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11 febbraio 2016

STUDI CORRADIANI




Dalla nobiltà alla polvere fino alla santità 
di S. Corrado piacentino
di Umberto Battini

Una figura di religioso significativa: il nobile cacciatore poi incendiario, il penitente che si fà pellegrino, il taumaturgo che letteralmente “fa comparire” pane angelico, come richiamo alla manna del deserto – la sua vita nel deserto simbolizzato dall’isolamento nella grotta presso Noto ove muore il 19 febbraio 1351.
Sulla origine del santo dalla nobile casata dei Confalonieri non lascian dubbi nemmeno gli stessi Giurati della città di Noto, che nella triplice lettera inviata nel 1610 agli Anziani e Priori di Piacenza, al Vescovo Conte mons. Rangoni ed al Farnese scrivono: “si ben fiorì di virtù Eremita et oggi reluce fra beati, già nel secolo fu cavaliero della famiglia Confaloniera e segnalatissimo nella patria per aver lasciata in un monasterio di quella la moglie e distribuito li beni fra quali s’è fatta coniectura d’alcuni curiosi esserci stato il Castello Calendasco…”. 

 
CASTELLO DEI CONFALONIERI A CALENDASCO

E la risposta dei Giurati piacentini non tardò, con la lettera del 14 maggio 1611 inviata a Noto essi li informarono dell’esito delle ricerche negli archivi allegando alla stessa una lunga relazione ove si legge che “il più vecchio della stirpe Confalloniera” ha il privilegio “d’accompagnare il nuovo Vescovo quando entra Pontificalmente la prima volta”, ma più clamorosamente questa relazione rivela che nel monastero di S. Chiara di Piacenza “per molta diligenza usata da persone autorevoli, altro non si è trovato che la notizia d’una suora Gioanina Confalloniera, che specialmente viveva nel 1340 et anco nel 1356. Detta qual suora si dice che, rispetto al tempo, non ci sarebbe difficoltà che non potesse essere la moglie di Santo Corrado.”.
Il luogo della nascita fisica di San Corrado ci viene presentato in forma ufficiale nel Legato Sancti Conradi del 1617, che il Vescovo di Piacenza anch’egli spronato dai Giurati netini, “tutte le predette cose approvò confermò e lodò, e approva conferma e loda”.
E’ un documento redatto nel Palazzo del Vescovo, alla sua stessa presenza ed è reso pubblico dal notaio e cancelliere episcopale Giovan Francesco de’ Parma. Il Legato voluto dallo Zanardi-Landi feudario succeduto ai Confalonieri, esplicita: “qui quidam S.tus Conradus, ut perhibetur fuit oriundus de praedecta Civitate ex admodum Ill.ma famiglia D.D. Confanoneriorum abitatores Dominorum Loci Calendaschi loci, et Villa Ducatus Placentini ultra trebiam…” .

 
LA PIAZZA CON LA CHIESA
Vi è contenuta pure la frase ut in eius vita pubblica tipis mandata videre est , valida conferma che le indagini sul santo erano concluse ed avevano portato a poter fare delle dichiarazioni certe grazie a ciò che si era rintracciato dei trascorsi civili: le affermazioni sicure che sono punti saldi che vanno a fortificare la narrazione esposta nel documento, sono: 1 – San Corrado è un piacentino, 2 – discende dalla Nobile Famiglia dei Confalonieri, 3 – è nato fisicamente in Calendasco.
Il Legato contiene questa importantissima affermazione: “certamente quella maggiore devozione è da promuovere e deve essere stimolata nella predetta Chiesa del luogo di Calendasco, il medesimo luogo dal quale codesto Santo, avendo tratto la sua origine terrena come si riporta, avrebbe assistito veramente gli abitanti del medesimo luogo, devoti del suo nome, per le grazie ed intercessione presso Dio Ottimo Massimo”.
Senza equivoco leggiamo che San Corrado è nato fisicamente a Calendasco ed il Vescovo di Piacenza, i Testimoni presenti, il parroco Rettore di Calendasco, il Conte Zanardi Landi e lo stesso notaio e cancelliere della Curia Episcopale ritengono quindi fuori di ogni dubbio la autenticità della affermazione e mai nessuno si contrappose, est probatio probata.

VEDUTA DAL CAMPANILE
La causa che spinge il nobile Corrado alla conversione è collegata ad un incendio che provocò durante una battuta di caccia verso l’anno 1315. Siccome fu incolpato del danno un innocente contadino, Corrado lo fa liberare ammettendo la colpa: lui è il colpevole e lui è l’uomo da punire. Una nuova ipotesi sull’incendio causato dal giovane san Corrado è emersa dagli archivi, il fatto eccezionale è dato da una pergamena dell’11 gennaio 1589: è una investitura di un fondo terriero di 200 pertiche fatta dai monaci di Quartazzola.
La pergamena rinvenuta all’Archivio di Stato di Parma riporta che le terre sono poste nel territorio di Calendasco, in direzione di San Nicolò e nel luogo detto “alla Bruciata. A diritto questo grande spazio rurale fatto di campi coltivabili e di bosco può essere ritenuto il luogo dell’incendio di san Corrado Confalonieri, una ipotesi da prender sul serio, data dalla ragionevolezza che una così vasta possessione terriera sia ricordata nel ‘500 con il nome ‘Bruciata’, sintomo che lì vi fu nei tempi andati un possente incendio che ancora segnava la toponomastica e la memoria della gente.
Dalla sua nascita all’età matura, ad esempio san Corrado celebra tra i Confalonieri, come risulta dagli atti dei notai di Piacenza, Agnesina badessa nel 1292 in S. Maria di Galilea, mentre nel 1296 in S. Maria di Nazareth c’è suor Richelda e nel 1315, quando Corrado ha la brutta avventura dell’incendio causa della sua conversione, nel monastero di S. Siro ci sono Sibillina ed Ermellina, e la Sibillina è ancora una soror vivente nel 1340, anni della partenza di S. Corrado dal romitorio di Calendasco. 

Non di poco conto il frate minore Pietro Confalonieri, come trovato in pergamene dal 1324 al 1333, risulta essere il ‘curatore’ delle terziarie francescane di S. Maria Maddalena, dette volgarmente “le repentite.
Questo breve sunto di nomi e date per dire che S. Corrado non a caso si rifugia nella religione dopo gli accadimenti, e a ragion veduta egli non può farsi monaco tot court in quanto laico sposato ed allora è destinato all’abito francescano di terziario, fra gli umili penitenti del piccolo hospitale per romiti di Calendasco.
Il superiore frà Aristide figura viva e concreta come lo stesso Corrado è ricordato essere stato chiamato a Montefalco dalla stessa santa Chiara per presiedere alla costruzione del nuovo convento terziario.
I penitenti terziari che vivevano nell’hospitio in dicto loco Calendascho sulla strada diretta al passo del Po sulla Via Francigena erano assieme ad altri della realtà piacentina molto ben voluti, tanto che un Capitolo di questi frati giunti da tutto il nord Italia si tenne nel 1280 proprio a Piacenza.
Se ora Piacenza si giova di studi inediti pubblicati in questi anni, un buon testo rimane “S. Corrado Confalonieri Patrono di Noto” pubblicato nel 1961 da Giovanni Parisi che fu Ministro Generale del Terzo Ordine Francescano.
Sulla antichità del culto al Patrono Corrado in Calendasco scrive infatti il Parisi “La devozione infatti a S. Corrado in Calendasco, e un pò anche nelle borgate vicine, è profondamente radicata e anche antichissima. Nel 1617, a cura del Conte Zanardi-Landi, discendente della famiglia Confalonieri, venne fondato nella chiesa parrocchiale del paese, che si vede adorna di non poche pitture del Santo, un legato di S. Corrado, e prima ancora di tale data lo stesso Conte vi aveva fatto costruire in suo onore una cappella e un altare, cose queste che non spiegano ma confermano l’antichità del culto. Tutto questo ci porta naturalmente a pensare che assai grande dovette essere la fama di santità sollevata in Calendasco e nei dintorni dal nostro Corrado e per conseguenza anche molto lunga la sua permanenza in quel devoto romitorio francescano”.
Un uomo di questa terra che dalla nobiltà si ritrova improvvisamente nella polvere e nel fango ma che si riscatta ampiamente mostrando il carattere unico e deciso dei piacentini che ancora oggi possono farne orgogliosa memoria.

Umberto Battini
Agiografo e studioso di S. Corrado

Vedi anche  www.araldosancorrado.org