LETTURE DEL BLOG N°118.570 A GIUGNO 2025

26 giugno 2025

PESCA IN PO 1870

UN ARTICOLO DI UMBERTO BATTINI
apparso sul quotidiano ILPIACENZA.it il 27 aprile 2024
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LA PESCA NEL FIUME PO NELL'800
LE REGOLE 

Sono ben sessantacinque i chilometri di Po che con i suoi meandri sfiora tutta la provincia di Piacenza e la città stessa: il confine è dalla foce del torrente Bardoneggia poco a monte di Castel S. Giovanni e più giù fino oltre Soarza in comune di Villanova d’Arda.

L’importanza storica del Grande Fiume a fini di navigazione, di pesca e relativa tassazione ha sempre finito per interessare chi governava. Ed è quindi molto interessante andare a buttare lo sguardo sulla “Relazione sulla pesca di fiume della provincia di Piacenza” fatta dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio il 21 gennaio 1870.

Qui si si elencano tipi di pesci, tipi di reti da pesca, imbarcazioni ed altro per la buona pratica di questa attività importante per l’economia piacentina.

La relazione del Ministero elenca i pesci che si trovano in Po: “anguille, lucci, carpioni, cavedini, ciprini, tinche e trote e da marzo ad agosto i pesci di mare che rimontano: storioni, salmoni, chepie e lamprede”.

Interessante che nei canali di derivazione “si pescano in buona quantità gamberi e rane” ed il tutto finisce sui banchi del mercato ad un prezzo che qui leggiamo essere per “trote e storioni di lire 2,30 al chilogrammo, si vende tutto fresco e nessuna qualità pescata viene salata, marinata o seccata”.

I nomi delle reti da pesca coincidono con quello dialettale che il rapporto del ministero mette tra parentesi nel documento e così elenca: “Giacchio (in vulgo sparaver)... il Tramaglio per la pesca dello storione... lo Strascino (strascinass)... il Bertavello (bertavell)... la Nassa (nassein)... la Bilancia (balanza)...”.

La relazione del 1870 al punto sette ci dice che “la pesca nel fiume Po è sempre stata affittata dal Governo” e che “nella Provincia di Piacenza non vi sono stabilimenti di Piscicoltura e nessuno si applica a tale industria”, insomma si pescava e vendeva solo pesce fresco: dall’acqua alla tavola.

In quell’anno “il numero dei pescatori di professione è di n. 40” mentre “le barche impiegate per la pesca sul fiume Po sono 40” e spiccano le dimensioni della classica battellina piacentina “lunghezza in media di metri 6 e larghezza 1 metro e 30 ed a due remi”.

Segue alla fine del testo una “Avvertenza” che riporta anche questa saggia decisione “nella Provincia piacentina nessuno pensa ai mezzi di pesca distruggitori... nè alla pesca notturna con fiaccole”.

Qundi si conclude auspicando che “l’Autorità darà norme per la pesca destinate ad impedire il malgoverno, e la distruzione dei pesci, giacchè la libertà dell’industria non deve essere confusa con una disordinata licenza”.

Si prestava molta attenzione a preservare l’ambiente con le sue specie autoctone, e d’altra parte il Po era una buona fonte di reddito per tante famiglie ma non solo di pescatori professionisti, tanti i mestieri legati al Grande Fiume.

Erano ancora tempi nei quali Piacenza ed il Po erano una cosa sola.

Umberto Battini