nella verde selva dove abitò vi scorreva un rivo d'acque limpide, utili a lui per detergere le ferite e per dissetarsi.
La cosa curiosa, molto curiosa a mio avviso, e che potrete appurarlo dai libri che trattano della sua Vita, dopo che ebbe lasciato l'ospedale di S. Maria di Betlhem a Piacenza (oggi chiesa di Sant'Anna) e dopo anche una sosta di qualche giornata al fiume Trebbia dove era il guado, a Sant'Antonio fuori le mura di Piacenza per intenderci presso le Case di Rocco che per altro pare che avessero quel nome già da prima il passaggio di San Rocco, eccolo poi dirigersi ancora più ad ovest dopo Rottofreno e peregrinare ancora per pochi chilometri.
Ora interessa sapere che si tramanda che sostò appunto nei dintorni di Sarmato feudo di Gottardo Pallastrelli presso un luogo ricco di vegetazione e riparato, con una piccola fonte, e non in una grotta, ma ecco che si legge che il luogo dove San Rocco prese dimora era nei pressi del fiume Trebbia!
Cosa impossibile per chi conosce il territorio: Sarmato è a pochi chilometri dal fiume Tidone che sfiora Rottofreno ed ha a nord il fiume Po mentre il succitato fiume Trebbia è a quindici chilometri a est e prossimo a Piacenza.
Fatto sta che anche questa notizia è circolata in antiche Vitae Sancti Rochi e poi certamente tramandata anche solo per "copia e incolla" diremmo oggi, ma resta il fatto che compare in libri storici antichi e non era certo una invenzione poetica visto che il fiume Trebbia esiste!
Sarebbe interessante sapere come mai viene anche tramandato come fatto storico che la sua dimora fosse nei pressi di Sarmato ma in una casupola prossima al fiume Trebbia, cosa come detto assolutamente impossibile proprio geograficamente!
Quale sia il mistero di questo dato non lo sappiamo, possiamo fare la ipotesi che sia un errore di conoscenza dei luoghi, ma suona strano che nel tempo non sia stato corretto citando al limite il fiume Tidone, cosa che non è mai avvenuta.
Resteremo anche con la curiosità di capire da dove sian provenute le voci della grotta di pianura e ancor più del fiume Trebbia spostato di oltre una decina di chilometri dal suo alveo!
Un altro aspetto che si vuol significare è quello d'essere stato S. Rocco un vero e proprio penitente francescano: fu a questo ideale terziario al quale aderì come era tra le possibilità della Regola del tempo per i laici cioè la Supra Montem del 1289.
Storico è che Papa Paolo III nel 1547 con la bolla "Cum a nobis" inserisce San Rocco ufficialmente nel catalogo dei Santi del Terzo Ordine di San Francesco de penitentia nuncupati; sappiamo anche che Papa Urbano VIII nel 1629 ne approva il culto sebbene fosse già fatto da secoli e papa Innocenzo XII nel 1694 prescrive ai francescani di celebrarlo con grande solennità.
Continuiamo ad analizzare un altro dato storico secondo i dati di Pietro Maria Campi illustre storico piacentino che nel primo 1600 ci lasciò alcuni monumentali libri di storia locale.
Il Campi scrive: "in detto anno 1322 in Piacenza fu l'avventurosa venuta del glorioso San Rocco" e continua "è da sapersi che il santo pellegrino, prima d'entrar in Piacenza, visitò molti villaggi del territorio..." tra i quali Caorso.
San Rocco arriva nel territorio di Piacenza nel 1322 e scorrazza e visita vari luoghi del piacentino, passando per tanti paesi e prediligendo gli ospitali.
Un dato: Calendasco vanta un ospedale antico gestito da penitenti terziari sotto la guida di fra Aristide, che nel 1315 accolse il piacentino S. Corrado Confalonieri dopo il fatto dell'incendio.
Ecco quindi un indizio, che ci fa ipotizzare anche il passaggio di S. Rocco tra i suoi fratelli ospitalieri di Calendasco ed in questo 1322 è ancora in piena attività vestito del saio grigio anche S. Corrado.
Ipotesi che qui in questo luogo di ospitalità l'infermiere itinerante S. Rocco (così lo definiscono eminenti studiosi per il fatto che vagava di ospitale in ospitale prestando anche servizio di carità in opere) incontra S. Corrado e gli altri fraticelli: un incontro tra futuri Santi, emblematico e inaspettato! Dicevamo di San Rocco: studi eminenti ci donano riferimenti storico-critici molto interessanti, in sintesi: lo storico antico Diedo dice San Rocco nato nel 1295 e morto nel 1327 ed un altro studio ci informa che fino ad argomenti più decisivi le date cui attenersi sono quelli forniti dal Diedo e altri ancora propongono invece il 1345-1377 ma sempre con molte incognite.
Se le date prime fossero confermate, ne le prime ne le ultime lo sono con certezza ma aperte a studio e ipotesi ancora ai nostri giorni, vediamo una coincidenza piena con l'epoca del piacentino San Corrado: tra il 1315 e il 1325 possono aver avuto un incontro.
San Rocco resta molto amato nella terra piacentina, invocato contro le pestilenze e non poche sono le chiese e gli oratori a lui dedicati nella nostra diocesi che nel giorno della sua morte il 16 di agosto, lo venera e festeggia con riti sacri e grandi fiere locali molto partecipate a Sarmato e Pontedell’Olio.
TEMPLARI CURIA DI VERONA
"...la Curia diocesana di Verona precisa che l’Associazione denominata “Templari Cattolici d’Italia” non ha alcuna facoltà canonica di proporre eventi, organizzare manifestazioni, accogliere nuovi adepti e prestare servizi di custodia in nessuna chiesa sia parrocchiale che rettoriale sull’intero territorio della Diocesi di Verona"
"Dopo aver svolto alcune verifiche e ascoltato vari testimoni attraverso una apposita commissione, il Vescovo di Verona, in sintonia con il dicastero vaticano competente, ha indetto, ai sensi dei can. 305 e 323 del Codice di diritto canonico, una visita canonica al fine di approfondire in modo più specifico la realtà dell’associazione secondo le indicazioni del Magistero della Chiesa e del Diritto canonico. Per poter quindi procedere a questa visita, il Vescovo ha disposto, lo scorso 31 maggio, la sospensione delle attività dell’associazione sul territorio dell’intera Diocesi e ogni tipo di servizio che i suoi membri prestavano in alcune chiese della stessa."
"Poiché sono state richieste da più parti informazioni e delucidazioni su questa realtà, la Curia diocesana di Verona precisa che l’Associazione denominata “Templari Cattolici d’Italia” non ha alcuna facoltà canonica di proporre eventi, organizzare manifestazioni, accogliere nuovi adepti e prestare servizi di custodia in nessuna chiesa sia parrocchiale che rettoriale sull’intero territorio della Diocesi di Verona, e che in questo momento non c’è alcun patrocinio o anche semplice appoggio della Diocesi a quanto i suoi membri continuano a proporre. Per questo, sia i presbiteri che i fedeli laici sono invitati ad essere prudenti nell’ascolto e obbedienti alle istruzioni che il Vescovo di Verona ha dato, fino al momento in cui non saranno chiariti i comportamenti ancora non di piena comunione ecclesiale dei Templari Cattolici d’Italia”.
8 settembre 2021
CASTELLO VISITE AL CANTIERE
Visite guidate gratuite sabato 18 settembre
Sabato
18 settembre l'Amministrazione comunale di Calendasco organizza una
giornata di apertura del cantiere in corso per il recupero del castello
Per l'occasione, saranno anche presentati i progetti in corso di
definizione sul locale delle scuderie, a lato del castello, e la
collaborazione avviata con il Politecnico di Milano per la riscoperta
della sua storia e la sua valorizzazione
Sono previste tre visite guidate: alle ore 14, alle 15 e 30 e alle 17
I posti sono limitati (causa Covid) per cui e' obbligatoria la prenotazione al numero: 3207698852
A chiusura dell'evento, a partire dalle ore 21 sulla Piazza del Castello
si terra' una serata dedicata dedicata a Dante Alighieri, a pochi
giorni dal 700esimo anniversario della sua scomparsa
L'astronomo Michele Cifalino' guiderà il pubblico nella lettura del
cielo stellato, accompagnato dall'interpretazione di canti della Divina
Commedia e da intrattenimento musicale
Per partecipare agli eventi e' necessario esibire il Green Pass
I CARTELLI DEL PO
7 settembre 2021
SANTIMENTO
6 settembre 2021
AMILCARE MARCHESI 1951
NUOVA STATUA A NOTO
TI AMIAMO E LO DIMOSTRIAMO
Ieratico e per certi aspetti anche dolce, questo San Corrado nel Santuario di San Corrado fuori le mura di Noto.