articolo di Carmelo Sciascia
Siamo abituati a conoscere la religiosità del popolo siciliano, così come studiato al liceo, attraverso il Verga, nella famosa novella Guerra di Santi: una zuffa cruenta tra avverse fazioni che si sfidano con devozioni contrapposte. Nel caso di Verga la lotta tra San Pasquale e San Rocco. Questa concezione irreligiosa di professare una religione, ha una radice scettica così come era stata avvalorata, fuori dai confini regionali, dallo scettico Montaigne che così scrive: “Non temo di confessare che io facilmente porterei, se occorresse, una candela a san Michele e un’altra al suo serpente”. Questo in generale penso possa essere ancora valido, almeno per la forte componente pagana, presente in quasi tutte le feste religiose in Sicilia. Anche la festa del Monte di Racalmuto (il mio paese) raggiunge l’acme, ancora oggi, con una ragguardevole zuffa: la presa del cero, ben descritta da L. Sciascia ne “Le parrocchie di Regalpetra”.
Anche
Piacenza, ebbe nella stessa chiesa, il
culto comune di due santi: San Vittore e Sant’Antonino. Sant’Antonino (di cui
si sconosce l’anno e la città di nascita) diventa martire nel 303 quando San
Vittore aveva tre anni essendo nato nel 300. Morirà nel 375.Piacenza poco sa
del proprio patrono Sant’Antonino, ancora oggi per le notizie si fa riferimento
allo storico Campi, notizie confutate già nel settecento da un altro storico
piacentino: il Poggiali.
Piacenza
ignora (e ignorerà fino al seicento) un certo Corrado Confalonieri. Lo ignora
non come nobile rampollo dei Confalonieri di Calendasco ma come Eremita in quel
di Noto.
Solo
che contrariamente a Sant’Antonino, di Corrado Confalonieri da Calendasco
sappiamo tutto, con documentato puntiglio storico. Notevoli sono state le
ricerche e gli studi, numerosi i documenti e le testimonianze. Studi ed
incontri che continuano ancora a fornirci nuove conoscenze.
Sabato
20 giugno, nel salone del municipio di Calendasco ha avuto luogo il VI Convegno
Nazionale di studi corradiani. Il tema: Considerazioni storiche sui luoghi, i
documenti e il culto di San Corrado a Calendasco. Ricorre infatti quest’anno il
V centenario dell’indulto di beatificazione del Santo avvenuta a Noto nel 1515.
Corrado fu Santo per volontà popolare subito dopo la morte, quando per la
Chiesa era ancora Beato.
Moderatore
dell’incontro il poeta Claudio Arzani, ha salutato i presenti il parroco di
Calendasco Don Massimo Cassola che ha sottolineato la figura di Corrado come
pellegrino, un pellegrino illustre che ci porta a meditare sul tema
dell’accoglienza, accoglienza come caratteristica peculiare della comunità del paese. Diversi
sono i profughi ospitati in paese senza che vi sia nessun problema per i
residenti abituali. In un convegno
dedicato a San Corrado una testimonianza netina è d’obbligo. Una presenza
quella di Oscar Angelo Cannella da Milano che sottolinea la santità di Corrado
per grazia ricevuta. La sua è una delle tante testimonianze che si trovano
anche nel museo degli ex-voto a Noto. Da bambino era affetto da una grave
malformazione ossea, un processo degenerativo di calcificazione che lo avrebbe
portato all’immobilità, la madre lo depose sull’urna del Santo all’età di nove
anni e da quel momento iniziò una lenta ma totale guarigione.
Dopo
questi preliminari di carattere squisitamente devozionale, la parola agli
storici. Il primo ad intervenire è Gianni Battini, cultore di storia locale. La
sua testimonianza parte da lontano, dal ritrovamento dei sette pugnali di selce
che testimoniano già in periodo preistorico la presenza dell’uomo in territorio
prossimo al Po, dove si pensava ad una presenza dell’uomo in epoca più tarda,
per un’apparente inospitalità delle caratteristiche territoriali. Oltre che manufatti,
sono state nella zona trovate tracce di
abitazioni (capanne) risalenti al 900 a.c. Calendasco fu sicuramente villa
romana, cioè case e cascine sparse nella campagna in prossimità del Po, ma non
è da escludere un’origine celtica, il significato del territorio sarebbe “luogo
vicino a una foresta”. Sicuramente il maggior sviluppo si ha con
l’attraversamento delle vie di comunicazione, con la derivazione di una
bretella della via postumia che giungeva al porto sul fiume, il futuro passo di
Sigerico, che conduceva verso Pavia,
proseguendo verso la Gallia e collegandosi al Lambro, verso Milano. Nel
1154 queste terre videro anche
l’accampamento dell’imperatore Federico Barbarossa e la famosa Dieta di
Roncaglia (per alcuni storici il luogo sarebbe stato Somaglia). Il tema, dai
Celti a San Corrado, è stato così ampiamente trattato come premessa storica
della realtà locale, humus culturale dove nacque ed operò il giovane Corrado
Confalonieri.
Le
grandi vie di comunicazione, dai romani al medioevo sono state illustrate dallo
storico Fausto Chiesa. Interessante capire come accanto alle vie di
comunicazione si siano formati gli xenodochi e quali erano quelli presenti a
Caledasco. Gli xenodochi erano luoghi preposti a “ricevere ospiti” come dalla
genesi compositiva del termine stesso. Sorti accanto alle vie più importanti
erano di sostegno ai viaggiatori ed ai pellegrini, numerosi infatti si
trovavano sulla via Francigena e sul cammino di Santiago de Compostela. Gestiti
da frati, costituirono un embrione dei futuri complessi episcopali. Importante
quello gestito dai monaci di San Colombano di Bobbio. Così lo storico Chiesa:
“Lungo la via Postumia che in seguito verrà definita Romea o Romera, invece,
era più facile trovare degli hospitali, che davano assistenza anche e
soprattutto sanitaria, così fu quello di
Sant’ Elena di Rottofreno, oppure di Ponte Tidone annesso alla chiesa, ben
visibile ancor oggi, seppure ridotto maluccio. Superato il porto sul Po di
Suprarivo, dopo qualche chilometro i pellegrini, i viandanti si trovavano di
fronte l’abitato di Kalendasco, poche case esistenti in epoca longobarda e
prossimo alla città di Piacenza. La tradizione ci porta qui a rinnovare la
figura e l’importanza di San Corrado Confalonieri, del quale esiste tuttora
l’hospitio-romitorio a lui dedicato.”
Il
romitorio di Kalendasco era detto del “gorgolare” perché nei pressi di un
mulino ad acqua. Per questo la comunità religiosa, colà insediatasi, prese il
nome di Gorgolare. Fu qui che Corrado nato Confalonieri nel castello di
Calendasco nel 1290, rinasce all’età di
25 anni a nuova vita diventando francescano penitente. E qui che padre Giuseppe
Neri, postulatore del Terzo Ordine Regolare, venuto appositamente per il
convegno insieme ad un confratello da Assisi, pone l’accento sulla conversione
del Santo e sull’analogia con la scelta di San Francesco d’Assisi. Corrado vive
gioiosa gioventù (come del resto il Santo Poverello) ma l’incidente lo sradica.
L’incidente era avvenuto durante una partita di caccia, quando per stanare la
selvaggina nascosta nel folto della vegetazione, ordinò di appiccare il fuoco.
Il governatore di Piacenza Galeazzo Visconti, Vicario Imperiale fece
riconoscere colpevole un contadino del luogo. Fu allora che Corrado proclamata
la sua colpa e risarcito il danno, rinuncia al privilegio nobiliare, diventa
povero e si converte. Congiuntamente a sua moglie Eufrosina che scelse di
entrare nel monastero di Santa Chiara in Piacenza. Corrado chiede di essere
accolto all’Hospitio dei terziari francescani di Calendasco, si nutre di solo pane, dorme sulla nuda
terra. L’esperienza dura 5 anni, viene infine introdotto e veste l’abito grigio
dei penitenti. Pellegrino a Roma, in Terra Santa, a Malta, lo troviamo infine
in Sicilia, a Noto.
Perché
Noto? Ed è appunto questo Convegno a darci chiarimenti in merito. Umberto
Battini, infaticabile studioso, ricercatore ed organizzatore di eventi
corradiani ci prospetta la soluzione. Una curiosa premessa: ai tempi di San
Corrado i servitori e battitori per la caccia, erano detti ‘battini’. E come il
nostro Umberto ebbe a scrivere: “Non so quanto possa valere, di certo però, io
che mai ho praticato la caccia, ho l’onere di portare questo antico cognome”. E
lo porta benissimo, visto il grande contributo che ha dato alla ricerca storica
sul Santo: sua la scoperta, cercando negli archivi parrocchiali, del documento
attestante la nascita del Santo Eremita proprio a Calendasco. Ci dice il
Battini che già il territorio netino,
per peculiare conformazione e per tradizione bizantina, era meta di molti
eremiti, (come, altri parti del meridione, ad esempio nelle vicinanze di Monte
San Michele sul Gargano, dove ancora continua la tradizione greco ortodossa).
Non solo. Riporta il nostro storico documenti per cui nel 1296 era stato
assegnato ad un nobile Landi piacentino il feudo di Curmaracchia in Val di
Noto. Probabilmente Corrado ne era a conoscenza. Il Feudo perso dai Landi venne poi richiesto
tramite intercessione papale, senza nessun esito. Documentazione storica ineccepibile
quella del possesso piacentino di Curmaracchia, come ineccepibile potrebbero
essere i due accennati fattori determinanti nella scelta del Santo.
Le
rivelazioni di Battini continuano: cita
anche documenti ove si parla di scontri armati avvenuti nel 1313, l’assedio
della lombarda Soncino in quel di Cremona, con protagonista tal Corrado
Confalonieri. Visto che la conversione è databile nel 1315, potrebbe anche
essere che lo stesso giovane Corrado Confalonieri si trovasse a combattere
nell’anno 1313. Ultimo episodio riportato da Battini, la descrizione dei
festeggiamenti di San Corrado, avvenuti a Calendasco il 19 febbraio del 1912,
festeggiamenti avvenuti per tre giorni di seguito ed alla presenza di tre
vescovi, uno per ogni giorno. Sappiamo della presenza del vescovo di Piacenza,
di quello di Bobbio, mentre ignoriamo quale fosse il terzo vescovo (sarà un
ulteriore convegno a svelarcelo?).
Il
sindaco Francesco Zangrandi, ha
illustrato brevemente la storia del castrum burgi calendaschi. Mentre dettagliatamente
si è soffermato sulla storia recente e sui progetti di recupero. Progetti
presentati già nel 1985, ma che iniziano concretamente in seguito al reale
pericolo di crollo del tetto solo nel 2000, per proseguire nel 2002 con
l’acquisto di altre pertinenze del castello, portico e scuderia. Altri cantieri
si susseguono dal 2007 al 2013 e che vedono la sistemazione dello scalone di
accesso ed il recupero dell’area
cortilizia.
Per
finire si attende un ulteriore finanziamento per porre in essere un adeguato
sistema di illuminazione che ne esalti le caratteristiche architettoniche. Il
prossimo consiglio comunale vedrà la proposta per fare inserire la via
Francigena come patrimonio dell’umanità. Sarebbe l’inserimento UNESCO un grande
volano per un ulteriore rilancio del turismo della zona, che vedrebbe
protagonisti, la presenza del Castello, del Romitorio, del guado di Sigerico e
della figura di San Corrado, patrono di Calendasco da più di quattrocento anni.
Per
concludere Francesco Ferri, poeta piacentino, ha recitato alcuni componimenti in onore di San
Corrado.
Qui
potrebbe terminare il resoconto del VI convegno di studi corradiani. Ma così
non è, perché in realtà il convegno prosegue con una visita guidata nei luoghi
propri del Santo.
Visita
al Romitorio, dove la storia (di San Corrado) e l’arte (di Bruno Grassi) si
fondono e confondono, trasformando un luogo materiale in un altare di profonda
religiosità. Visita al Castello ed alle stanze, che videro nascere e crescere
Corrado, uomo d’armi e nobile Confalonieri. Visita alla chiesa, presenza
antica, almeno nel nucleo originale, la parte che riguarda l’altare, familiare
al Santo.
“Noto
è una delle più straordinarie città che si siano costruite in Europa… una delle
più raffinate realizzazioni di un’epoca che produsse Mozart e Tiepolo” (S.
Sitwell), è per definizione “il giardino di pietra”, un giardino che custodisce
nella propria Cattedrale, l’urna d’argento con il venerato corpo di San
Corrado, acclamato Santo, da beato, dal popolo netino fin dall’anno 1351.
Anche
a Piacenza, nonostante i Farnese abbiano cercato di cancellarne la memoria,
perché il Santo era della famiglia Confalonieri, si celebra San Corrado con molta solennità
ed a Calendasco per esattezza storica da
oltre 400 anni!
Carmelo
Sciascia