L'ARTICOLO del 27 aprile 2024
puoi anche leggerlo dal quotidiano ILPIACENZA.it
di Umberto Battini
Sono
ben sessantacinque i chilometri di Po che con i suoi meandri sfiora
tutta la provincia di Piacenza e la città stessa: il confine è
dalla foce del torrente Bardoneggia poco a monte di Castelsangiovanni
e più giù fino oltre Soarza in comune di Villanova d’Arda.
L’importanza storica del Grande Fiume a fini di navigazione, di
pesca e relativa tassazione ha sempre finito per interessare chi
governava. Ed è quindi molto interessante andare a buttare lo
sguardo sulla “Relazione sulla pesca di fiume della provincia di
Piacenza” fatta dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio
il 21 gennaio 1870.
Qui
si si elencano tipi di pesci, tipi di reti da pesca, imbarcazioni ed
altro per la buona pratica di questa attività importante per
l’economia piacentina. La relazione del Ministero elenca i pesci
che si trovano in Po: “anguille, lucci, carpioni, cavedini,
ciprini, tinche e trote e da marzo ad agosto i pesci di mare che
rimontano: storioni, salmoni, chepie e lamprede”. Interessante che
nei canali di derivazione “si pescano in buona quantità gamberi e
rane” ed il tutto finisce sui banchi del mercato ad un prezzo che
qui leggiamo essere per “trote e storioni di lire 2,30 al
chilogrammo, si vende tutto fresco e nessuna qualità pescata viene
salata, marinata o seccata”. I nomi delle reti da pesca coincidono
con quello dialettale che il rapporto del ministero mette tra
parentesi nel documento e così elenca: “Giacchio (in vulgo
sparaver)... il Tramaglio per la pesca dello storione... lo Strascino
(strascinass)... il Bertavello (bertavell)... la Nassa (nassein)...
la Bilancia (balanza)...”.
La
relazione del 1870 al punto sette ci dice che “la pesca nel fiume
Po è sempre stata affittata dal Governo” e che “nella Provincia
di Piacenza non vi sono stabilimenti di Piscicoltura e nessuno si
applica a tale industria”, insomma si pescava e vendeva solo pesce
fresco: dall’acqua alla tavola. In quell’anno “il numero dei
pescatori di professione è di n. 40” mentre “le barche impiegate
per la pesca sul fiume Po sono 40” e spiccano le dimensioni della
classica battellina piacentina “lunghezza in media di metri 6 e
larghezza 1 metro e 30 ed a due remi”.
Segue
alla fine del testo una “avvertenza” che riporta anche questa
saggia decisione “nella Provincia piacentina nessuno pensa ai mezzi
di pesca distruggitori... né alla pesca notturna con fiaccole”.
Quindi si conclude auspicando che “l’Autorità darà norme per la
pesca destinate ad impedire il malgoverno, e la distruzione dei
pesci, giacché la libertà dell’industria non deve essere confusa
con una disordinata licenza”. Si prestava molta attenzione a
preservare l’ambiente con le sue specie autoctone, e d’altra
parte il Po era una buona fonte di reddito per tante famiglie ma non
solo di pescatori professionisti, tanti i mestieri legati al Grande
Fiume. Erano ancora tempi nei quali Piacenza ed il Po erano una cosa
sola.
articolo da ILPIACENZA.it del 27 aprile 2024 di Umberto Battini
ono
ben sessantacinque i chilometri di Po che con i suoi meandri sfiora
tutta la provincia di Piacenza e la città stessa: il confine è dalla
foce del torrente Bardoneggia poco a monte di Castelsangiovanni e più
giù fino oltre Soarza in comune di Villanova d’Arda. L’importanza
storica del Grande Fiume a fini di navigazione, di pesca e relativa
tassazione ha sempre finito per interessare chi governava. Ed è quindi
molto interessante andare a buttare lo sguardo sulla “Relazione sulla
pesca di fiume della provincia di Piacenza” fatta dal Ministero di
Agricoltura, Industria e Commercio il 21 gennaio 1870.
Qui si si elencano tipi di pesci, tipi di reti da pesca, imbarcazioni
ed altro per la buona pratica di questa attività importante per
l’economia piacentina. La relazione del Ministero elenca i pesci che si
trovano in Po: “anguille, lucci, carpioni, cavedini, ciprini, tinche e
trote e da marzo ad agosto i pesci di mare che rimontano: storioni,
salmoni, chepie e lamprede”. Interessante che nei canali di derivazione
“si pescano in buona quantità gamberi e rane” ed il tutto finisce sui
banchi del mercato ad un prezzo che qui leggiamo essere per “trote e
storioni di lire 2,30 al chilogrammo, si vende tutto fresco e nessuna
qualità pescata viene salata, marinata o seccata”. I nomi delle reti da
pesca coincidono con quello dialettale che il rapporto del ministero
mette tra parentesi nel documento e così elenca: “Giacchio (in vulgo
sparaver)... il Tramaglio per la pesca dello storione... lo Strascino
(strascinass)... il Bertavello (bertavell)... la Nassa (nassein)... la
Bilancia (balanza)...”.
--
Quando si pescavano nel Po rane e gamberi in grandi quantità
https://www.ilpiacenza.it/attualita/quando-si-pescavano-nel-po-rane-e-gamberi-in-grandi-quantita.html
© IlPiacenzaono
ben sessantacinque i chilometri di Po che con i suoi meandri sfiora
tutta la provincia di Piacenza e la città stessa: il confine è dalla
foce del torrente Bardoneggia poco a monte di Castelsangiovanni e più
giù fino oltre Soarza in comune di Villanova d’Arda. L’importanza
storica del Grande Fiume a fini di navigazione, di pesca e relativa
tassazione ha sempre finito per interessare chi governava. Ed è quindi
molto interessante andare a buttare lo sguardo sulla “Relazione sulla
pesca di fiume della provincia di Piacenza” fatta dal Ministero di
Agricoltura, Industria e Commercio il 21 gennaio 1870.
Qui si si elencano tipi di pesci, tipi di reti da pesca, imbarcazioni
ed altro per la buona pratica di questa attività importante per
l’economia piacentina. La relazione del Ministero elenca i pesci che si
trovano in Po: “anguille, lucci, carpioni, cavedini, ciprini, tinche e
trote e da marzo ad agosto i pesci di mare che rimontano: storioni,
salmoni, chepie e lamprede”. Interessante che nei canali di derivazione
“si pescano in buona quantità gamberi e rane” ed il tutto finisce sui
banchi del mercato ad un prezzo che qui leggiamo essere per “trote e
storioni di lire 2,30 al chilogrammo, si vende tutto fresco e nessuna
qualità pescata viene salata, marinata o seccata”. I nomi delle reti da
pesca coincidono con quello dialettale che il rapporto del ministero
mette tra parentesi nel documento e così elenca: “Giacchio (in vulgo
sparaver)... il Tramaglio per la pesca dello storione... lo Strascino
(strascinass)... il Bertavello (bertavell)... la Nassa (nassein)... la
Bilancia (balanza)...”.
--
Quando si pescavano nel Po rane e gamberi in grandi quantità
https://www.ilpiacenza.it/attualita/quando-si-pescavano-nel-po-rane-e-gamberi-in-grandi-quantita.html
© IlPiacenza