Dalla
nobiltà alla polvere fino
alla santità
di S. Corrado piacentino
di S. Corrado piacentino
di Umberto Battini
Una figura di religioso
significativa: il nobile cacciatore poi incendiario, il penitente che si fà
pellegrino, il taumaturgo che letteralmente “fa comparire” pane angelico, come
richiamo alla manna del deserto – la sua vita nel deserto simbolizzato
dall’isolamento nella grotta presso Noto ove muore il 19 febbraio 1351.
Sulla origine del santo dalla nobile
casata dei Confalonieri non lascian dubbi nemmeno gli stessi Giurati della
città di Noto, che nella triplice lettera inviata nel 1610 agli Anziani e
Priori di Piacenza, al Vescovo Conte mons. Rangoni ed al Farnese scrivono: “si
ben fiorì di virtù Eremita et oggi reluce fra beati, già nel secolo fu
cavaliero della famiglia Confaloniera e segnalatissimo nella patria per aver
lasciata in un monasterio di quella la moglie e distribuito li beni fra quali
s’è fatta coniectura d’alcuni curiosi esserci stato il Castello Calendasco…”.
E la risposta dei Giurati
piacentini non tardò, con la lettera del 14 maggio 1611 inviata a Noto essi li
informarono dell’esito delle ricerche negli archivi allegando alla stessa una
lunga relazione ove si legge che “il più vecchio della stirpe Confalloniera”
ha il privilegio “d’accompagnare il nuovo Vescovo quando entra
Pontificalmente la prima volta”, ma più clamorosamente questa relazione
rivela che nel monastero di S. Chiara di Piacenza “per molta diligenza usata
da persone autorevoli, altro non si è trovato che la notizia d’una suora
Gioanina Confalloniera, che specialmente viveva nel 1340 et anco nel 1356.
Detta qual suora si dice che, rispetto al tempo, non ci sarebbe difficoltà che
non potesse essere la moglie di Santo Corrado.”.
Il luogo della nascita fisica di
San Corrado ci viene presentato in forma ufficiale nel Legato Sancti Conradi
del 1617, che il Vescovo di Piacenza anch’egli spronato dai Giurati netini,
“tutte le predette cose approvò confermò e lodò, e approva conferma e loda”.
E’ un documento redatto nel Palazzo
del Vescovo, alla sua stessa presenza ed è reso pubblico dal notaio e
cancelliere episcopale Giovan Francesco de’ Parma. Il Legato voluto dallo
Zanardi-Landi feudario succeduto ai Confalonieri, esplicita: “qui quidam S.tus
Conradus, ut perhibetur fuit oriundus de praedecta Civitate ex admodum Ill.ma
famiglia D.D. Confanoneriorum abitatores Dominorum Loci Calendaschi loci, et
Villa Ducatus Placentini ultra trebiam…” .
Vi è contenuta pure la frase ut
in eius vita pubblica tipis mandata videre est , valida conferma che le
indagini sul santo erano concluse ed avevano portato a poter fare delle
dichiarazioni certe grazie a ciò che si era rintracciato dei trascorsi civili:
le affermazioni sicure che sono punti saldi che vanno a fortificare la
narrazione esposta nel documento, sono: 1 – San Corrado è un piacentino, 2 –
discende dalla Nobile Famiglia dei Confalonieri, 3 – è nato fisicamente in
Calendasco.
Il Legato contiene questa
importantissima affermazione: “certamente quella maggiore devozione è da
promuovere e deve essere stimolata nella predetta Chiesa del luogo di
Calendasco, il medesimo luogo dal quale codesto Santo, avendo tratto la sua
origine terrena come si riporta, avrebbe assistito veramente gli abitanti del
medesimo luogo, devoti del suo nome, per le grazie ed intercessione presso Dio
Ottimo Massimo”.
Senza equivoco leggiamo che San
Corrado è nato fisicamente a Calendasco ed il Vescovo di Piacenza, i Testimoni
presenti, il parroco Rettore di Calendasco, il Conte Zanardi Landi e lo stesso
notaio e cancelliere della Curia Episcopale ritengono quindi fuori di ogni
dubbio la autenticità della affermazione e mai nessuno si contrappose, est
probatio probata.
La causa che spinge il nobile
Corrado alla conversione è collegata ad un incendio che provocò durante una
battuta di caccia verso l’anno 1315. Siccome fu incolpato del danno un
innocente contadino, Corrado lo fa liberare ammettendo la colpa: lui è il
colpevole e lui è l’uomo da punire. Una nuova ipotesi sull’incendio causato dal
giovane san Corrado è emersa dagli archivi, il fatto eccezionale è dato da una
pergamena dell’11 gennaio 1589: è una investitura di un fondo terriero di 200
pertiche fatta dai monaci di Quartazzola.
La pergamena rinvenuta all’Archivio
di Stato di Parma riporta che le terre sono poste nel territorio di Calendasco,
in direzione di San Nicolò e nel luogo detto “alla Bruciata. A diritto questo
grande spazio rurale fatto di campi coltivabili e di bosco può essere ritenuto
il luogo dell’incendio di san Corrado Confalonieri, una ipotesi da prender sul
serio, data dalla ragionevolezza che una così vasta possessione terriera sia
ricordata nel ‘500 con il nome ‘Bruciata’, sintomo che lì vi fu nei tempi
andati un possente incendio che ancora segnava la toponomastica e la memoria
della gente.
Dalla sua nascita all’età matura,
ad esempio san Corrado celebra tra i Confalonieri, come risulta dagli atti dei
notai di Piacenza, Agnesina badessa nel 1292 in S. Maria di Galilea, mentre nel
1296 in S. Maria di Nazareth c’è suor Richelda e nel 1315, quando Corrado ha la
brutta avventura dell’incendio causa della sua conversione, nel monastero di S.
Siro ci sono Sibillina ed Ermellina, e la Sibillina è ancora una soror vivente
nel 1340, anni della partenza di S. Corrado dal romitorio di Calendasco.
Non di poco conto il frate minore
Pietro Confalonieri, come trovato in pergamene dal 1324 al 1333, risulta essere
il ‘curatore’ delle terziarie francescane di S. Maria Maddalena, dette
volgarmente “le repentite.
Questo breve sunto di nomi e date
per dire che S. Corrado non a caso si rifugia nella religione dopo gli
accadimenti, e a ragion veduta egli non può farsi monaco tot court in quanto
laico sposato ed allora è destinato all’abito francescano di terziario, fra gli
umili penitenti del piccolo hospitale per romiti di Calendasco.
Il superiore frà Aristide figura
viva e concreta come lo stesso Corrado è ricordato essere stato chiamato a
Montefalco dalla stessa santa Chiara per presiedere alla costruzione del nuovo
convento terziario.
I penitenti terziari che vivevano
nell’hospitio in dicto loco Calendascho sulla strada diretta al passo del Po
sulla Via Francigena erano assieme ad altri della realtà piacentina molto ben
voluti, tanto che un Capitolo di questi frati giunti da tutto il nord Italia si
tenne nel 1280 proprio a Piacenza.
Se ora Piacenza si giova di studi
inediti pubblicati in questi anni, un buon testo rimane “S. Corrado
Confalonieri Patrono di Noto” pubblicato nel 1961 da Giovanni Parisi che fu
Ministro Generale del Terzo Ordine Francescano.
Sulla antichità del culto al
Patrono Corrado in Calendasco scrive infatti il Parisi “La devozione infatti
a S. Corrado in Calendasco, e un pò anche nelle borgate vicine, è profondamente
radicata e anche antichissima. Nel 1617, a cura del Conte Zanardi-Landi,
discendente della famiglia Confalonieri, venne fondato nella chiesa
parrocchiale del paese, che si vede adorna di non poche pitture del Santo, un
legato di S. Corrado, e prima ancora di tale data lo stesso Conte vi aveva
fatto costruire in suo onore una cappella e un altare, cose queste che non
spiegano ma confermano l’antichità del culto. Tutto questo ci porta
naturalmente a pensare che assai grande dovette essere la fama di santità
sollevata in Calendasco e nei dintorni dal nostro Corrado e per conseguenza
anche molto lunga la sua permanenza in quel devoto romitorio francescano”.
Un uomo di questa terra che dalla
nobiltà si ritrova improvvisamente nella polvere e nel fango ma che si riscatta
ampiamente mostrando il carattere unico e deciso dei piacentini che ancora oggi
possono farne orgogliosa memoria.
Umberto
Battini
Agiografo e
studioso di S. Corrado
Vedi anche www.araldosancorrado.org