LETTURE DEL BLOG N°118.480 A GIUGNO 2025

25 giugno 2025

TABULA PEUTINGERIANA

UN ARTICOLO DA ILPIACENZA.IT
di Umberto Battini del 2 giugno 2024
oppure scorri la pagina e leggilo qui sotto  

LA TABULA PEUTINGERIANA

E L’AREA PIACENTINA 

IN EPOCA ROMANA 



di Umberto Battini 

E’ una mappa storica d’importanza cruciale, antica e che nel suo originale la si data almeno alla metà del IV secolo, mentre quella esposta in Austria è derivata da quella antica e riprodotta nel medioevo. Anzi già gli studiosi accreditano la copia medievale ad un'altra di età carolingia, insomma dall’epoca romana venne “tramandata” e ricopiata per via delle informazioni topografiche che riportava.

Basta dire che l’Unesco l’ha messa nel “Registro della Memoria del mondo”, una carta geografica che contiene tutto “l’orbe” conosciuto in quei secoli, pensate che è una delle fonti più importanti al mondo per identificare toponimi antichi e qualcosa di piacentino c'è.

Ed ovviamente è riprodotta una porzione del nostro territorio con le strade e la distanza delle “mansio” (stazioni di sosta e cambio cavalli) per la direzione Parma, Milano, Pavia e ovviamente ben oltre.

Il disegno del territorio piacentino costeggia quindi il “flumine Padus” anche se, con errore, è stato posto tutto sulla sponda sinistra, mentre siamo saldamente su quella destra, un errore che non inficia il risultato dei toponimi.

E’ suddivisa “in blocchi” cioè in varie mappe, e interessante è quella appunto relativa alla nostra zona, dove compaiono le località di “tappa” giornaliera lungo l'antica via romana cioè le "mansio".

Intanto si nota bene la città di “Placentia” con la strada che porta verso Lodi “Laude Pompeia” e quindi su fino a “Mediolanum”, proseguendo invece verso est si arriva a “Florentia” che è Fiorenzuola d’Arda.

Dalla città verso ovest si punta su “Ad Padum” che significa “Al Po” che è identificato dagli studiosi come l'area vicina a Calendasco, luogo di passo del Grande Fiume sulla strada romana diretta a Pavia. Non per nulla restò luogo di traghetto per secoli, per diventare snodo cruciale della Via Francigena tra Lombardia ed Emilia.

L'itinerario della "Tabula" prosegue e passa il fiume Lambro dove si approda a “Quadrata” segue poi la località “Lambrum” per poi arrivare alla città di Pavia “Ticeno”, nome che richiama appunto il fiume Ticino su cui sorge. Circa la distanza che è segnata fra “Placentia” e “Ad Padum” (area di Calendasco), gli studiosi indicano che vada letto in IV (4) miglia e non XX (20), come effettivamente appare ancora oggi, circa sei chilometri.

Eravamo parte della Gallia Cispadana e basti ricordare che la Via Emilia venne iniziata nel 189 a.C. e terminata circa tre anni dopo, ebbene nella “Tabula” questa via romana che collegava Piacenza a Rimini, non è ancora segnalata, quindi il segmento che ci riguarda venne disegnato anni prima.

La città di Piacenza venne edificata nel 218 a.C. su di un terrazzo alluvionale del Po, e controllava l’area ovest verso “Clastidium” cioè Casteggio e Stradella ed era in simbiosi con Cremona sull'itinerario romano della via Postumia.

Dobbiamo l'aver rintracciato e conservato questo reperto al grande antichista tedesco Konrad Peutinger e da qui appunto il "nome" della preziosa mappa.

A Vienna l'originale è conservato nella Biblioteca Nazionale Austriaca, ma una copia, grandissima, la possiamo vedere da vicino a Brescia nel Museo di Santa Giulia.

Ad ogni modo la mappa è una solida testimonianza della posizione strategica, sotto vari punti di vista, di Piacenza e relativi luoghi principali, già cruciali oltre duemila anni fa.

Articolo di Umberto Battini

 


GESTIONE DEL PO

ECCO L'ARTICOLO PRESO DA ILPIACENZA.IT
di Umberto Battini apparso sul quotidiano del 10 ottobre 2024
oppure scorri e leggi il testo 

isogna mettere il naso dentro a quei libri storici  “per addetti ai lavori” e quindi con pochissima diffusione pubblica, per ritrovare notizie di cronaca nuda e cruda. Un caso simile è il “Chronica Civitatis Placentiae”, volume stampato a Parma nel 1862 dalla Fiaccadori a cura del Bonora, ovviamente in latino e senza nessuna traduzione minima.

La “Chronica” è del medievale medico piacentino Johannis Agazzari che trasmette le cose di quei tempi, anche alcune un po’ più antiche. Abbiamo quindi fatto una scelta tra le centinaia di notizie che ci ha lasciato, traducendo quelle che parevano particolari e curiose, sicuramente pochissimo conosciute. Ogni notizia quindi inizia con il classico “Anno domini” e poi con la data, spiegando il fatto notevole che successe a Piacenza o nel circondario, schiettamente e senza fronzoli.

Nell’anno del Signore 931 gli “Ungari pagani” arrivarono in Lombardia (si intendeva con quel termine praticamente tutto il nord Italia) e tra le altre male cose incendiarono il monastero di Angilberga e tutta la città: “Incendierunt quoddam Monasterium...” di San Sisto e purtroppo anche “totam dictam civitate Placentiae”.

Nell’anno 1003 “Luna visa est versa in colorem Sanguinis”, cioè la luna divenne del colore rosso sangue, probabilmente un fatto astronomico ma che destava stupore nel popolo, non trovando spiegazioni logiche.

Sicuramente restò impresso questo evento nel 1081, quando “Civitas Placentia quasi tota arsit in Sabato sancto”, cioè la città bruciò quasi tutta nella notte prima della Pasqua. Certo non era una grandissima città a quel secolo e le case, a parte quelle di nobili e prelati, di regola erano per buona parte fatte in legno e gli incendi, se indomati, erano fatali.

Ed ecco nel 1087 a Piacenza e nel territorio accadere una “magna siccitas” (grande siccità) dove seccarono fiumi e pozzi, ricorda l’evento del Po di un anno fa. Allora i nobili e il clero con molto popolo portarono in processione il corpo di “Sanctae Justine in circhuitu Civitatis” e per grazia di Dio arrivò un tempo di “magna ubertas”, cioè grande abbondanza.

Nell’anno 1140 bruciò tutto il borgo di Santa Brigida “de mense Augusti Burgum Sancte  Brigide arsit”, a quel punto ancora una volta dalla cripta della cattedrale “extractum fuit” il corpo di S. Giustina e portato “ad predictum igne” per ottenere un altro miracolo sullo spegnimento del fuoco.



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Le cronache del medioevo: Piacenza spesso bruciava, ma si poteva anche morire congelati nel letto
https://www.ilpiacenza.it/attualita/le-cronache-del-medioevo-piacenza-spesso-bruciava-ma-si-poteva-anche-morire-congelati-nel-letto.html
© IlPiacenza

GLI ANTICHI UFFICI E I FUNZIONARI

PER LA GESTIONE DEL PO




L’importanza del Grande Fiume nella gestione politica e sociale di chi governava il nostro territorio tra medioevo e ottocento, la deduciamo dalle strutture di uffici e funzionari delegati.

Ecco allora un elenco di alcune strutture che a Piacenza erano autorizzate a soprintendere sul Po, che abbiamo desunto da ottimi studi e documenti piacentini.

Lungo il Po, se osserviamo le mappe antiche, troveremo segnati dei capanni, piccole case poste proprio sulla riva del fiume, dove arriva la strada principale che va ai porti chiamate “Bergantino o Bargello”. 

Qui era il capo delle guardie cioè il “Capitano luogotente del Bergantino”, con il corpo di polizia fluviale, che controllava che tutto procedesse con legalità nel commercio di merci portate per “via d’acqua” senza frodare nel pagamento dei dazi.

Tra ’600 e ’700 troveremo invece questi luoghi segnalati come “Casa del dazio” sempre su strade d’approdo a porti fluviali come è ad esempio il caso del porto di Veratto, dove le mappe segnalano la “regia strada commerciale del Veratto” con questi definiti capanni di dogana.

A soprintendere, dal suo ufficio in città, troviamo il “Capitano del Po” che è un funzionario che risponde direttamente al Duca circa tutto il distretto di Piacenza, e toccava a lui dirigere tutto ciò che riguardava la navigazione fluviale sia per scopi civili che militari.

Importante era “l’Ufficiale del Porto del Po”, che poteva essere sia di nomina statale camerale od anche appaltatore, cosa più comune, ed era obbligato quindi alla custodia ben definita dei traghetti lungo l’alveo ed anche a riscuotere i pedaggi.

D’antica fondazione medievale viscontea, la “Corporazione dei paroni e marinai del Po”, in essa erano raggruppati tutti gli addetti a navigare, quali barcaroli, molinari natanti e pescatori. 

Si dividevano in due gruppi: i paroni ed i marinai o anche detti navaroli, i primi avevano al loro servizio le squadre di navaroli pronte ad intervenire lungo le rive del Po in caso di inondazioni, per la custodia del fiume o per navigazione militare in tempo di guerra.

I navaroli erano però esentati dal servizio militare e da certe tasse e qui nel piacentino nel XV secolo erano ben 76 divisi in due squadre: quella d’Oltrepo in sponda lombarda, con uomini a Mezzana Oltrepò, Caselle Landi, Minuta Vallera e San Rocco, sulla riva destra le squadre erano a Piacenza, Calendasco con Boscone Cusani, Mezzana ed una a Mortizza con Zerbo.

Nel ’700 era attivo il “Governatorato della Longa del Po” dedito alla Darsena di Piacenza ed a tutto il corso del fiume nel Ducato, occupandosi di tutto tranne che della polizia fluviale. 

Questi funzionari della Longa avevano ampi poteri con la facoltà di fare norme sulla navigazione, giudicare le liti fra pescatori o barcaroli e potevano arruolare i marinai o navaroli ducali in caso di necessità.

Tanti erano anche altri tipi di incarico “di fiume” per certi versi minori, che dal medioevo e fino ben oltre l’epoca napoleonica riguardavano il Po qui a Piacenza, con il quale la città bene dimostrava di avere un legame che oggi sorprende.

Umberto Battini

ricercatore storico locale 

 

 

IL PO ESTATE

IL GRANDE FIUME IN ESTATE
 

 

24 giugno 2025

PO PLASTICA 2025

RITROVAMENTO D'ANTROPOCENE
UN BAMBOLOTTO IN ALVEO
In questo periodo di guerre questo rinvenimento
mette angoscia e più che a far pensare all'inquinamento
di plastica nel Po rimanda ad altro di più terribile

 

NOTO 2025

IN OCCASIONE 
DELLA XXV TRASLAZIONE
DELL'ARCA DI SAN CORRADO
DA NOTO ALLA GROTTA
Una iniziativa dei Portatori di S. Corrado di Noto
 

 

22 giugno 2025

1547 LA CONGIURA

L'ASSASSINO FEUDATARIO
Correva l'anno 1547 e a Piacenza si uccise
il figlio di papa Paolo III Farnese 
 
di Umberto Battini
castello feudo dei Confalonieri di Calendasco per 300 anni

 
Vado. L’ammazzo. E torno.
Giovanluigi Confalonieri. Feudatario.
1547 giorno 10 settembre. 
Da Calendasco a Piacenza sono 5 miglia circa.
La strada che parte dal borgo passa il Trebbia alla Malpaga e si sbuca nella “via di campagna” dai frati.

Poco più in sù c’è la zona S. Eufemia, qui il Confalonieri con i suoi fratelli ha palazzo.
Lo esige ‘per legge’ il nuovo duca, figlio di Papa, duca con molte, troppe idee per un feudatario all’antica, legato alla terra, alla campagna.
In città lo aspettano altri amici Nobili, ognuno con le sue mire di potere. A Giovanluigi basta conservare la vita selvatica rurale, così almeno ci appare al confronto con gli altri congiurati.

Per dei Nobili entrare nel Palazzo non è difficile, anzi.
Gli altri che congiurano con lui han mire più grandi.
I quattro lasciano il loro piccolo seguito e vengono ricevuti dal Pierluigi loro Duca.
Partono le stilettate. Pochi attimi e il figlio del Papa è cadavere.

Succede quel che succede: la storia piacentina e quella italiana dell’epoca, ben racconta e dettaglia questo insano episodio. Ognuno lo legge secondo il proprio tornaconto.
Epilogo: trentanove anni dopo Giovanluigi Confalonieri (ha un avo già Santo in Sicilia, a Noto, del quale han scritto gli agiografi) deve vendere “per obbligo” i suoi beni di Calendasco.

Una confisca più politica che di legge, infatti gli basta emigrare a Milano trentanove anni dopo l’omicidio, col suo gruzzolo cospicuo, e là divenire immanente Capitano di Giustizia.
Giustizia è fatta!

Più volte in questi decenni i Farnese gli han teso vendetta mandando sicari, lui ce l’ha fatta sempre! Nel suo feudo di Calendasco in fin dei conti non si vive male.
Un Santo in Paradiso c’è, anche senza saperlo.
E poi non tutti possono diventare Santi. Il mondo ha continuato a girare. E ancora gira.

Umberto Battini
storico locale

IL PO E LA PECORA

Quando si dà valore alle cose
correva l'anno 1841  
di Umberto Battini


Soprattutto in tempo di miseria. Nel 1841 sulla Gazzetta Provinciale di Pavia del 6 luglio in Atti Ufficiali si legge: Avviso – nella mattina del 21 giugno ultimo decorso venne raccolta galleggiante sul Fiume Po’ verso Sponda Piacentina al luogo denominato Calendasco, una pecora, che minacciava di affogarsi. Chi l’avesse perduta potrà rivolgersi a quest’I.R. Ufficio di Polizia giustificando d’esserne il proprietario. Pavia 1 luglio 1841. Davvero interessante, ci si possono fare tanti commenti, anche ironici ma poi mica tanto! 
Visto le lune che stiamo vivendo oggi. Già il fatto che a Pavia – che non è mica lì a due  passi – ci si prenda la briga di darne notizia… La pecora smarrita ritrovò l’ovile? Mha, chissà! 
Ad ogni buon conto sta notiziola mi sembra un’ottima metafora.

Umberto Battini
storico locale  

LA FOCE TREBBIA

FOCE TREBBIA NEL PO
Era davanti a quel che restava del ramo
detto "di Po morto" che un tempo
risaliva fino all'altezza di San Rocco al Porto 
 

 

21 giugno 2025

PORTI SUL PO AREA CALENDASCO

COME TESTIMONIANO 
CARTE D'ARCHIVIO LUNGO IL PO
VI ERANO VARI PORTICCIOLI
L'area dell'ansa ovest di Piacenza
nel comune di Calendasco
articolo da ILPIACENZA.it quotidiano del 13-3-2022
di Umberto Battini 
un articolo documentato, che ci svela dove erano ubicati
questi luoghi di sosta e di traghetto da sponda a sponda sul Po 

 

20 giugno 2025

NUOVO STUDIO

CLAMOROSI NUOVI DOCUMENTI
SUI PASSI DI PO FRANCIGENI
NELL'AREA PIACENTINA
Con carte d'Archivio e Mappe antiche 
IN PREPARAZIONE NUOVO LIBRO 
Ecco dove erano i porti di Po
della Francigena dal tempo dei
Longobardi e fino all'800 
Nuovi Studi e Nuovi Documenti importanti 
 

CULTO ANTICO

UN FEUDATARIO PIACENTINO
CHE DA OLTRE SETTECENTO ANNI
E' PATRONO DI CALENDASCO
E CHE MORI' A NOTO NEL 1351 

 

19 giugno 2025

RANE E GAMBERI DEL PO NEL 1870

      L'ARTICOLO del 27 aprile 2024

 
puoi anche leggerlo dal quotidiano ILPIACENZA.it

di Umberto Battini 

Sono ben sessantacinque i chilometri di Po che con i suoi meandri sfiora tutta la provincia di Piacenza e la città stessa: il confine è dalla foce del torrente Bardoneggia poco a monte di Castelsangiovanni e più giù fino oltre Soarza in comune di Villanova d’Arda. L’importanza storica del Grande Fiume a fini di navigazione, di pesca e relativa tassazione ha sempre finito per interessare chi governava. Ed è quindi molto interessante andare a buttare lo sguardo sulla “Relazione sulla pesca di fiume della provincia di Piacenza” fatta dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio il 21 gennaio 1870.

Qui si si elencano tipi di pesci, tipi di reti da pesca, imbarcazioni ed altro per la buona pratica di questa attività importante per l’economia piacentina. La relazione del Ministero elenca i pesci che si trovano in Po: “anguille, lucci, carpioni, cavedini, ciprini, tinche e trote e da marzo ad agosto i pesci di mare che rimontano: storioni, salmoni, chepie e lamprede”. Interessante che nei canali di derivazione “si pescano in buona quantità gamberi e rane” ed il tutto finisce sui banchi del mercato ad un prezzo che qui leggiamo essere per “trote e storioni di lire 2,30 al chilogrammo, si vende tutto fresco e nessuna qualità pescata viene salata, marinata o seccata”. I nomi delle reti da pesca coincidono con quello dialettale che il rapporto del ministero mette tra parentesi nel documento e così elenca: “Giacchio (in vulgo sparaver)... il Tramaglio per la pesca dello storione... lo Strascino (strascinass)... il Bertavello (bertavell)... la Nassa (nassein)... la Bilancia (balanza)...”.

La relazione del 1870 al punto sette ci dice che “la pesca nel fiume Po è sempre stata affittata dal Governo” e che “nella Provincia di Piacenza non vi sono stabilimenti di Piscicoltura e nessuno si applica a tale industria”, insomma si pescava e vendeva solo pesce fresco: dall’acqua alla tavola. In quell’anno “il numero dei pescatori di professione è di n. 40” mentre “le barche impiegate per la pesca sul fiume Po sono 40” e spiccano le dimensioni della classica battellina piacentina “lunghezza in media di metri 6 e larghezza 1 metro e 30 ed a due remi”.

Segue alla fine del testo una “avvertenza” che riporta anche questa saggia decisione “nella Provincia piacentina nessuno pensa ai mezzi di pesca distruggitori... né alla pesca notturna con fiaccole”. Quindi si conclude auspicando che “l’Autorità darà norme per la pesca destinate ad impedire il malgoverno, e la distruzione dei pesci, giacché la libertà dell’industria non deve essere confusa con una disordinata licenza”. Si prestava molta attenzione a preservare l’ambiente con le sue specie autoctone, e d’altra parte il Po era una buona fonte di reddito per tante famiglie ma non solo di pescatori professionisti, tanti i mestieri legati al Grande Fiume. Erano ancora tempi nei quali Piacenza ed il Po erano una cosa sola.

articolo da ILPIACENZA.it del 27 aprile 2024 di Umberto Battini
 
 

ono ben sessantacinque i chilometri di Po che con i suoi meandri sfiora tutta la provincia di Piacenza e la città stessa: il confine è dalla foce del torrente Bardoneggia poco a monte di Castelsangiovanni e più giù fino oltre Soarza in comune di Villanova d’Arda. L’importanza storica del Grande Fiume a fini di navigazione, di pesca e relativa tassazione ha sempre finito per interessare chi governava. Ed è quindi molto interessante andare a buttare lo sguardo sulla “Relazione sulla pesca di fiume della provincia di Piacenza” fatta dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio il 21 gennaio 1870.

Qui si si elencano tipi di pesci, tipi di reti da pesca, imbarcazioni ed altro per la buona pratica di questa attività importante per l’economia piacentina. La relazione del Ministero elenca i pesci che si trovano in Po: “anguille, lucci, carpioni, cavedini, ciprini, tinche e trote e da marzo ad agosto i pesci di mare che rimontano: storioni, salmoni, chepie e lamprede”. Interessante che nei canali di derivazione “si pescano in buona quantità gamberi e rane” ed il tutto finisce sui banchi del mercato ad un prezzo che qui leggiamo essere per “trote e storioni di lire 2,30 al chilogrammo, si vende tutto fresco e nessuna qualità pescata viene salata, marinata o seccata”. I nomi delle reti da pesca coincidono con quello dialettale che il rapporto del ministero mette tra parentesi nel documento e così elenca: “Giacchio (in vulgo sparaver)... il Tramaglio per la pesca dello storione... lo Strascino (strascinass)... il Bertavello (bertavell)... la Nassa (nassein)... la Bilancia (balanza)...”.



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Quando si pescavano nel Po rane e gamberi in grandi quantità
https://www.ilpiacenza.it/attualita/quando-si-pescavano-nel-po-rane-e-gamberi-in-grandi-quantita.html
© IlPiacenza

ono ben sessantacinque i chilometri di Po che con i suoi meandri sfiora tutta la provincia di Piacenza e la città stessa: il confine è dalla foce del torrente Bardoneggia poco a monte di Castelsangiovanni e più giù fino oltre Soarza in comune di Villanova d’Arda. L’importanza storica del Grande Fiume a fini di navigazione, di pesca e relativa tassazione ha sempre finito per interessare chi governava. Ed è quindi molto interessante andare a buttare lo sguardo sulla “Relazione sulla pesca di fiume della provincia di Piacenza” fatta dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio il 21 gennaio 1870.

Qui si si elencano tipi di pesci, tipi di reti da pesca, imbarcazioni ed altro per la buona pratica di questa attività importante per l’economia piacentina. La relazione del Ministero elenca i pesci che si trovano in Po: “anguille, lucci, carpioni, cavedini, ciprini, tinche e trote e da marzo ad agosto i pesci di mare che rimontano: storioni, salmoni, chepie e lamprede”. Interessante che nei canali di derivazione “si pescano in buona quantità gamberi e rane” ed il tutto finisce sui banchi del mercato ad un prezzo che qui leggiamo essere per “trote e storioni di lire 2,30 al chilogrammo, si vende tutto fresco e nessuna qualità pescata viene salata, marinata o seccata”. I nomi delle reti da pesca coincidono con quello dialettale che il rapporto del ministero mette tra parentesi nel documento e così elenca: “Giacchio (in vulgo sparaver)... il Tramaglio per la pesca dello storione... lo Strascino (strascinass)... il Bertavello (bertavell)... la Nassa (nassein)... la Bilancia (balanza)...”.



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Quando si pescavano nel Po rane e gamberi in grandi quantità
https://www.ilpiacenza.it/attualita/quando-si-pescavano-nel-po-rane-e-gamberi-in-grandi-quantita.html
© IlPiacenza
 

18 giugno 2025

PO IN CALO

IL PO
RIFLESSI D'ACQUE
NEL NATURALE CALO DI GIUGNO 
foto Umberto Battini 

 

17 giugno 2025

FEUDO CONFALONIERI

I TRE MONUMENTI ANTICHI
CHE PARLANO ANCORA
DI SAN CORRADO E DELLA SUA
FAMIGLIA FEUDATARIA A CALENDASCO 

 

16 giugno 2025

UN TUNNEL SOTTO AL PO

UN FATTO VERAMENTE UNICO
PER FORTUNA NON SI ATTUO'
un articolo di Umberto Battini del 2022
dal quotidiano ILPIACENZA.it

 

15 giugno 2025

11 giugno 2025

PLASTICA NEL PO
A CALENDASCO TEMPO FA
LA MOSTRA ANTROPOCENE
ARCHEOLOGIA DI PLASTICA
Nell'antico ospitale romitorio del paese
sul PO, ideata e curata da Umberto Battini

 

10 giugno 2025

CARTE CHE RACCONTANO

CARTE CHE RACCONTANO
DI UN CULTO ANTICHISSIMO
A CALENDASCO PER IL PATRONO
SAN CORRADO CONFALONIERI 

VEDUTA DELLA CAMPAGNA

A GIUGNO I PAPAVERI
La florida campagna al di qua dell'argine maestro del Po
nell'area di Calendasco 

 

9 giugno 2025

IL PO

BELLEZZA DEL GRANDE FIUME
IL PO IN UNO SCATTO FOTOGRAFICO
DEL MARZO 2025 

 

7 giugno 2025

SAN ROCCO

CURIOSITA' STORICHE PIACENTINE
CIRCA SAN ROCCO
questo articolo è apparso sul quotidiano ILPIACENZA.it
il 12 agosto 2021 di Umberto Battini 
San Rocco il Santo
amato dai Piacentini 
 
di Umberto Battini

affresco del Fornaroli XVIII sec. Piacenza Oratorio di S. Rocco
Interessante la Vita di San Rocco che trovate ormai senza fatica nelle tante edizioni antiche sul web, basta andare su Google e digitare "Vita di San Rocco" e compaiono decine di testi d'ogni epoca dalla moderna a quella scritta qualche secolo fa! In effetti i tanti che scrivevano andavano fidandosi di quel o quell'altro agiografo di San Rocco e trascrivevano pari pari certe notizie senza instillare perlomeno qualche dubbio sul dato storico. 
Ad esempio qualcuno insinuava il fatto che S. Rocco nei dintorni di Sarmato vivesse in una grotta, cosa alquanto improbabile proprio perché siamo in piena pianura, con qualche avvallamento creato dai meandri dei letti dei fiumi nei secoli ma nulla di più. 

Se quindi leggerete tra le tante Vita di San Rocco vi imbatterete anche nella notizia che egli visse tra la radura e la selva, cioè in mezzo a boscaglie praticabili e non in una grotta ma dentro ad una capanna che era nei dintorni del paese di Sarmato. E' qui che ha il periodo di sosta più lungo per il fatto delle pustule che si  doveva curare: leggiamo che nella verde selva dove abitò vi scorreva un rivo d'acque limpide, utili a lui per detergere le ferite e per dissetarsi. 

La cosa curiosa, molto curiosa a mio avviso, e che potrete appurarlo dai libri che trattano della sua Vita, dopo che ebbe lasciato l'ospedale di S. Maria di Betlhem a Piacenza (oggi chiesa di Sant'Anna) e dopo anche una sosta di qualche giornata al fiume Trebbia dove era il guado, a Sant'Antonio fuori le mura di Piacenza per intenderci presso le Case di Rocco che per altro pare che avessero quel nome già da prima il passaggio di San Rocco, eccolo poi dirigersi ancora più ad ovest dopo Rottofreno e peregrinare ancora per pochi chilometri.

Ora interessa sapere che si tramanda che sostò appunto nei dintorni di Sarmato feudo di Gottardo Pallastrelli presso un luogo ricco di vegetazione e riparato, con una piccola fonte, e non in una grotta, ma ecco che si legge che il luogo dove San Rocco prese dimora era nei pressi del fiume Trebbia!

Cosa impossibile per chi conosce il territorio: Sarmato è a pochi chilometri dal fiume Tidone che sfiora Rottofreno ed ha a nord il fiume Po mentre il succitato fiume Trebbia è a quindici chilometri a est e prossimo a Piacenza.

Fatto sta che anche questa notizia è circolata in antiche Vitae Sancti Rochi e poi certamente tramandata anche solo per "copia e incolla" diremmo oggi, ma resta il fatto che compare in libri storici antichi e non era certo una invenzione poetica visto che il fiume Trebbia esiste!

Sarebbe interessante sapere come mai viene anche tramandato come fatto storico che la sua dimora fosse nei pressi di Sarmato ma in una casupola prossima al fiume Trebbia, cosa come detto assolutamente impossibile proprio geograficamente!

Quale sia il mistero di questo dato non lo sappiamo, possiamo fare la ipotesi che sia un errore di conoscenza dei luoghi, ma suona strano che nel tempo non sia stato corretto citando al limite il fiume Tidone, cosa che non è mai avvenuta.

Resteremo anche con la curiosità di capire da dove sian provenute le voci della grotta di pianura e ancor più del fiume Trebbia spostato di oltre una decina di chilometri dal suo alveo!

Un altro aspetto che si vuol significare è quello d'essere stato S. Rocco un vero e proprio penitente francescano: fu a questo ideale terziario al quale aderì  come era tra le possibilità della Regola del tempo per i laici cioè la Supra Montem del 1289.

Storico è che Papa Paolo III nel 1547 con la bolla "Cum a nobis" inserisce San Rocco ufficialmente nel catalogo dei Santi del Terzo Ordine di San Francesco de penitentia nuncupati; sappiamo anche che Papa Urbano VIII nel 1629 ne approva il culto sebbene fosse già fatto da secoli e papa Innocenzo XII nel 1694 prescrive ai francescani di celebrarlo con grande solennità.

Continuiamo ad analizzare un altro dato storico secondo i dati di Pietro Maria Campi illustre storico piacentino che nel primo 1600 ci lasciò alcuni monumentali libri di storia locale.

Il Campi scrive: "in detto anno 1322 in Piacenza fu l'avventurosa venuta del glorioso San Rocco" e continua "è da sapersi che il santo pellegrino, prima d'entrar in Piacenza, visitò molti villaggi del territorio..." tra i quali Caorso.

San Rocco arriva nel territorio di Piacenza nel 1322 e scorrazza e visita vari luoghi del piacentino, passando per tanti paesi e prediligendo gli ospitali.

Un dato: Calendasco vanta un ospedale antico gestito da penitenti terziari sotto la guida di fra Aristide, che nel 1315 accolse il piacentino S. Corrado Confalonieri dopo il fatto dell'incendio.

Ecco quindi un indizio, che ci fa ipotizzare anche il passaggio di S. Rocco tra i suoi fratelli ospitalieri di Calendasco ed in questo 1322 è ancora in piena attività vestito del saio grigio anche S. Corrado.

Ipotesi che qui in questo luogo di ospitalità l'infermiere itinerante S. Rocco (così lo definiscono eminenti studiosi per il fatto che vagava di ospitale in ospitale prestando anche servizio di carità in opere) incontra S. Corrado e gli altri fraticelli: un incontro tra futuri Santi, emblematico e inaspettato! Dicevamo di San Rocco: studi eminenti ci donano riferimenti storico-critici molto interessanti, in sintesi: lo storico antico Diedo dice San Rocco nato nel 1295 e morto nel 1327 ed un altro studio ci informa che fino ad argomenti più decisivi le date cui attenersi sono quelli forniti dal Diedo e altri ancora propongono invece il 1345-1377 ma sempre con molte incognite.

Se le date prime fossero confermate, ne le prime ne le ultime lo sono con certezza ma aperte a studio e ipotesi ancora ai nostri giorni, vediamo una coincidenza piena con l'epoca del piacentino San Corrado: tra il 1315 e il 1325 possono aver avuto un incontro.

San Rocco resta molto amato nella terra piacentina, invocato contro le pestilenze e non poche sono le chiese e gli oratori a lui dedicati nella nostra diocesi che nel giorno della sua morte il 16 di agosto, lo venera e festeggia con riti sacri e grandi fiere locali molto partecipate a Sarmato e Pontedell’Olio.

articolo di Umberto Battini da ILPIACENZA.it del 12 agosto 2021
 

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6 giugno 2025

OSSA ANIMALI DAL PO

NELL'ALVEO DEL PO IN CALO ESTIVO
COMPAIONO OSSA ANIMALI PARTICOLARI
NON FOSSILI MA COMUNQUE CURIOSE
Nella foto osso da cranio di suino 

 

5 giugno 2025

UN RESTO DI ELMETTO

NEL PO RITROVAMENTI INATTESI
UN ELMETTO DELLA SECONDA GUERRA
RIMERSO DALLE SABBIE 
Da 80 anni dentro all'alveo del Po, testimonianza di episodi di vita
di quel tempo di guerra, certamente bistrattato dagli anni dentro
all'acqua ma ugualmente interessante 


4 giugno 2025

LIBRO UN SUCCESSO

LIBRO MEDIOEVO PIACENTINO
UN GRANDE SUCCESSO
Andato a ruba ed ora introvabile, copie esaurite
Nei prossimi mesi uscirà il secondo volume della serie
e non è detto che non si dia alla ristampa questo 

 

3 giugno 2025

ARTE CHE RACCONTA

QUANDO L'ARTE SACRA PARLA
Particolare dal quadro antico
di Calendasco dedicato al Patrono
San Corrado Confalonieri
penitente ed eremita francescano
 

 

2 giugno 2025

RAID ALCUNE FOTO

LE FOTO DEL PASSAGGIO
NELL'ALVEO A CALENDASCO
 
foto di Umberto Battini
lunedì 2 giugno 2025
RAID PAVIA VENEZIA