LANCHE
QUANDO IL PO ERA ORIUNDO
Passa il tempo, così come l’acqua
di Umberto Battini
storico locale/agiografo di S. Corrado Confalonieri
Io ho fatto in
tempo a vederle, le lanche. Ma le generazioni degli anni 1990 no, ormai le
lanche sono solo memoria.
Per vari fattori,
il corso del Grande Fiume Po, ha subito lievi cambiamenti e le piene han fatto
il restante del lavoro, così da cancellare questi acquitrini boscosi, e carichi
di buon pesce. Erano dei piccoli (mica tanto) laghetti artificiali al ridosso
del fiume, con isole sabbiose cariche di vegetazione e piante, che li
caratterizzavano.
Isolotti sui quali
quando ti ci addentravi, quasi come in una mini-giungla padana, potevi trovare
di tutto: giocattoli, palloni, gomme d’auto, oggetti svariati e strani, frutto
delle piene che trasportano di tutto e quei boschi servivano da “maglio” per
trattenere ciò che era rifiuto, come un filtro.
Le lanche di
Calendasco erano due, almeno per quel che ricordo, quella che partiva dal
Bosco, appena dopo la cava di sabbia lunga qualche centinaio di metri e poi
un’altra, meno selvatica, composta di un canalone, proseguendo verso il
Mezzano.
Le lanche erano
luoghi di pesca nei caldissimi pomeriggi, per noi ragazzi, che andavamo per pesce orologio e qualche baffuto pescegatto, mentre la sera,
all’imbrunire ma anche più oltre, nella calda notte estiva padana, trovavi i
pescatori più accaniti, a pesca di pescegatto di notevoli dimensioni, di lucci
e soprattutto di anguille, nere come la notte.
Quando l’acqua poi
calava abbastanza, nel pieno di luglio e d’agosto, potevi oltrepassare questo
lago d’acqua stagante immergendoti al massimo fino al ginocchio, e visitare
quella selva particolarissima che univa direttamente al Po. Le zanzare, i
mosconi e le libellule erano a sciami, ho potuto vedere libellule di tutte le
dimensioni e con le ali dei più svariati riflessi, che andavano dal rossiccio,
al blu e al verdognolo fino ad un perfetto incolore trasparente.
Le libellule noi
ragazzi le cacciavamo, le chiamavamo elicotteri,
per il fatto che il loro volo ricorda moltissimo quel veivolo del cielo.
Anche
i pesci orologio avevano dei colori stranissimi e diversi, come le libellule,
ma una cosa importante, che a pensarci sembra impossibile, era che le lanche
erano popolatissime di pesci rossi, quelli nostrani, che intravedevi a frotte
quando gettavi una pastura fatta di briciole di pane e ti fermavi a vederli
affiorare e mangiarsi quel cibo.
E sulle rive del
Po, dove l’acqua era meno corrente e più ferma, vere e proprie nuvole di
stricci si lasciavano guardare e quasi toccare se immergevi la mano.
Sembra un ricordo
lontano, invece tutto questo esisteva pochissimi decenni fa e ora fa parte già
del ricordo, ma di quel ricordo che difficilmente potrà tornare, perché il
Grande Fiume Po non pare abbia intenzione di riformare alcunché di lanca in
questa parte di terra che abbraccia Calendasco.