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14 novembre 2017

STORIA LOCALE

 
Un discendente del Patrono
Vado. L’ammazzo. E torno!
Giovanluigi Confalonieri. Feudatario di Calendasco

di Umberto Battini

1547 giorno 10 settembre. Da Calendasco a Piacenza sono 5 miglia circa.
La strada che parte dal borgo passa il Trebbia alla Malpaga e si sbuca nella “via di campagna” dai frati.
Poco più in sù c’è la zona S. Eufemia, qui il Confalonieri con i suoi fratelli ha palazzo.
Lo esige ‘per legge’ il nuovo duca, figlio di Papa, duca con molte, troppe idee per un feudatario all’antica, legato alla terra, alla campagna.
In città lo aspettano altri amici Nobili, ognuno con le sue mire di potere. A Giovanluigi basta conservare la vita selvatica rurale, così almeno ci appare al confronto con gli altri congiurati.
Per dei Nobili entrare nel Palazzo non è difficile, anzi.
Gli altri che congiurano con lui han mire più grandi.
I quattro lasciano il loro piccolo seguito e vengono ricevuti dal Pierluigi loro Duca.
Partono le stilettate. Pochi attimi e il figlio del Papa è cadavere.

Succede quel che succede: la storia piacentina e quella italiana dell’epoca ben racconta e dettaglia questo insano episodio. Ognuno lo legge secondo il proprio tornaconto.
Epilogo: trentanove anni dopo Giovanluigi Confalonieri (ha un avo già Santo in Sicilia, a Noto, del quale han scritto gli agiografi) deve vendere “per obbligo” i suoi beni di Calendasco.
Una confisca più politica che di legge, infatti gli basta emigrare a Milano trentanove anni dopo l’omicidio, col suo gruzzolo cospicuo, e là divenire immanente Capitano di Giustizia.
Giustizia è fatta!
Più volte in questi decenni i Farnese gli han teso vendetta mandando sicari, lui ce l’ha fatta sempre! Nel suo feudo di Calendasco in fin dei conti non si vive male.
Un Santo in Paradiso c’è, anche senza saperlo.
E poi non tutti possono diventare Santi. Il mondo ha continuato a girare. E ancora gira.