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1 dicembre 2015

RINGRAZIAMENTO


DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015
BENEDIZIONE
DEI MEZZI AGRICOLI
Giornata del Ringraziamento per i beni
della terra

Calendasco
















15 novembre 2015

RICORDO DEI CADUTI

Calendasco
domenica 15 novembre 2015

Commemorati di caduti di tutte le guerre

Con una bella cerimonia liturgica nella parrocchiale di Calendasco abbiamo ricordato i caduti delle guerre.
Presenti autorità civili e militari e il locale gruppo degli Alpini ha provveduto a offrire la corona d'allora che è poi stata portata nel monumento ai caduti che si trova dentro l'atrio della scuola.
Il Circolo Anspi San Corrado ha poi offerto ai presenti la traizionale polenta e ciccioli il cui piccolo obolo dato in offerta andrà per le tante opere parrocchiali.




20 ottobre 2015

PARROCCHIA GENEROSA


CALENDASCO
VICINO A CHI SOFFRE  DI SLA
  
Domenica 18 ottobre 2015 durante la santa messa

Un mio breve articolo
con foto sul quotidiano
di Piacenza LIBERTA'
di martedì 20 ottobre
per onorare questo gesto
di solidarietà

















 

5 ottobre 2015

INGRESSO PARROCO


DOMENICA 4 OTTOBRE
Il nuovo parroco don Fabio Battiato
accolto a Calendasco

Il sacerdote vanta per metà origini netine, in quanto la sua mamma è di Noto, la città di San Corrado Confalonieri. 

Calendasco ha Patrono il Santo Eremita francescano da 400 anni e conserva il castello dei Confalonieri dove è nato il Santo e il romitorio convento del 1300 dove fu accolto dopo l'incendio del 1315.

Don Fabio ha la cura pastorale di Calendasco, di Cotrebbia e Boscone e tutto il Comune ha una popolazione di circa 2500 anime.





La chiesa era gremita di popolo e accompagnato dal Vicario Generale della nostra Diocesi don Fabio ha preso "posseso" della parrocchia. 
Alla fine del rito un grande rinfresco nel cortile della canonica, sotto ad un sole veramente caldo non ostante la stagione!

Buon lavoro e benvenuto tra di noi!
















28 settembre 2015

CAMBIO IN PARROCCHIA


Don Massimo verso un nuovo incarico
LA PARROCCHIA DI CALENDASCO
ASPETTA DON FABIO BATTIATO

Saluteremo il nuovo parroco domenica prossima alla s. messa d'accoglienza alle ore 15.30



Don Massimo nella messa di saluto














 
Chiesa di Calendasco gremita di fedeli






















 

24 settembre 2015

DON MASSIMO GRAZIE


Domenica 27 settembre 2015
UN ABBRACCIO AL DON
Don Massimo Cassola arciprete parroco
di Calendasco verso una nuova esperienza pastorale

 
Domenica mattina alle ore 11.00 la comunità civile e parrocchiale di Calendasco di Piacenza (il borgo natio di San Corrado Confalonieri!) saluta il parroco che è stato trasferito, dopo due anni con noi.
Saranno presenti tutti i fedeli delle tre parrocchie cui era affidata la curatela e cioè Cotrebbia, Boscone e Calendasco!

Personalmente sono molto grato a don Massimo.
Tanti parrocchiani eamici l'hanno frequentato anche più di me, per il fatto che io vivo la parrocchia durante gli eventi liturgici o di festa e alla domenica, essendo io lontano da Calendasco durante la settimana, ma ciò non toglie che mi ero affezionato a questa figura di sacerdote giovane, serio e affabile.
Anche circa la mia "sperticata" e mai nascosta devozione e amore verso il Patrono S. Corrado, ho trovato nel don una apertura divertita e disponibile.
In effetti io sono un fedele devoto del Patrono un pochetto fuori le righe e chi mi conosce ben lo sa, fatto sta che anche circa i miei studi e ricerche storiche sul paese, la chiesa ed il Santo Incendiario, da don Massimo ho sempre avuto disponibilità e porte aperte e con fiducia mi è stato accordato a più riprese di svolgere proficue ricerche d'archivio.

Grazie don Massimo Cassola! Mio 5°Parroco.

Ricordo qui i don che hanno segnato i miei oltre cinquant'anni di vita, e cioè don Federico Peratici che mi ha battezzato, don Francesco Pallastrelli, don Carlo Maria Ossola, don Silvio Cavalli e ora il don Massimo Cassola.
Aspettando quindi il nuovo parroco, buon lavoro!

Umbe detto Corrado Battini




23 settembre 2015

LA STANZA DEL PATRONO

Era il 1290
Nel maniero nasceva il Penitente

San Corrado Confalonieri
l'Incendiario

CALENDASCO (Piacenza)

La stanza al piano superiore del castello dei Confalonieri dove nacque il Grande Penitente francescano
S. Corrado Confalonieri
Penitente terziario ed eremita
del Terzo Ordine Regolare
di S. Francesco







6 settembre 2015

6 SETTEMBRE 2015


N O T O

C A L E N D A S C O

In unione spirituale per San Corrado













27 agosto 2015

500 A N N I

AUGURI
PATRONO

Il 28 agosto del 1515 veniva ufficialmente fatto Beato il nostro amato S. Corrado!
E nella data del 28 agosto 2015 (un venerdì) cadono i 500 anni dell'evento!
La Bolla pontificia venne letta direttamente a Noto, proprio lì, nella terra che lo accolse, fu proclamato Beato!

Calendasco - Noto
una data importantissima!

Ricordando
l'inizio del V Centenario




















12 agosto 2015

ARTICOLO TRASLAZIONE 2015

Il mio amico - colto e affabilissimo - Carmelo Sciascia siciliano di Piacenza mi ha omaggiato di questo suo ottimo scritto relativo alla XXIII Traslazione dell'Urna di S. Corrado da Calendasco presso la città di Noto fino al Santuario nella Valle dei Miracoli o dei Tre Pizzoni!
Articolo apparso sul quotidiano di Piacenza LIBERTA'.
Mi aveva promesso Carmelo che sarebbe venuto a Noto alla processione e così ha fatto ed anche ci siamo incontrati in quel festoso clima! Io ero là come "Socio Onorario" dei Portatori dei Cilii coccolatissimo da un vero e proprio esercito di fedeli!


articolo dal quotidiano di Piacenza LIBERTA' di mercoledì 5 agosto 2015
la PROCESSIONE si è svolta la domenica 2 agosto 2015 a NOTO




La traslazione di Corrado Confalonieri, un Santo siciliano di Piacenza

di Carmelo Sciascia

“Al mondo abbiamo dato una forma ma non la guardiamo. E non vediamo che gli spazi sono distribuiti malissimo” . Olivo Barbieri, emiliano di Carpi, specializzato in fotografia di ambienti urbani (in questo periodo c’è di lui una mostra al MAXXI a Roma) con questa affermazione non si riferiva di certo a Noto. Città modellata dalla fantasia degli abili scalpellini siciliani (da fine Seicento a tutto il Settecento), il Barbieri si riferiva alle tante città sparse per il mondo, di certo la seicentesca e barocca Noto lo smentisce. Noto è, non una città, ma un palcoscenico rigoroso ed armonico di un teatro in pietra. Lo stesso Olivo Barbieri ha però ragione quando afferma che: “La luce è una cosa meravigliosa che ti permette di capire il mondo senza toccarlo: noi credevamo che fosse la luce divina, la verità”, perché con queste parole, pur pensando ad altro, il fotografo, sembra proprio riferirsi a Noto.
 Dove il calore del sole assorbito durante il giorno colora la pietra che costituisce la materia prima dei maggiori monumenti e chiese, di un rosa intenso e perciò straordinario. In particolare da sottolineare è la luce che emana la facciata della cattedrale di San Nicolò. Quella luce sembra emanazione diretta della divinità che contiene.
 Fu il re Ruggero il Normanno, dopo la presa dell’ ultimo caposaldo musulmano nella Sicilia sud-orientale (1091), che volle dedicarla a S. Nicolò vescovo. Ma la “luce divina” che la fa risplendere e conoscere nel mondo è dovuta, non al vescovo di Mirra, cui è titolata ma al santo piacentino Corrado Confalonieri. All’urna argentea che ne contiene le spoglie.
La Sicilia, terra crudele ed avara per gli autoctoni, diventava spesso terra promessa per gli stranieri, che lì vi hanno fatto fortuna. Calogero è un nome a me caro, così si chiamava mio padre e così si chiama mio figlio. San Calogero nasce in Calcedonia, giunge a capo Lilibeo, insieme a Gregorio e Demetrio. Mentre questi ultimi a Marsala testimoniano col martirio la loro fede, Calogero inizia la sua peregrinazione nell’isola che da Salemi lo porta nell’agrigentino fino a morire da eremita in una grotta sul monte Kronio nel 561 a Sciacca.
Tante le analogie tra i santi, d’altronde ve ne sono tantissime nelle vite dei comuni mortali.
 
Anche Maria Santissima del Monte, statua secentesca attribuita ai Gagini che viene venerata a Racalmuto, si fa per tradizione provenire dall’Africa settentrionale, dove trovata dal principe di Castronovo, venne trattenuta a Racalmuto dal Conte del Carretto (della famiglia di Finale Ligure).
Particolare fortuna ha avuto in Sicilia, a Noto, Corrado Confalonieri. Oggi, domenica 2 agosto, un viaggio nel viaggio, dai monti Sicani dove mi trovo, mi reco a Noto. Dove assisterò alla traslazione delle reliquie di San Corrado. Un evento, religioso ma non solo. Avviene di norma ogni dieci anni o per eventi eccezionali: quest’anno per il Giubileo, indetto dal gesuita Papa Francesco. 


Si è tenuto quest’anno a Calendasco, precisamente il 20 giugno, il VI Convegno Nazionale di studi corradiani. Premessa “sine qua non” del mio pellegrinaggio di questa estate.
Ricorre quest’anno il V centenario dell’indulto di beatificazione del Santo avvenuta proprio a Noto il 1515.
Domenica, 2 agosto. Il giorno precedente è stato caldissimo, un caldo torrido ed umido immobilizzava gli uomini e le cose: “tutto l’universo criato” avrebbe detto Cammilleri sperava in un qualche rifugio di frescura notturna. Alle tre, in piena notte, sarebbe dovuto iniziare l’evento religioso più atteso del luogo.
Noto, ore 2. La piazza della Cattedrale di San Nicolò è già gremita. 

La gente attende. Da una parte si ammira, anche se la si conosce benissimo, la scalinata ed il prospetto della chiesa, dall’altra parte si sbircia il corso nella direzione della Porta Ferdinandea (così detta in onore di Ferdinando di Borbone che la fece erigere nel 1838). È da questa parte che devono arrivare i portatori dei ”cilii”. Questi ceri sono nati come contributo dato dall’aristocrazia locale ai festeggiamenti ed avevano lo scopo di illuminare il percorso della processione che allora attraversava tante vie buie (ad onor del vero, in buona parte anche adesso).
Vestono, i portatori dei cilii, maglie color porpora, nastrini colorati, ed una fascia che serve a sorreggere il peso dei cilli stessi, tra loro riconosco Umberto Battini, “il netino di Calendasco”, infaticabile studioso della vita di Corrado Confalonieri ed animatore di eventi religiosi e culturali. L’età dei portatori dei cilii varia. Alcuni molto piccoli, altri ragazzi e giovani fino ai 18 anni e sono quelli che precederanno la processione, mentre gli adulti affiancheranno l’argenteo reliquario del Santo.


L’urna che contiene le spoglie di San Corrado, è di argento, ha forma di parallelepipedo con ricchi bassorilievi ai lati, sorretta da quattro grifoni che tanto ricordano i bassorilievi assiro-babilonesi.
Attende, l’urna, ai piedi dell’altare maggiore, sotto la maestosa cupola, di essere sollevata dai portatori in divisa con bianche giubbe e grandi medaglioni argentei che fanno parte della confraternita dei portatori.
Noto, ore 3. La piazza esulta. Come se un imponente palcoscenico aprisse il telone, un imponente corteo si dispone a scendere la scalinata della Cattedrale. Ai lati della scalinata due file dei portatori di cilii, nel mezzo una rappresentanza religiosa, clero secolare e frati “francescani poveri” (un istituendo nuovo ordine religioso di giovani, con riconoscimento ufficiale in itinere), al centro l’urna del Santo portata in spalla dalla Confraternita dei portatori nella tipica tenuta, a seguire la banda musicale: i ceri sono accesi, la banda suona, i credenti elevano in preghiera inni religiosi, si parte!
Arrivo previsto al santuario del Santo, che custodisce la grotta scelta da Corrado per il suo eremitaggio di preghiera e di “amicizia” con Dio, fuori città, alle 8 di mattina. Il percorso prevede l’attraversamento della parte alta del centro storico, fino alla frazione di San Corrado di Fuori per scendere infine all’eremo del Santo.


I portatori di cilii, nella componente giovanile, alla testa della processione, spesso invocano il Santo, gridando il suo nome ed alzando la mano libera, mentre l’altra regge sempre il cero. Fanno loro eco le invocazione della Confraternita dei portatori. I cilii sono frutto di un accurato lavoro artigianale, di legno il fusto che imita una grande candela di cera, termina con un contenitore della candela accesa di vera cera, come un fiore, in metallo leggero e traforato. I motivi rappresentati possono essere religiosi, floreali o dei semplici arabeschi.
La loro funzione come è stato detto è quella di illuminare la strada ma anche di omaggiare il Santo con una danza unica e particolarissima. Di tanto in tanto, durante le soste del percorso, i portatori danno luogo ad una corsa, prima a ritmo sostenuto, man mano più veloce, a formare delle ellissi con sovrumana fatica , l’effetto scenico è sorprendente, come la commozione dei fedeli che ne accompagna i movimenti con l’invocazione di: “viva viva San Currao”. 
È uno dei momenti in cui forme di paganesimo si fondono e confondono nella religiosità popolare, come avviene in tutte le feste religiose in Sicilia. Come i grifoni che reggono l’urna del Santo richiamano un’arte medio-orientale precristiana, così le invocazioni dei fedeli ricordano l’invito alla preghiera di altre culture religiose. La Sicilia come metafora di una globalizzazione culturale, vive e rivive, in ogni festa religiosa, il fondersi ed il confondersi dell’elemento della cultura ellenica, romana, islamica ed ispanica che tornano vitali, spesso razionalmente negati , ad imporsi.


L’alba ci raggiunge durante il tragitto, che a volte diventa faticoso per le salite ed il caldo che anche di notte non ci lascia mai, il fondo stradale rilascia lentamente ed inesorabilmente il calore accumulato durante il giorno. Il sole ci sorprende ancor prima di essere arrivati a destinazione.
Finalmente (forse purtroppo) la processione giunge tutta, completa degli insostituibili elementi che l’hanno composta fin dalla partenza, nella spianata della Cava antistante il Santuario. Ed è qui che dopo un’ultima “danza dei cilii” si dà inizio alle funzioni religiose.
Niente di straordinario, in fondo è stata solo la traslazione di un Santo, una manifestazione religiosa che avviene ogni dieci anni e che è durata tutta una notte: la notte del 2 agosto dell’anno 2015.

Carmelo Sciascia



20 luglio 2015

2 AGOSTO A NOTO


XXIII TRASLAZIONE 
DELL'ARCA DI SAN CORRADO

Noto la città di San Corrado!
Domenica 2 agosto alle ore 3 del mattino momento di preghiera e poi parte la processione verso il Santuario.
San Corrado resterà nella sua grotta amata fino al 19 agosto.

La Traslazione è un evento religioso della Pietà Popolare che viene raramente e solo in eventi speciali resa possibile.
Quindi un momento di fedeltà e venerazione storico!

1515 - 2015  V Centenario della Beatificazione



16 luglio 2015

E X P O CALENDASCO


















Di strada ne ha fatta la Francigena di Calendasco e il nostro stracoccolato Fiume PO (inquinamento a parte) ne ha fatta passare d'acqua, erano gli anni '90.
Nel 990 ca. su quest'acque s'imbarcò tranquillo l'arcivescovo di Canterbury, stava tornando nella sua Anglia.
Passò il Fiume dal paese di San Corrado e da Corte Sant'Andrea sulla sponda opposta, s'apprestò su quell'itinerario.
Nel 2015 la Via Francigena - rispolverata dal 2000 per il Grande Giubileo - continua un lento, delicato e tormentato percorso burocratico di rilancio.
E' vero: la strada la fanno i camminatori, e chissà perché ce ne scordiamo e c'illudiamo di risolvere la questione Francigena anche e soprattutto con molte e troppe scartoffie.
Bhe ci vorranno anche quelle se è vero che il percorso storico passa per Comuni e luoghi, ma un pochetto di nostrana intraprendenza andrebbe lasciata "vivere" e intendo quell'intraprendenza che nasce dalla cultura e dall'approccio umano.
Comunque sia in questo 2015 anno Exponiano anche la Strada dei Pellegrini per eccellenza arriva là, nella MIlano estiva.
Ed il fatto è che venerdì 24 luglio all'EXPO il nostro antico paese con la sua storia si presenta al mondo e si presenta a quel mondo (si dice che ci sia tutto rappresentato lì) con la Via Francigena e il Guado di Sigerico che in sponda emiliana è proprio nel mio e nostro Calendasco!
Quanto con altri amici da quei lontani anni '90 si sia lottato per far emergere questo prezioso fatto storico-culturale e di turismo è un dato di fatto, ma che ora e qui non rimarco ne rivendico ne tantomeno polemizzo.
La Storia è una cosa Nobile, e portare anche all'Exponiano mondo Calendasco per me è già una vittoria, un fatto d'orgoglio, a prescindere dai risultati e dal dato francigeno.
Amo il mio paesello, sono devoto del Patrono Incendiario, e lì ci sono nato e ho tanti, tantissimi amici di ogni sesso ed età e così sia.

Umberto Battini
ragnarolo


30 giugno 2015

ARTICOLO PIACENZA


articolo di Carmelo Sciascia
 

Siamo abituati a conoscere la religiosità del popolo siciliano, così come studiato al liceo, attraverso il Verga, nella famosa novella Guerra di Santi: una zuffa cruenta tra avverse fazioni che si sfidano con devozioni contrapposte. Nel caso di Verga la lotta tra San Pasquale e San Rocco. Questa concezione irreligiosa di professare una religione, ha una radice scettica così come era stata avvalorata, fuori dai confini regionali, dallo scettico  Montaigne che così scrive: “Non temo di confessare che io facilmente porterei, se occorresse, una candela a san Michele e un’altra al suo serpente”. Questo in generale penso possa essere ancora valido, almeno per la forte componente pagana,  presente in quasi tutte le feste religiose in Sicilia. Anche la festa del Monte di Racalmuto (il mio paese) raggiunge l’acme, ancora oggi, con una ragguardevole zuffa: la presa del cero, ben descritta da L. Sciascia ne “Le parrocchie di Regalpetra”.
Anche Piacenza, ebbe nella stessa chiesa,  il culto comune di due santi: San Vittore e Sant’Antonino. Sant’Antonino (di cui si sconosce l’anno e la città di nascita) diventa martire nel 303 quando San Vittore aveva tre anni essendo nato nel 300. Morirà nel 375.Piacenza poco sa del proprio patrono Sant’Antonino, ancora oggi per le notizie si fa riferimento allo storico Campi, notizie confutate già nel settecento da un altro storico piacentino: il Poggiali.
Piacenza ignora (e ignorerà fino al seicento) un certo Corrado Confalonieri. Lo ignora non come nobile rampollo dei Confalonieri di Calendasco ma come Eremita in quel di Noto.
Solo che contrariamente a Sant’Antonino, di Corrado Confalonieri da Calendasco sappiamo tutto, con documentato puntiglio storico. Notevoli sono state le ricerche e gli studi, numerosi i documenti e le testimonianze. Studi ed incontri che continuano ancora a fornirci nuove conoscenze.
Sabato 20 giugno, nel salone del municipio di Calendasco ha avuto luogo il VI Convegno Nazionale di studi corradiani. Il tema: Considerazioni storiche sui luoghi, i documenti e il culto di San Corrado a Calendasco. Ricorre infatti quest’anno il V centenario dell’indulto di beatificazione del Santo avvenuta a Noto nel 1515. Corrado fu Santo per volontà popolare subito dopo la morte, quando per la Chiesa era ancora Beato.
Moderatore dell’incontro il poeta Claudio Arzani, ha salutato i presenti il parroco di Calendasco Don Massimo Cassola che ha sottolineato la figura di Corrado come pellegrino, un pellegrino illustre che ci porta a meditare sul tema dell’accoglienza, accoglienza come caratteristica  peculiare della comunità del paese. Diversi sono i profughi ospitati in paese senza che vi sia nessun problema per i residenti abituali.  In un convegno dedicato a San Corrado una testimonianza netina è d’obbligo. Una presenza quella di Oscar Angelo Cannella da Milano che sottolinea la santità di Corrado per grazia ricevuta. La sua è una delle tante testimonianze che si trovano anche nel museo degli ex-voto a Noto. Da bambino era affetto da una grave malformazione ossea, un processo degenerativo di calcificazione che lo avrebbe portato all’immobilità, la madre lo depose sull’urna del Santo all’età di nove anni e da quel momento iniziò una lenta ma totale guarigione.
Dopo questi preliminari di carattere squisitamente devozionale, la parola agli storici. Il primo ad intervenire è Gianni Battini, cultore di storia locale. La sua testimonianza parte da lontano, dal ritrovamento dei sette pugnali di selce che testimoniano già in periodo preistorico la presenza dell’uomo in territorio prossimo al Po, dove si pensava ad una presenza dell’uomo in epoca più tarda, per un’apparente inospitalità delle caratteristiche territoriali. Oltre che manufatti, sono state nella zona trovate tracce  di abitazioni (capanne) risalenti al 900 a.c. Calendasco fu sicuramente villa romana, cioè case e cascine sparse nella campagna in prossimità del Po, ma non è da escludere un’origine celtica, il significato del territorio sarebbe “luogo vicino a una foresta”. Sicuramente il maggior sviluppo si ha con l’attraversamento delle vie di comunicazione, con la derivazione di una bretella della via postumia che giungeva al porto sul fiume, il futuro passo di Sigerico, che conduceva verso Pavia,   proseguendo verso la Gallia e collegandosi al Lambro, verso Milano. Nel 1154 queste terre videro anche  l’accampamento dell’imperatore Federico Barbarossa e la famosa Dieta di Roncaglia (per alcuni storici il luogo sarebbe stato Somaglia). Il tema, dai Celti a San Corrado, è stato così ampiamente trattato come premessa storica della realtà locale, humus culturale dove nacque ed operò il giovane Corrado Confalonieri.
Le grandi vie di comunicazione, dai romani al medioevo sono state illustrate dallo storico Fausto Chiesa. Interessante capire come accanto alle vie di comunicazione si siano formati gli xenodochi e quali erano quelli presenti a Caledasco. Gli xenodochi erano luoghi preposti a “ricevere ospiti” come dalla genesi compositiva del termine stesso. Sorti accanto alle vie più importanti erano di sostegno ai viaggiatori ed ai pellegrini, numerosi infatti si trovavano sulla via Francigena e sul cammino di Santiago de Compostela. Gestiti da frati, costituirono un embrione dei futuri complessi episcopali. Importante quello gestito dai monaci di San Colombano di Bobbio. Così lo storico Chiesa: “Lungo la via Postumia che in seguito verrà definita Romea o Romera, invece, era più facile trovare degli hospitali, che davano assistenza anche e soprattutto sanitaria, così fu  quello di Sant’ Elena di Rottofreno, oppure di Ponte Tidone annesso alla chiesa, ben visibile ancor oggi, seppure ridotto maluccio. Superato il porto sul Po di Suprarivo, dopo qualche chilometro i pellegrini, i viandanti si trovavano di fronte l’abitato di Kalendasco, poche case esistenti in epoca longobarda e prossimo alla città di Piacenza. La tradizione ci porta qui a rinnovare la figura e l’importanza di San Corrado Confalonieri, del quale esiste tuttora l’hospitio-romitorio a lui dedicato.” 
Il romitorio di Kalendasco era detto del “gorgolare” perché nei pressi di un mulino ad acqua. Per questo la comunità religiosa, colà insediatasi, prese il nome di Gorgolare. Fu qui che Corrado nato Confalonieri nel castello di Calendasco nel 1290,  rinasce all’età di 25 anni a nuova vita diventando francescano penitente. E qui che padre Giuseppe Neri, postulatore del Terzo Ordine Regolare, venuto appositamente per il convegno insieme ad un confratello da Assisi, pone l’accento sulla conversione del Santo e sull’analogia con la scelta di San Francesco d’Assisi. Corrado vive gioiosa gioventù (come del resto il Santo Poverello) ma l’incidente lo sradica. L’incidente era avvenuto durante una partita di caccia, quando per stanare la selvaggina nascosta nel folto della vegetazione, ordinò di appiccare il fuoco. Il governatore di Piacenza Galeazzo Visconti, Vicario Imperiale fece riconoscere colpevole un contadino del luogo. Fu allora che Corrado proclamata la sua colpa e risarcito il danno, rinuncia al privilegio nobiliare, diventa povero e si converte. Congiuntamente a sua moglie Eufrosina che scelse di entrare nel monastero di Santa Chiara in Piacenza. Corrado chiede di essere accolto all’Hospitio dei terziari francescani di Calendasco,  si nutre di solo pane, dorme sulla nuda terra. L’esperienza dura 5 anni, viene infine introdotto e veste l’abito grigio dei penitenti. Pellegrino a Roma, in Terra Santa, a Malta, lo troviamo infine in Sicilia, a Noto.
Perché Noto? Ed è appunto questo Convegno a darci chiarimenti in merito. Umberto Battini, infaticabile studioso, ricercatore ed organizzatore di eventi corradiani ci prospetta la soluzione. Una curiosa premessa: ai tempi di San Corrado i servitori e battitori per la caccia, erano detti ‘battini’. E come il nostro Umberto ebbe a scrivere: “Non so quanto possa valere, di certo però, io che mai ho praticato la caccia, ho l’onere di portare questo antico cognome”. E lo porta benissimo, visto il grande contributo che ha dato alla ricerca storica sul Santo: sua la scoperta, cercando negli archivi parrocchiali, del documento attestante la nascita del Santo Eremita proprio a Calendasco. Ci dice il Battini che già il territorio  netino, per peculiare conformazione e per tradizione bizantina, era meta di molti eremiti, (come, altri parti del meridione, ad esempio nelle vicinanze di Monte San Michele sul Gargano, dove ancora continua la tradizione greco ortodossa). Non solo. Riporta il nostro storico documenti per cui nel 1296 era stato assegnato ad un nobile Landi piacentino il feudo di Curmaracchia in Val di Noto. Probabilmente Corrado ne era a conoscenza.  Il Feudo perso dai Landi venne poi richiesto tramite intercessione papale, senza nessun esito. Documentazione storica ineccepibile quella del possesso piacentino di Curmaracchia, come ineccepibile potrebbero essere i due accennati fattori determinanti nella scelta del Santo.
Le rivelazioni di Battini continuano:  cita anche documenti ove si parla di scontri armati avvenuti nel 1313, l’assedio della lombarda Soncino in quel di Cremona, con protagonista tal Corrado Confalonieri. Visto che la conversione è databile nel 1315, potrebbe anche essere che lo stesso giovane Corrado Confalonieri si trovasse a combattere nell’anno 1313. Ultimo episodio riportato da Battini, la descrizione dei festeggiamenti di San Corrado, avvenuti a Calendasco il 19 febbraio del 1912, festeggiamenti avvenuti per tre giorni di seguito ed alla presenza di tre vescovi, uno per ogni giorno. Sappiamo della presenza del vescovo di Piacenza, di quello di Bobbio, mentre ignoriamo quale fosse il terzo vescovo (sarà un ulteriore convegno a svelarcelo?).
Il sindaco Francesco Zangrandi,  ha illustrato brevemente la storia del castrum burgi calendaschi. Mentre dettagliatamente si è soffermato sulla storia recente e sui progetti di recupero. Progetti presentati già nel 1985, ma che iniziano concretamente in seguito al reale pericolo di crollo del tetto solo nel 2000, per proseguire nel 2002 con l’acquisto di altre pertinenze del castello, portico e scuderia. Altri cantieri si susseguono dal 2007 al 2013 e che vedono la sistemazione dello scalone di accesso ed il  recupero dell’area cortilizia.
Per finire si attende un ulteriore finanziamento per porre in essere un adeguato sistema di illuminazione che ne esalti le caratteristiche architettoniche. Il prossimo consiglio comunale vedrà la proposta per fare inserire la via Francigena come patrimonio dell’umanità. Sarebbe l’inserimento UNESCO un grande volano per un ulteriore rilancio del turismo della zona, che vedrebbe protagonisti, la presenza del Castello, del Romitorio, del guado di Sigerico e della figura di San Corrado, patrono di Calendasco da più di quattrocento anni.
Per concludere Francesco Ferri, poeta piacentino, ha  recitato alcuni componimenti in onore di San Corrado.
Qui potrebbe terminare il resoconto del VI convegno di studi corradiani. Ma così non è, perché in realtà il convegno prosegue con una visita guidata nei luoghi propri del Santo.
Visita al Romitorio, dove la storia (di San Corrado) e l’arte (di Bruno Grassi) si fondono e confondono, trasformando un luogo materiale in un altare di profonda religiosità. Visita al Castello ed alle stanze, che videro nascere e crescere Corrado, uomo d’armi e nobile Confalonieri. Visita alla chiesa, presenza antica, almeno nel nucleo originale, la parte che riguarda l’altare, familiare al Santo.
“Noto è una delle più straordinarie città che si siano costruite in Europa… una delle più raffinate realizzazioni di un’epoca che produsse Mozart e Tiepolo” (S. Sitwell), è per definizione “il giardino di pietra”, un giardino che custodisce nella propria Cattedrale, l’urna d’argento con il venerato corpo di San Corrado, acclamato Santo, da beato, dal popolo netino fin dall’anno 1351.
Anche a Piacenza, nonostante i Farnese abbiano cercato di cancellarne la memoria, perché il Santo era della famiglia Confalonieri,  si celebra San Corrado con molta solennità ed  a Calendasco per esattezza storica da oltre 400 anni!

Carmelo Sciascia