Non
so bene, ma forse è un gatto che si morde la coda, oppure è veramente una cosa
così palesemente umana che ci viene spontanea.
Ed
è tutto un dàmla e tòmla nel senso
che il parlatore di turno è ‘audito’ ascoltato nel momento dopo di che, girato
l’angolo, tutto ritorna alla forma originaria, cioè dell’ascoltato non c’è
rimasto niente dentro.
A
volte basterebbe collegare l’ascoltato – cioè i buoni discorsi - al cuore che
magari poi qualcosa ci fa germogliare dentro d’apprezzabile.
E’
la sensazione dell’orto proprio,
della vista che è sembra in-svista
verso l’altro. E questo non significa che l’orto proprio non sia positivo, solo
che siamo ormai così tutti palesemente barricati in questa vita che certi moti
ci vengono dalla buona fede certamente, però non ci lasciano vedere al di là
del naso.
Ascolto,
magari mi piace anche e tanto, poi piacentinamente (ma è un fatto global!)
lascio che l’altra uricia (orecchia)
lasci uscire l’ascoltato – cioè i buoni discorsi – e torno all’orticello.
Parlo
basandomi ovviamente su me stesso ma questo fatto si nota come dato reale, nel
vissuto.
Tanti
buoni propositi formano un buon tutto ma è evidente che far combaciare questi
tasselli è un lavoro difficile ma nel senso positivo, cioè non ostante la buona
volontà vince sempre questo ritirarsi e
dopo l’apprezzamento è spontaneo lasciar cadere tutto in attesa di chi sa quale
cosa.
Ce
la metterò tutta, ascolterò e cercherò di far attecchire l’ascoltato.
Ho
due orecchie, dù urìcc’ da utilizzare nel
lato piacentino sempre e solo (possibilmente!) per dare un’altra
possibilità all’altro, positivamente. Altrimenti le uso per “sorciare” ascoltare!