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29 maggio 2017

REMIVERI



SCORRE TUTTO COME L’ACQUA
450 CHILOMETRI SUL GRANDE FIUME
Passano i reMIVEri

di Umberto Battini
     storico locale/agiografo di S. Corrado Confalonieri


La reMIVEri Classic  ha fatto tappa al Masero di Calendasco, all’attracco della Società Canottieri locale. Tre quadriremi più coach che sono partite dalla Darsena di Milano, lungo il Naviglio Pavese, poi nel Ticino e dal suo sbocco in Po presso Pavia, e via a remi fino a Venezia per poi far là la famosissima Vogalonga.
L’iniziativa è apparsa sui quotidiani nazionali ed è stata presentata a Palazzo Marino a Milano.
E’ un modo culturale e sportivo per dar vigore e luce alle Vie d’Acqua.
Il gruppo di atleti – uomini e donne – ha fatto una sosta a Calendasco dopo la bella amicizia che nacque nella prima edizione del 2015 della Milano-Venezia.
Un piccolo gruppo di gente del Po di Calendasco li ha accolti offrendo una bella grigliata agli affamati atleti vogatori che poi sono ripartiti per concludere la tappa del giorno presso Piacenza alla Società Canottieri Vittorino da Feltre.
il porticciolo del Masero della Società Canottieri che ha accolto gli atleti

Quello che duole è che la politica si riempie la bocca di voler valorizzare il Po, renderlo navigabile, fruibile ma alla fine sono bolle di sapone al vento.
Tutto passa via e scorre.
Noi però abbiamo un’anima del luogo, che riusciamo a intuire e afferrare, facendola viva con queste modeste iniziative che gestiamo nella completa possibilità dei nostri mezzi, e così costruiamo amicizie nobili e belle.
Le mettiamo lì da parte, in attesa di tempi migliori per poterle poi valorizzare nel modo giusto e concreto e condividerle.
Ci crediamo e per questo non molliamo!

26 maggio 2017

EXTRA MOENIA 2




CAOS
POLITICA E DRAMMI  SOCIALI
E’ il mondo che geme, fino alla fine, evangelicamente

Una volta a Piacenza, le notizie le vivevamo dai giornali, le commentavamo, ci sentivamo nella bolla dell’incorruttibilità sociale e politca. Poi le cose sono cambiate, come il tempo buono e il tempo brutto, come le temperie che vanno e vengono.
Crollano i valori etici più semplici, più autentici, come barbari in lotta in un mondo che non ci appartiene, che sembra stritolarci con i suoi meccanismi.
C’è chi ha una vita meschina, ma invece di farsi su le maniche, vive nel torbido sogno che il suo prossimo abbia la sua stessa meschina sorte, per goderne.
C’è chi tormente i piccoli, bambini innocentemente coinvolti.

C’è un mondo pseudo-politico, apertamente da poltrona comoda, e appaiono salvatori mundi che in buona fede (speriamolo! nda) inventano nuovi metodi di comunicazione. L’abbiamo già visto, lo vediamo in alcuni recenti partiti politici (politici! Sic!).
A Piacenza si vota per eleggere il Sindaco.
A me basta il ricordo storico, mi appaga, perché il Primo Cittadino dei tempi moderni un  secolo e mezzo fa circa, fu uomo nato e cresciuto in Calendasco, devotamente amante del Patrono San Corrado (è tutto nero su bianco nda); un uomo integro Faustino Perletti.
E quando le cose politiche presero una piega senza valore, di diatriba senza pensare al buon senso civico pro-cittadini, il Perletti corradianamente lasciò lo scranno; a qualcosa servono i nostri Patroni!
Ci rimane quell’appiglio, quel luogo dell’arbitrio libero e allo stesso tempo pieno di grazia, quel luogo del cuore che è inespugnabile, anche in una Piacenza, in un’Italia, in un Mondo che piange e geme, fino alla fine, un luogo che è la Casa per eccellenza ma che fatichiamo a visitare: il Tabernacolo Santo.


23 maggio 2017

RICORDI



LANCHE
QUANDO IL PO ERA ORIUNDO
Passa il tempo, così come l’acqua

di Umberto Battini
    storico locale/agiografo di S. Corrado Confalonieri


Io ho fatto in tempo a vederle, le lanche. Ma le generazioni degli anni 1990 no, ormai le lanche sono solo memoria.
Per vari fattori, il corso del Grande Fiume Po, ha subito lievi cambiamenti e le piene han fatto il restante del lavoro, così da cancellare questi acquitrini boscosi, e carichi di buon pesce. Erano dei piccoli (mica tanto) laghetti artificiali al ridosso del fiume, con isole sabbiose cariche di vegetazione e piante, che li caratterizzavano.
Isolotti sui quali quando ti ci addentravi, quasi come in una mini-giungla padana, potevi trovare di tutto: giocattoli, palloni, gomme d’auto, oggetti svariati e strani, frutto delle piene che trasportano di tutto e quei boschi servivano da “maglio” per trattenere ciò che era rifiuto, come un filtro.
Le lanche di Calendasco erano due, almeno per quel che ricordo, quella che partiva dal Bosco, appena dopo la cava di sabbia lunga qualche centinaio di metri e poi un’altra, meno selvatica, composta di un canalone, proseguendo verso il Mezzano.

Le lanche erano luoghi di pesca nei caldissimi pomeriggi, per noi ragazzi, che andavamo per pesce orologio e qualche baffuto pescegatto, mentre la sera, all’imbrunire ma anche più oltre, nella calda notte estiva padana, trovavi i pescatori più accaniti, a pesca di pescegatto di notevoli dimensioni, di lucci e soprattutto di anguille, nere come la notte.
Quando l’acqua poi calava abbastanza, nel pieno di luglio e d’agosto, potevi oltrepassare questo lago d’acqua stagante immergendoti al massimo fino al ginocchio, e visitare quella selva particolarissima che univa direttamente al Po. Le zanzare, i mosconi e le libellule erano a sciami, ho potuto vedere libellule di tutte le dimensioni e con le ali dei più svariati riflessi, che andavano dal rossiccio, al blu e al verdognolo fino ad un perfetto incolore trasparente.
Le libellule noi ragazzi le cacciavamo, le chiamavamo elicotteri, per il fatto che il loro volo ricorda moltissimo quel veivolo del cielo. 
Anche i pesci orologio avevano dei colori stranissimi e diversi, come le libellule, ma una cosa importante, che a pensarci sembra impossibile, era che le lanche erano popolatissime di pesci rossi, quelli nostrani, che intravedevi a frotte quando gettavi una pastura fatta di briciole di pane e ti fermavi a vederli affiorare e mangiarsi quel cibo.
E sulle rive del Po, dove l’acqua era meno corrente e più ferma, vere e proprie nuvole di stricci si lasciavano guardare e quasi toccare se immergevi la mano.
Sembra un ricordo lontano, invece tutto questo esisteva pochissimi decenni fa e ora fa parte già del ricordo, ma di quel ricordo che difficilmente potrà tornare, perché il Grande Fiume Po non pare abbia intenzione di riformare alcunché di lanca in questa parte di terra che abbraccia Calendasco.

18 maggio 2017

22 MAGGIO




CALENDASCO VENERATISSIMA
SANTA RITA
La processione, la benedizione

di Umberto Battini

Una memoria liturgica, quella del 22 maggio, molto sentita da tanti anni, anche a Calendasco.
Santa Rita da Cascia, venne beatificata nel 1628 da papa Urbano VIII (lo stesso papa che concesse nel 1625 la universalizzazione del culto di San Corrado Confalonieri, facendolo Santo e togliendo le scomuniche ai netini nda). Verrà canonizzata – fatta Santa – nel 1900 da papa Leone XIII.
Nell’abside della chiesa del paese, nell’affresco compare ovviamente anche la Santa dei casi impossibili. E una bella statua è in una nicchia alla sinistra di chi entra nella chiesa, questa statua viene portata solennemente in processione la sera della sua festa.
particolare dell'affresco del pittore Ricchetti - 1971

Ricordo che avevamo l’usanza di gettare petali di rosa sul tragitto della processione dove si portava la statua di Santa Rita.
La banda rendeva solenne e festosa  questa ricorrenza e dopo la benedizione finale, dall’alto della scalinata dinanzi la piazza della chiesa, il sacerdote procedeva alla benedizione dei veicoli, che erano portati nel paese a centinaia. Non c’era strada, anfratto, luogo del paese libero da veicoli in attesa di essere benedetti.
Una tradizione religiosa che ancora oggi si perpetua, un segno di festa che riesce ancora a riunire una comunità, nonostante il giorno dopo tutto ritorni come prima, ognuno preso dalle sue cose, dalle sue chiacchiere, e fortunatamente, qualcuno preso da buona volontà, la Santa dell’impossibile rende possibile coltivare una vita nobile, anche qui a Calendasco.