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29 novembre 2013

ARTICOLO sul CASTELLO

Articolo tratto da LIBERTA' quotidiano di PIACENZA
di  venerdì 29 novembre 2013

LA PIAZZA DEL CASTRO
DI CALENDASCO

di Umberto Battini



Il rifacimento dell’antica piazza posta davanti al castello del borgo porta con sé anche un’impronta storica. Oltre all’atteso recupero di parte delle mura del fossato e il dovuto abbattimento del silos in cemento, residuo di un’agricoltura degli anni sessanta, renderà più confortevole quell’area una decorosa pavimentazione e una buona illuminazione che lì è sempre mancata e darà forza anche allo stesso impianto castrense. Sappiamo bene che il recetto sorse nel XI secolo quando anche Calendasco rientrava nella giurisdizione del vescovo-conte di Piacenza, mentre il castello vide la luce oltre un secolo dopo, ed in effetti i due monumenti sorgono attaccati ma ben distinti dagli ingressi un tempo a ponte levatoio. Già dall’anno mille essendo questi luoghi di proprietà della chiesa piacentina, si provvide alla costruzione del ricetto che serviva come luogo di riparo degli abitanti e come deposito di raccolta della produzione agricola di cereali, frutti e vino.

L’essere poi sulla “strata romea” come già leggiamo in carte del 1056 e l’avere più luoghi di passo sul fiume Po, portò alla costruzione del castello vero e proprio in laterizio, in questo modo anche un manipolo di uomini in armi poteva risiedervi e svolgere attività oltre che di polizia anche di riscossione dei tributi, i famosi banni.

E’ da rammentare che su questa piazza nel 1482 si appostarono le truppe inviate da Lodovico il Moro che misero sotto assedio il castro tenuto dal capitano Antonio Confalonieri e nel quale era rifugiato il Sanseverino.            

Nello studio che ho potuto fare delle missive relative all’assedio, inviate da Calendasco a Milano, nella loro sinteticità è interessante notare come un pugno di uomini assedianti ed altrettanti assediati, in pochi giorni arrivarono a un accordo.

Quello che balza agli occhi sono due dati, che ai nostri giorni possono farci sorridere poiché siamo abituati a sentir parlare  di questi assedi ai castelli in modo esagerato e mitico anche se di grandiosi ce ne furono eccome.

Appunto qui in Calendasco fu inviato un esiguo numero di uomini in armi e punto secondo, per spaventare gli assediati furono usate “bombarde e ballotte” ma certamente non furono queste a intimorirli ma è certo che una mano la diede la stagione fredda. L’esito: il 18 gennaio 1482 il capitano Antonio Confalonieri ed il Sanseverino trattarono la resa e per dirla in modo semplice, accettate le condizioni del Moro Signore di Milano, il nostro capitano continuò con i suoi fratelli ad abitare nel maniero e ad esercitarne con essi il diritto di feudatario del borgo di Calendasco e suo distretto.

Per accedere alla piazza si passava sopra ad un ponte che era ove oggi vediamo che la strada assume una notevole pendenza, a Calendasco viene indicato come “vallone del castello”, praticamente tra l’angolo del moderno oratorio e l’immissione alla piazza e dal fossato del castello in quel punto usciva la bocca del canale che dava acqua al mulino come ancora è visibile.

L’acqua proveniva da un taglio del Trebbia a riempire il fossato e finiva poi nel rivo Raganella che andava dritto nel fiume Po; ad esempio nel 1584 i Confalonieri concedono al presbitero del paese di poter prendere acqua “in quindicina” a patto che partecipasse con una piccola somma “a tutte le spese legitime, che se faranno ogni anno in detto rivo de Calendasco et a condurre detta acqua da Rivalta a Calendasco alla Rotta”.

Ma già nel 1461 il sacerdote Guglielmo dei Ferrari faceva accordi con i Confalonieri per il libero transito sul ponte che immetteva “alla piazza del rezetto” ed ancor prima nel 1448 si cita “la strata introitus diciti riceti sive roche sive castri”.  Nel 1557 viene fittato il “molino del signor Livio Confalonero appresso al castello de Calendascho” e tra i confini ricorre la piazza del ricetto che era abitato da alcune persone, una in particolare affermava di vivere “sub lege romana”.

Nelle carte d’archivio la piazza è sempre indicata citando il recetto detto anche rocchetta e questo perché l’ingresso del castello resta addossato alla chiesa e solo il corpo longitudinale la costeggia con il fossato. Praticamente la piazza storicamente era d’uso del recetto anche per il motivo che conduceva alle scuderie e alle stalle che anche se in stato d’abbandono rimangono lì imponenti ed antiche.

Ricordare alcuni degli eventi storici che caratterizzano il luogo è apprezzabile: in quel castello vissero per almeno due secoli i Confalonieri, ed anzi proprio tra le mura del fortilizio ebbe i natali San Corrado, come ci testimoniano i documenti a firma dello stesso vescovo di Piacenza nel 1617 nel famoso Legato Sanctii Conradi.

Ma sempre nel fortilizio si verificò nel 1572 anche un atto criminale e cioè l’assassinio di Ludovico Confalonieri, perpetrato per mano della moglie e del suo amante il conte Antonello dei Rossi piacentino.

Questa piazza quindi la vediamo storicamente inserita nel contesto di vita del borgo e ricordarne anche in sintesi la vitalità può aiutarci ad apprezzarne il suo ottimo recupero architettonico.



Umberto Battini